Nella sua Lettera all’Europa, Luca De Meo – ad di Renault e presidente dell’Associazione costruttori europei (Acea) – ha invitato gli stakeholder dell’auto a ragionare su un progetto comune, tipo “Airbus”, in ragione dei costi elevati della tecnologia elettrica rispetto ai rivali cinesi. “Abbiamo già visto con Airbus ciò che l’Europa è in grado di fare. Intensificando le iniziative di cooperazione, metteremo la nostra industria sulla strada del rinnovamento” afferma De Meo. Già qualche settimana fa, Bloomberg aveva dato questa anticipazione, aveva ovvero fornito indiscrezioni circa un ragionamento comune che in particolare Renault, Stellantis e Volkswagen stavano condividendo per i medesimi fini.
La situazione a oggi denunciata dai grandi costruttori europei lascia molto perplessi. In questi giorni, peraltro, l’amministratore delegato del gruppo Stellantis Carlos Tavares – in un’intervista esclusiva al Sole24Ore – ha fatto il punto della situazione in particolare sull’auto elettrica, dicendo che “dobbiamo gestire una transizione che non abbiamo deciso noi, e la stiamo mettendo in atto”.
In realtà, la complicità dei grandi costruttori è stata decisiva nelle scelte della Commissione europea, in particolare nell’approvazione del Fit for 55 (stop alla produzione di veicoli non elettrici dal 2035). Proprio Tavares e Blume (ad Volkswagen) hanno più volte detto che le case automobilistiche da loro guidate sarebbero arrivate ben prima del 2035 a produrre soltanto auto elettriche. Oggi è sotto gli occhi di tutti il primato del Dragone in questa tecnologia: quando negli anni ’90 la Cina cominciava a diventare una piattaforma industriale, i cinesi hanno pensato che – sul piano tecnologico – fosse meglio non emulare la grande industria dell’auto europea e americana, ma pensare a delle alternative. È così che è nata l’ipotesi del motore elettrico che è stata portata avanti in virtù del fatto che proprio in quel periodo, grazie a Deng Xiaoping, i cinesi iniziavano a controllare le estrazioni di Terre rare. Non è un caso che oggi siano leader nei loro commerci e nella filiera delle batterie.
Ai nostri giorni, per effetto della contrazione del settore auto che ha colpito il mercato Ue negli ultimi 15 anni, i grandi costruttori europei hanno pensato che l’auto elettrica potesse essere un volano per il rinnovo del parco circolante e per rifondare industria e mercato europeo, anche in scia alle nuove esigenze dettate dalla crisi climatica.
Tuttavia, mentre da Oriente arrivano le supernavi cariche di auto elettriche prodotte in Cina, Volkswagen, Stellantis e Renault, ma anche Mercedes, Audi, Bmw, ecc. stanno tutte ripensando i loro piani scaricando le responsabilità sulla Commissione europea: la verità è che i loro errori sono stati decisivi.
Quindi, più che prendercela con le Istituzioni, dovremmo chiedere ai grandi costruttori che cosa hanno pensato in questi anni. Forse pensavano di colmare in fretta l’evidente ritardo con la Cina?
È possibile, tuttavia, che sia anche maturata la consapevolezza che con la Cina manteniamo una certa integrazione, sia per gli scambi (tornati ai livelli pre-pandemici), sia per la nostra dipendenza da Pechino per Terre rare e materie prime che ci servono proprio per la Transizione energetica. In Europa sanno anche che il declino cinese è avviato: va in qualche modo gestito, anche per evitare contraccolpi sulla nostra economia. Ogni anno, in Cina, vengono immatricolati circa 5 milioni di autoveicoli europei (in particolare Volkswagen, Bmw e Mercedes), fattore importante anche per il nostro made in Italy. Le importazioni europee dalla Cina, per quanto in forte crescita, nel 2023si attestano a circa 400mila. Il saldo è ancora a nostro favore, e non vi è nessuna invasione di auto cinesi. Resta il fatto che quella dell’industria europea dell’auto pare proprio una seria sbandata.
Probabilmente, alla fine, prevarrà il buon senso e la transizione della mobilità sarà resa più soft anche riabilitando tecnologie diverse (ibrido, diesel di nuova generazione, e-fuels, biocarburanti, idrogeno, ecc.). Per quanto riguarda l’idrogeno, Toyota sta facendo progressi importanti nel motore ad acqua: viene cioè ricavato il combustibile direttamente nel veicolo evitando lo storage di idrogeno, che è pericoloso. Per il momento, gli e-fuels hanno avuto il via libera – la Germania, del resto, si era mossa con molto anticipo -, ma anche per i biocarburanti ci saranno possibilità, dato che sono stati riconosciuti in sede di G7 come alimentazione “green” sempre lo scorso anno.
Tutto questo ci dice che la storia del motore endotermico non è finita. Vedremo, dopo le elezioni europee, come le nuove intenzioni dei costruttori saranno recepite.
Twitter: @sabella_oikos
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