Caro direttore,
ho letto, come sempre con interesse, l’intervento di Paola Binetti del 13 marzo e vorrei, per il tramite del tuo giornale, proporre alla senatrice le mie riflessioni. L’articolo tocca infatti un punto fondamentale, per la campagna vaccinale e per la ripartenza stessa del Paese, ma in un modo che, io credo, debba essere chiarito e in parte ricentrato.
Partendo dal dibattito sulla sicurezza del prodotto di AstraZeneca, la senatrice, nella parte conclusiva del suo pezzo, scrive:
“[…] la chiave di tutto è la relazione di fiducia che deve legare cittadini e governo e che passa inequivocabilmente per la qualità stessa del vaccino, che garantisce la sua sicurezza e la sua efficacia. […] La campagna vaccinale si regge anche su questo elemento immateriale della fiducia come fattore decisionale reciproco, anche da parte dei cittadini, che dovrebbero scoprire ancora una volta quanto la loro vita sta a cuore a chi governa e prende decisioni anche per loro, oltre che con loro”.
Sono totalmente d’accordo: la fiducia è fondativa, non solo della campagna vaccinale, ma di tutte le espressioni della vita personale e sociale; senza fiducia non si vive e non si cresce; senza “lavorare con” non si riparte e non si ricostruisce e tutti siamo consapevoli di quanto saremo chiamati a ricostruire, da adesso in poi. E tuttavia, che cosa significa che i cittadini “dovrebbero scoprire ancora una volta quanto la loro vita sta a cuore a chi governa e prende decisioni anche per loro, oltre che con loro”? Perché “dovrebbero”?
La fiducia si accorda dentro un percorso di convivenza, conoscenza e stima, non è una virtù che si possa generare per volontà o dovere. E qui viene il punto, che va oltre il tema vaccinale: come la politica, di cui la senatrice Binetti è espressione, intende fondare, o rifondare, un clima di fiducia nei propri confronti? Che cosa hanno fatto nel recente passato governi e politica, a qualunque livello, per generare fiducia? Sono i cittadini che devono riscoprire la fiducia nei governi o i governi che devono riconquistarla?
Metto in ordine sparso fatti, immagini e sensazioni di questo ultimo periodo. Scoppia la pandemia e la politica dice che non ci si ferma; poi si chiude tutto e siamo così bravi che qualcuno ci scrive anche un libro, che però viene ritirato appena i banchi a rotelle e i “metri di distanza” tra Spritz, Mojito e Caipiroske mostrano tutta la loro astrazione. Nel frattempo, i sindaci polemizzano con i governatori, il centro con le regioni e qualche assessore, mentre facendo running esce dal comune e viola le regole imposte ai cittadini, ci spiega che l’Rt misura l’inverso del numero di persone infette, necessarie per contagiare un sano. Le mascherine prima “ovviamente” non servono, poi sono indispensabili (e lo sono davvero!), ma adesso si scopre che molte di quelle in commercio non rispettano gli standard dichiarati e riportano certificazioni false o inattendibili. Tradotto: tu vai in farmacia convinto di poterti fidare di quello che compri per te e i tuoi figli e scopri (dopo) che non puoi fidarti di nessuno, neanche su una cosa così. Dove sono i controlli? I sistemi informativi di molte regioni sono totalmente inefficienti, al punto che i dati pandemici sono sbagliati e, recentemente, a Milano è stato convocato, per essere vaccinato, un numero di anziani superiore alle dosi disponibili di vaccino. A livello centrale, prima due governi costituiti da forze politiche che fino al giorno prima giuravano di essere incompatibili, e che i rispettivi elettori hanno votato anche in contrapposizione ai futuri alleati; adesso quasi tutti a dichiarare di essere votati alla salvezza nazionale, ma i capi di partito sono già in campagna elettorale e qualcuno se ne va, sbugiardando i propri dirigenti “poltronari”. Mancano i vaccini e allora ecco intermediari e affaristi, dai quali non comprerei neanche una gomma da masticare… Mi fermo qui, ma tutti credo potremmo aggiungere infiniti esempi di incapacità di fare le cose bene, di personalismi, di comunicazione distorta e opportunista, di “potenti” privi delle categorie interpretative adeguate…
Scrivo questo non per accodarmi a un’antipolitica d’accatto che fa peggio della politica. Scrivo questo, da adulto e padre di tre figli, che farebbe carte false per potersi fidare della politica e del sistema di governance del proprio Paese. Invece, mi fido di più del governo danese ed è per questo che, forse a torto, ho deciso di spostare più in là la vaccinazione a cui avevo diritto (sic!) come docente universitario, perché ho pensato che i danesi sono seri e che se hanno sospeso le vaccinazioni con AstraZeneca, allora è ragionevole almeno attendere i controlli di Aifa (di cui mi fido).
Ma c’è un altro elemento che rende la richiesta di fiducia, da parte della politica italiana, ancora più paradossale: essa è avanzata a una società che, in larga parte, è viva, ricca di persone che hanno cultura, competenze, ideali, voglia di costruire, che sanno pensare e fare e che da anni si vedono messe al margine, come cacciatori di farfalle che non possono occuparsi della res publica (per essere fin troppo concreto: ma secondo voi professionisti che tutti i giorni sviluppano i sistemi tecnologici che reggono la vita quotidiana di tutti noi, come si sentono quando i portali pubblici vanno in crash, appena messi online? e, secondo voi, una parte di questi professionisti non si sarebbe messa a disposizione, per rendere più efficienti i sistemi?). Queste persone giudicano, valutano e, per fidarsi, hanno bisogno di ragioni adeguate, non di proclami e dichiarazioni di principio.
Allora la politica deve chiarire un punto: lo stima e lo vuole un popolo così, capace di giudicare quello che la politica fa e capace di costruire con la politica? Se sì, la politica crei le condizioni perché esso si sviluppi. E si lasci giudicare, così avrà la sua fiducia.
Oggi abbiamo un governo nuovo e un nuovo presidente del Consiglio. Il suo compito è quello di portarci fuori dalla pandemia e di fondare le condizioni strutturali per la ricostruzione. Prima, fra queste, ricostituire la fiducia del popolo verso il governo e del governo verso il popolo.
Viceversa, con o senza Covid, non rimarrà che celebrare un “Requiem per un paese defunto”.
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