Il Comune di Cantù non solo deve regolarizzare la moschea abusiva, ma ha pure una scadenza da rispettare: ha 30 giorni di tempo per fornire i permessi. Lo ha deciso il Tar della Lombardia, che mette fine così a un contenzioso durato dieci anni, ma apre un caso politico, perché la Lega è insorta dopo la sentenza. La vicenda riguarda il via libera all’Associazione Assalam per la costruzione di una moschea nel comune in provincia di Como, dove il 10% degli abitanti sono immigrati (la metà dei quali di culto islamico), negata però dal Comune.
La quarta sezione del Tar della Lombardia ha precisato nella sua sentenza, di cui dà notizia La Verità, che se il Comune si rivelerà inadempiente, il prefetto di Milano, in qualità di commissario ad acta, o un suo delegato, avrà il compito di fornire il titolo edilizio nei successivi 30 giorni. L’avvocato Vincenzo Latorraca, che è il legale dell’associazione, precisa che con questa decisione è stato accolto il ricorso e che non era stato ottemperato quanto disposto precedentemente.
CANTÙ, CASO MOSCHEA: CONTENZIOSO DAL 2016
Dovendo provvedere all’istanza per la terza volta, il Comune di Cantù per il Tar della Lombardia non può che rilasciare la concessione edilizia per la costruzione della moschea. Tutto è partito nel 2016 e da allora, secondo i conti di Latorraca, sono stati spesi “inutilmente” oltre 130mila euro. Stando a quanto ricostruito da La Verità, l’associazione aveva acquistato un capannone per 800mila euro attraverso le donazioni dei fedeli. Al Comune fu chiesto il cambio di destinazione d’uso e il permesso per adibirlo a moschea.
Ma le amministrazioni non hanno mai accolto queste richieste e, quindi, è iniziato il contenzioso, durante il quale l’immobile è stato confiscato dall’amministrazione dopo la sentenza del Consiglio di Stato sull’uso abusivo a luogo di culto del capannone. Ora il sindaco Alice Galbiati incontrerà il suo ufficio legale per valutare le sue mosse, invece Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno della Lega e originario proprio di Cantù, ricorda che il Consiglio di Stato stabilì che “era una moschea illegale e abusiva“, quindi esprime la sua preoccupazione per questa nuova decisione e per le sue ricadute, quindi ne parlerà col prefetto e il questore.
MOLTENI APRE A REFERENDUM POPOLARE
Molteni nutre preoccupazioni per la sicurezza di Cantù, segnalando la necessità che le comunità islamiche sottoscrivano accordi con lo Stato italiano in base all’articolo 8 della Costituzione, in base al quale “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” e le confessioni religiose diverse da quella cattolica “hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano“. Altrimenti non ci sono le prerogative per costruire luoghi di culto.
In altre parole, se non manifestano chiaramente l’intenzione di rispettare l’ordinamento giuridico italiano, per Molteni ci sono rischi a livello di sicurezza per questa decisione che è “contraria ai valori della nostra Carta fondamentale“. Il sottosegretario leghista, come riportato da La Verità, non esclude un referendum popolare locale per chiedere agli abitanti se vogliono che venga costruita una moschea.