I cantieri del Recovery plan potrebbero essere a rischio a causa del forte aumento dei prezzi dell’ultimo anno delle materie prime, una delle più grandi insidie dell’economia mondiale, al pari della pandemia di covid. La bomba è deflagrata in particolare dall’autunno dello scorso anno, da quando cioè le materie prime sono divenute introvabili e carissime, fra acciaio, legname e soprattutto i chip, che ormai vengono montati su qualsiasi oggetto. E il problema appare tutt’altro che vicino alla risoluzione, tanto che, come detto sopra, i progetti del Recovery plan potrebbero essere a serio rischio. Per fare solo alcuni esempi, fra novembre 2020 e luglio 2021, il prezzo dei tondini di acciaio è aumentato del 243%, mentre quello del pvc del 73% e del rame del 38. Di pari passo aumentano i costi dei trasporti, e a cascata quindi i costi dei prodotti lievitano fino ad incidere sulle tasche dei consumatori.



Una situazione industriale che sta creando non pochi problemi in particolare alle grandi aziende, come ad esempio la Stellantis, che ha dovuto sospendere alcuni turni dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli, proprio per via della carenza di semiconduttori: in poche parole, senza materia prima non si può lavorare. Situazione simile per l’impianto FCA di Melfi, che doveva riaprire i battenti il 6 settembre ma che invece ricomincerà a produrre solo dal 13 causa assenza di chip. Ma gli esempi potrebbero continuare con Audi, Bmw e via discorrendo. “Iniziano ad emergere anche in Italia – ha commentato il Centro Studi di Confindustria, come si legge sull’Huffington Post – gli effetti della scarsità di materie prime e di componenti, fattori che hanno determinato un blocco delle catene globali di fornitura, provocando strozzature nell’offerta in particolare in alcuni settori, come automotive, elettronica, macchinari”.



CANTIERI RECOVERY PLAN A RISCHIO PER LA CRISI DELLE MATERIE PRIME: “E C’E’ ANCHE CARENZA DI MANODOPERA”

Preoccupato anche Edoardo Bianchi, vicepresidente di Ance, associazione costruttore edili: “Quello che registriamo è una doppia carenza, di manodopera e di materie prime. E questo è abbastanza singolare dal momento che i progetti finanziati dal Recovery Fund non sono ancora partiti, e il grosso dei cantieri relativi al Superbonus al 110% entrerà nel vivo nelle prossime settimane. Quando si passerà alla fase operativa, cosa succederà? La manodopera manca – ha aggiunto – perché per anni, sotto vari governi, il nostro settore è stato messo all’angolo, senza dare quel necessario sostegno alla continuità che avrebbe reso l’edilizia più attrattiva per i giovani. È chiaro che un giovane non è interessato a lavorare solo per pochi mesi per poi essere mandato a casa”.



E oltre a minare il Recovery Plan, anche il Superbonus 110% potrebbe risentirne: “Di questo passo l’aumento dei prezzi può avere un impatto anche sull’attuazione di molti progetti finanziati dal Superbonus – ha continuato Bianchi – chi diversi mesi fa ha presentato offerte per i primi progetti, ha fatto i conti basandosi su costi di fornitura molto più bassi rispetto a quelli che stiamo vedendo in queste settimane. Se i prezzi continuano a salire, il rischio di un blocco dei cantieri è reale. Il governo è consapevole di queste criticità, per questo ha adottato una norma per la revisione dei prezzi, ma vale solo per i contratti pubblici, non per i lavori nel privato finanziati col Superbonus”. Gianclaudio Torlizzi, esperto dei mercati di materie prime e direttore generale della società di consulenza finanziaria T-Commodity, ricorda infine la guerra dei dazi fra Cina e Usa, che ha portato ad un ulteriore aumento dei costi delle materie prime del 25%: “Oggi, mentre parliamo – spiega sempre all’Huffington Post – ci sono migliaia di tonnellate di acciaio inox provenienti da Taiwan ferme nei porti di Marghera e La Spezia di cui le aziende italiane che le hanno ordinate avrebbero urgente bisogno, a non sono state ancora sdoganate per non dover pagare la tariffa per il superamento delle quote Ue. Una situazione paradossale, a dir poco”.