La speranza non è la stessa cosa dell’ottimismo. Non si tratta della convinzione che una certa cosa andrà a finire bene, ma della certezza che quella cosa ha un senso, indipendentemente da come andrà a finire. (Vaclav Havel – letta sul profilo Facebook di Davide Tartaglia – Ascoli Piceno)
Nei primi anni ’90, in vacanza alle Isole Tremiti, Lucio Dalla vede passare sopra la sua testa degli aerei militari, in missione verso i Balcani. Erano gli anni della guerra in Bosnia. Di getto scrive una canzone, nella quale immagina che un soldato possa dire ‘no’ all’ordine di combattere. E da qui parte un flusso di pensieri che diventa la canzone. Ascoltatela QUI, nel concerto del 2005 al teatro greco di Tindari : il cantautore la presenta (come ha fatto molte volte, specialmente in quegli anni) come una delle sue preferite, (la canzone è Henna, dall’album omonimo, 1993), poi farla recitare dall’attore Marco Alemanno, ed infine eseguirla in una strepitosa versione, accompagnata da pianoforte ed archi.
Il testo è ricco di immagini molto belle, ma due parole si stagliano su tutte le altre. Sintetizzando: è il dolore che ci cambierà, ma è l’amore che ci salverà.
In questi strani giorni che stiamo vivendo, riconsiderare questa canzone grazie alla segnalazione della cara amica Benedetta, ha aperto due brevi riflessioni.
Riflessione uno: molti hanno messo in luce la difficoltà di combattere contro un nemico invisibile. In una guerra il nemico lo vedi, ce l’hai davanti, qui no. Da qui forse anche la leggerezza in cui si rischia di cadere, o il sospetto che il nemico possa arrivare da qualunque parte.
Una cosa che non si vede ha messo in crisi tutto il nostro sistema di certezze visibili. Forse è il caso di ricominciare a pensare ad altre cose che non si vedono, e che sono altrettanto fondamentali di quelle che si vedono: tutto sommato, nemmeno il dolore si vede, l’amore non si mangia e l’affetto non si compra. Dio non si può mettere in banca, ma si può irragionevolmente mettere in dubbio la possibilità che esista.
Oppure gli si dà la responsabilità del male non avendo considerato la sua esistenza fino a cinque minuti prima.
Fine della prima riflessione. Pausa di qualche minuto per sentire la canzone di cui sopra nella versione originale .
Seconda riflessione. Il mio grande amico Fulvio usa dire che la storia va da sinistra a destra. I latini dicevano: contra factum non valet argumentum. Tradotto in maniera un po’ sintetica e personale, la realtà si impone ai ragionamenti.
Mi sto chiedendo in questi giorni se da questa cosa usciremo migliori o peggiori. Pronti ad aiutarci anche quando le cose andranno di nuovo bene, o ancora più sospettosi? Più generosi o più cinici di prima? Più umili o issando alto lo scudo del “ce l’abbiamo fatta”, sorta di superuomini incoscienti del fatto che comunque la vita non è nostra, e prima o poi finisce?
Ecco perché all’inizio ho riportato quella frase di Vaclav Havel, ultimo presidente cecoslovacco prima della scissione, uno che con prigionia e libertà ha avuto qualcosina a che fare.
“La certezza che quella cosa ha un senso” passa attraverso il fatto che la storia ha un senso, e quel senso ha a che fare con le cose invisibili, il dolore che cambia, l’amore che salva. Sempre Lucio Dalla, in uno scritto teatrale su Benvenuto Cellini, riportato nel libro Gli occhi di Lucio, scriveva nel 2008: “Voglio un Cristo anch’io per la mia morte / Per farlo morire con me sulla mia croce / Perché respiri un po’ del mio destino e porga il mento scolorito e schivo / Sui lontani tetti della mia città”.
Quelle cose risultano invisibili finché non diventano un volto, un tu. Il dolore e la morte sembrano lontane finché non colpiscono una persona conosciuta (grazie Federico Pichetto), l’amore è un concetto astratto finché non diventa persona. Se poi è una persona visibile che incarna l’Invisibile e muore per te, tutto si unisce come i puntini della Settimana Enigmistica. Ecco, il senso. Ma guarda un po’, è anche Quaresima.
Se volete ascoltare la canzone un’ultima volta, ci ho provato anche io. E ogni volta che la ricanterò, da oggi in poi, terrà dentro tutto questo. Che potere hanno le canzoni: “Abbiamo imparato più da un disco di tre minuti che da tutto quello che abbiamo studiato a scuola” (Bruce Springsteen, No Surrender, 1980)
Henna (da Parole e Musica – P&M – Pastori & Muto, 2014)