Autogol clamoroso da parte dei promotori del referendum cosiddetto sulla “legalizzazione della cannabis” bocciato dalla Corte costituzionale. Il motivo? Non era un referendum sulla legalizzazione di quella che viene definita “droga leggera” ma “sulle sostanze stupefacenti”. Ha infatti spiegato Giuliano Amato, presidente della Corte, che “si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali”. Di fatto il quesito era articolato in tre sotto quesiti: il primo, relativo all’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga, prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, ma la cannabis è alla tabella 2, le altre includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti. Questo però fa pensare che a breve i promotori si mobiliteranno per un referendum relativo solo alla depenalizzazione penale della coltivazione della cannabis: “Naturalmente” ci ha detto Silvio Cattarina, fondatore e responsabile della Comunità educativa per tossicodipendenti “L’Imprevisto”, “è solo questione di tempo. Ormai la mentalità diffusa in grande maggioranza tra la gente è che la cannabis non sia pericolosa, l’uso che ne viene fatto già oggi è di massa”.
Referendum bocciato, per evidenti richieste inammissibili. Adesso si faranno furbi e promuoveranno un solo referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis?
La notizia che il referendum sia stato bocciato è positiva, ma non servirà a granché. Ormai è una questione così tollerata e così diffusa che non c’è neppure bisogno di liberalizzarla, tanto è già libera da sola.
Ma come è possibile che si promuova un referendum che include anche la cocaina e le droghe pesanti?
La questione dell’uso delle sostanze stupefacenti è così rovinata che hanno pensato di mettere dentro tutto. La mentalità comune dice ormai che l’uso delle droghe è giusto; e hanno tentato di fare i furbetti pensando che gli andasse bene.
La mentalità che va per la maggiore è che la cannabis sia una “droga leggera”, quando invece soprattutto sui più giovani crea effetti pericolosissimi, basti pensare ai tantissimi incidenti stradali causati da persone che avevano “fumato”.
La cannabis non è mai stata leggera ma sicuramente oggi lo è ancora di meno. Le canne che si vendono, la nuova produzione di marijuana, è stata potenziata, non è più quello di una volta. Sulle persone più fragili si hanno effetti devastanti. Lo vediamo sui nostri ragazzi, molti dei quali hanno subito gravi danni, hanno avuto conseguenze neurologiche di un certo rilievo, e tirarli fuori non è affatto semplice.
Seri studi scientifici poi ridicono che la marijuana porta in superficie situazioni patologiche ancora non emerse, come depressione e schizofrenia.
Si chiama “slatentizzazione” in termini medici, tirare fuori quello che è latente. Ragazzi che hanno disagi mentali, con l’uso delle canne vedono emergere gravi patologie mentali, succede in tanti giovani che sembrano o sono normali, ma si portano dentro qualche trauma.
La comunità scientifica e sanitaria è divisa: c’è chi dice che le droghe leggere non facciano male e chi il contrario. Come mai non c’è una posizione univoca?
Non sono riusciti a dare un giudizio univoco sul Covid. In questa materia ancora meno, perché si ha timore di parlare, di andare contro la mentalità comune, quella di moda, e sentirsi ghettizzati e ridicolizzati anche professionalmente. Ormai l’uso della cannabis è di massa, i miei ragazzi dicono “lo fanno anche i professori, anche i miei genitori fumavano spinelli”. Questo è il quadro, è una dura lotta.
(Paolo Vites)
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