Il tema cannabis torna ad occupare la scena nel dibattito parlamentare della Camera, dove in Commissione Giustizia sono pronti gli emendamenti al testo base sulla cannabis. Il provvedimento, composto di 5 articoli, mira a modificare il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati.
La nuova norma in realtà ripropone l’antica spaccatura tra quanti sostengono che solo liberalizzando uso e consumo della droga si potrà sconfiggere la criminalità e svuotare le carceri e quanti invece ritengono che uso e abuso delle droghe, leggere e pesanti, limitino la libertà del soggetto, consegnandolo ad una dipendenza pericolosa per sé e per gli altri. Per i primi non sembrano esistere controindicazioni al consumo delle droghe, per i secondi è fondamentale un processo educativo che ne illustri i rischi e aiuti ad evitare quelle possibili dipendenze, che riducono l’esercizio della libertà personale.
Il testo, frutto della mediazione tra diverse posizioni interne alla maggioranza, rappresenta una sintesi di tre proposte di legge presentate in questa legislatura: una a firma del radicale Magi, l’altra targata M5s e una terza a prima firma Molinari (Lega).
Per capire l’impatto che questo dibattito ha sull’opinione pubblica, occorre tener conto anche del referendum promosso dai radicali con una raccolta firme, reali e digitali. È la nuova strategia marcata Pd, M5s e Radicali. Succede infatti a questa legge qualcosa di analogo a quanto sta accadendo alla legge sull’eutanasia: mentre il parlamento discute della legge e analizza gli emendamenti, un piccolo esercito di convinti sostenitori della liberalizzazione dell’uso della cannabis, o della stessa eutanasia, va raccogliendo firme nelle piazze italiane. L’obiettivo è creare un clima di grande interesse per la liberalizzazione delle droghe e mostrare come sia il Paese a volere intensamente questa legge, così che negarlo sarebbe come minimo antidemocratico.
Si crea così un vero e proprio movimento a tenaglia che agisce dentro e fuori dalle istituzioni; dentro e intorno ai social di ogni tipo, genere e specie; si punta a una narrazione che fa leva sui diritti individuali e sulla libertà individuale; sulla carenza di rischi nell’uso e nell’abuso di cannabis. Il combinato disposto di legge e referendum ha corso il rischio di saltare grazie a un emendamento soppressivo presentato da Lega e FdI in Commissione Affari costituzionali alla Camera e poi respinto nella serata di ieri. L’emendamento avrebbe, di fatto, fermato la norma del Cdm che consente a chi abbia presentato referendum dopo lo scorso giugno di depositare le firme raccolte fino al 31 ottobre. In questo modo le 630mila firme raccolte per il referendum sarebbero a rischio.
Il punto vero è che il Governo ha sbagliato a dare il via libera al referendum sulle droghe con la proroga di un mese del tempo necessario per raccogliere le firme. Se l’emendamento fosse passato, le firme per il referendum sulla cannabis non sarebbero più state valide. Sarebbe venuta meno una delle molle propulsive utilizzate per sostenere la legalizzazione delle droghe, attraverso la mobilizzazione dell’opinione pubblica sollecitata durante il dibattito parlamentare. Sono moltissime le famiglie che hanno ben capito questa nuova strategia parlamentare che si muove contestualmente alla mobilizzazione delle piazze e vogliono fermare l’ennesima provocazione dell’asse Pd-M5s-Radicali.
Resta il fatto che l’iter della legge, che consente la coltivazione di cannabis per uso personale, continua a fare la sua strada, anche se le perplessità crescono di pari passo, a cominciare dalla non punibilità della coltivazione domestica. Difficile capire come si potrà esercitare una funzione di monitoraggio e di controllo sulla quantità delle piante di cannabis coltivabili: solo 4 piantine! e sulla qualità: solo femmine. Difficile garantire che siano solo per uso personale; in ogni caso nella legge in discussione il carcere sarà sostituito da attività di impegno civile, salvo per gli spacciatori che adescano minorenni. Secondo Riccardo Magi, da sempre in prima fila nella legalizzazione della cannabis, in questo modo si potrebbero combattere la criminalità e ridurre il sovraffollamento delle carceri.
L’emendamento Lega-FdI era il tentativo di bloccare questo processo di legalizzazione della droga, spacciato come espressione della volontà popolare. In realtà le famiglie italiane sono ben consapevoli dell’effetto devastante che le droghe hanno sui figli e farebbero di tutto per tutelarli. Non è vero che il Paese voglia la legalizzazione delle droghe. E bloccare la legge appare giusto e necessario, prima che l’Italia sia inondata da cannabis coltivata in casa.
Al Senato ci stiamo comunque attrezzando per fermare legge e referendum. Qualcuno, davanti all’emendamento incriminato, ha parlato di attacco diretto ai diritti costituzionali degli oltre 600mila cittadini che hanno firmato per il referendum; e l’ha definita un’operazione da analfabeti della democrazia. Ma era solo una grande operazione di buon senso, fatta da parlamentari che sono padri e madri di famiglia, che vogliono solo il meglio per i propri figli, senza demagogia e senza ideologie.
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