LONDRA – Competitivo, ambizioso, sopra le regole: Boris Johnson resta il politico più popolare in Gran Bretagna. Se riuscirà a fare la Brexit entro il 31 ottobre, per molti diventerà un eroe.

Oggi Johnson è considerato l’anima del partito conservatore, che aveva bisogno di un personaggio popolare e soprattutto di un brexiteer convinto. Il partito, infatti, ha legato a doppio filo il suo destino alla Brexit.



Johnson è un caso unico, nel paese, di politico che sa far divertire la gente. Ha la capacità di riuscire a stabilire una reale connessione con le persone, perché desidera essere amato. Anche da chi lo critica, anche dai suoi nemici. Se non fosse in politica, probabilmente avrebbe fatto l’attore.

Un tardo pomeriggio l’ho visto sfrecciare in bicicletta su una strada molto trafficata della City, non lontano dalla stazione di Cannon Street. Non era ancora primo ministro, ma lo sarebbe diventato nel giro di qualche mese. Accanto a me un ragazzo ha alzato il braccio in segno di saluto, Johnson si è voltato per alcuni secondi rispondendo al saluto, continuando a pedalare rapido. L’amore per la bicicletta lo ha portato a introdurre a Londra le ormai famose “Boris bikes”, negli anni in cui è stato il sindaco della città. È un affitto condiviso di biciclette per un tempo limitato, gratis la prima mezz’ora. Il nome lo hanno preso da lui, anche se avrebbero dovuto portare quello della banca che ha sponsorizzato il progetto. Ma Johnson è un maestro nel rubare la scena. Lo ha fatto anche con l’ex premier conservatore David Cameron, alla convention dei Tories, facendolo infuriare. E da ministro degli Esteri di Theresa May, suo predecessore al numero 10 di Downing Street. Gli ex premier hanno faticato a tenere a bada un collega così egocentrico e sopra le righe come Boris Johnson.



Per sua ammissione, è stato molto fortunato ad essere sindaco di Londra proprio quando la capitale ha ospitato le Olimpiadi del 2012, che gli hanno procurato un’ondata di popolarità. Nei mesi che hanno preceduto i Giochi Olimpici, c’era a Londra un clima eccezionale di festa e di progettualità, soprattutto nella zona est della capitale, che rinasceva grazie a nuovi investimenti e alla costruzione di numerose infrastrutture. Le Olimpiadi in mondovisione sono state un magnifico palcoscenico per Boris, come lo chiamano gli inglesi, che ne ha incassato il dividendo.

Johnson fa il buffone per piacere alla gente, ma non va sottovalutato: è molto ambizioso e nel corso degli anni si è preparato seriamente per diventare primo ministro. È una volpe astuta sotto le spoglie di un tenero orsacchiotto, dichiara chi lo conosce. Ha una vasta cultura basata sullo studio dei classici. Educato nell’esclusivissima Eton, la scuola privata da cui è uscito un esercito di politici britannici, tra cui Cameron, e poi ad Oxford. Sembra che già allora cominciasse ad affinare le sue doti politiche e il suo opportunismo, come racconta Michael Cockerell in un bellissimo documentario-intervista della Bbc, Boris Johnson: The Irresistible Rise.



A Eton fu eletto membro del club d’élite e capitano della scuola, due onori che Cameron (l’amico-rivale) non ottenne. Poi, negli anni dell’università, dopo una bruciante sconfitta alle elezioni per la presidenza della Oxford Union (prestigiosa entità che organizza dibattiti politici, considerata una palestra per futuri statisti), Johnson si procurò il sostegno di un gruppo di centro-sinistra allargando in questo modo la sua base politica. E divenne presidente. 

Johnson non è un pazzo, ma uno che non vuole sottostare alle regole. Lo si è visto anche recentemente, quando è stato bacchettato dalla Corte Suprema per aver sospeso illegalmente il Parlamento. Ma ci sono episodi poco edificanti anche nel suo passato di giornalista, come la fabbricazione di un virgolettato che, una volta scoperto, gli costò il licenziamento in tronco dal Times, o il suo vizio di esagerare i fatti in almeno un paio di storie – per sua stessa ammissione – quando era corrispondente da Bruxelles per il The Daily Telegraph e scriveva articoli contro l’Unione Europea. Nell’euroscetticismo Johnson aveva individuato un’opportunità per farsi un nome, quando la maggior parte dei suoi colleghi erano pro-Europa. Una smisurata stima di sé stesso lo porta a sfidare le regole, spesso mettendosi nei guai.

Il suo tallone d’Achille sembrano essere le donne. Gli attribuiscono diverse relazioni extra-coniugali. Ancora oggi questa passione gli causa non pochi problemi. Di recente, ha avuto guai per aver favorito con denaro pubblico le imprese di una procace imprenditrice americana, Jennifer Arcuri, quando era sindaco di Londra (e ancora sposato con la seconda moglie, Marina Wheeler, che lo ha lasciato dopo numerose infedeltà).

Durante la campagna pre-referendum, Johnson è stato una delle due figure politiche di peso del fronte del leave, insieme a Michael Gove (all’epoca ministro della Giustizia). La Brexit è la sua causa, il motivo per cui i conservatori lo hanno fatto premier. Fresco di nomina, le sue prime parole sono state la promessa di realizzare la Brexit entro ottobre, “no ifs or buts” (senza se e senza ma).