Continuano le proteste in Bielorussia. Dopo l’enorme manifestazione di domenica, a Minsk, dove sono scese in piazza 200mila persone in un paese di 10 milioni di abitanti, oggi si sono succedute altre manifestazioni spontanee e scioperi. Tra questi il più eclatante è stato quello della Tv di Stato, con il canale Belarus 1 che ha mandato in onda una sedia vuota, chiaro segnale che i giornalisti stanno dalla parte dei manifestanti. Le proteste sono contro il risultato delle elezioni del 9 agosto, che hanno visto vincere Lukashenko con l’80% dei voti. Ma le piazze hanno gridato ai brogli.



Dalla Lituania, dove si è rifugiata, la leader dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya, che ha corso alle elezioni facendo le veci del marito, un attivista incarcerato, ha dichiarato di essere “pronta ad assumere la leadership del paese”, dopo che nei giorni scorsi aveva detto di essersi ritirata. Secondo Carlo Jean, esperto di strategia, docente e opinionista, è da considerarsi fuori dai giochi: “Se voleva ambire alla leadership, doveva restare a capo dei cortei, non rifugiarsi all’estero”. Ma la Russia sarà pronta o no a sostenere militarmente Lukashenko? “Difficile che intervenga, Putin non può fare come in Ucraina” ci ha detto Jean, “ma se il paese scivola verso gli Usa, sarà costretto a invaderlo”.



La manifestazione di domenica a Minsk ha davvero una portata storica per la Bielorussia?

Non si è mai vista una manifestazione di simile portata, è come quelle che avvennero a Kiev per cacciare il governo sponsorizzato da Mosca.

Visto quello che sta accadendo in queste ore, la leadership di Lukashenko, presidente dal 1994, è davvero a rischio?

Finché le forze armate e quelle di polizia gli sono fedeli può stare tranquillo. Se però cominciano a cedere – parlo di accordi tra manifestanti e poliziotti e ci sono dei segni a riguardo, come le donne che baciano i poliziotti –, si troverebbe in pericolo. A quel punto potrebbe salvarsi solo con l’aiuto di Mosca. Direbbe che le manifestazioni sono fomentate dall’esterno, in particolare dalla Lituania e dalla Polonia.



È reale il rischio di un intervento armato della Russia?

La Bielorussia è cruciale per la difesa russa. Minsk si trova sulla grande strada per Smolensk e Mosca: la via primaria per l’invasione della Russia. Putin sarebbe obbligato a intervenire se, dopo un eventuale crollo di Lukashenko, in Bielorussia sorgesse un governo nuovo, filo-occidentale, che volesse entrare nell’Ue o chiedesse l’aiuto degli Usa.

L’arrivo di 5mila soldati Usa in Polonia firmato da Pompeo rischia di aumentare ancora di più la tensione?

No perché questo era già previsto, l’addio alla Germania di 12.900 soldati Usa veniva compensato dall’arrivo di quelle truppe in Polonia e Romania. Dove gli Usa sono già presenti con truppe e difese antimissile.

La Lituania che ruolo può avere? Al momento sta nascondendo la leader dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya.

La Lituania deve agire sottotraccia, in modo tale da non provocare reazioni russe. Anche se in Lituania la minoranza russa è molto ridotta rispetto agli altri paesi baltici, e conta circa il 6% della popolazione.

Ma la Tikhanovskaya può ancora lottare per la leadership bielorussa?

Chi si ritira è sempre fuori dai giochi. Sarebbe stata leader se fosse rimasta in piazza, a capo di dimostrazioni e scioperi. Dopo essersi rifugiata all’estero difficilmente potrà pretendere un ruolo di leadership.

In Bielorussia sta avvenendo un fenomeno di occidentalizzazione?

Le proteste in Bielorussia le vedo più simili alla rivoluzione arancione o a quelle del Majdan. Senza l’appoggio di esercito e forze dell’ordine, non funzionano.

La Bielorussia è da considerarsi come uno stato etnicamente vicino alla Russia?

No, sono russi bianchi. Teniamo conto che la parte occidentale della Bielorussia prima della seconda guerra mondiale era Polonia. Pur essendo slavi e legati da un punto di vista religioso al patriarcato di Mosca, puntano a una parziale autonomia, simile a quella ricercata dall’Ucraina, con l’obbiettivo di alzare il tenore di vita, al momento molto basso.

Quindi è sbagliato pensare che i sostenitori di Lukashenko siano filorussi?

Lukashenko stesso, prima delle elezioni, ha arrestato 30 cittadini russi facenti parte del gruppo paramilitare Wagner, accusando la Russia di volersi infiltrare nel suo paese a fini politici. Questo ci fa capire che Lukashenko si è reso conto dell’insofferenza del suo popolo verso i russi.

Che controindicazione ci sono, per la Russia, in un intervento armato?

La Russia deve fare molta attenzione: è in una situazione economica disastrosa. Lo Sputnik 5, il vaccino annunciato da Putin, ha risollevato il morale interno alla nazione, ma è stato deriso dal resto del mondo. La Russia, al momento, è estremamente sensibile alle pressioni degli Stati europei. In primo luogo della Germania, ma anche di Olanda, Italia e poi dei paesi baltici, oltre a Finlandia e Svezia, nazioni presenti in Russia con i loro manager che fanno funzionare le aziende del settore turistico.

Che margine d’azione ha Putin?

Non può agire come in Ucraina, ha le mani legate. Anche perché trovandoci vicino alle elezioni americane correrebbe un rischio ulteriore: un attacco russo potrebbe provocare la reazione dura di Trump, a caccia del consenso dei rifugiati polacchi e degli altri paesi dell’Europa orientale, che sono numerosi negli Usa.

Le sanzioni europee, che si accompagnano alla condanna di Josep Borrell, rappresentante dell’Ue per gli affari esteri, sembrano avere poca importanza. Conterà di più la reazione dei singoli Stati?

Quando parliamo di Europa, parliamo di Germania: se salta Nord Stream 2 (progetto che raddoppia l’attuale gasdotto tra Russia e Germania, ndr) il danno economico per la Russia diventa enorme.

Un danno così grave da far desistere Putin da un intervento militare?

Da fermarlo se la Bielorussia chiedesse l’aiuto degli Usa, no. Da farcelo pensare su cinque volte però sì.

(Lucio Valentini)