Per capire cosa è successo oggi, quando lo speaker della Camera dei Comuni John Bercow ha stabilito che non si poteva votare di nuovo il withdrawal agreement, ovvero l’accordo negoziato da Johnson che stabilisce i termini dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, bisogna fare un passo indietro. Sabato, alla Camera dei Comuni britannica, durante la discussione sul withdrawal agreement, è stato approvato il “Letwin emendament”. Questo emendamento stabilisce che prima di procedere a una votazione che dica sì o no all’accordo di Johnson sulla Brexit, bisognerà votare la legge che uniformi l’ordinamento britannico all’accordo raggiunto con l’Ue, per evitare che si faccia la Brexit senza che la legislazione del Regno Unito contenga le norme attuative necessarie a farvi fronte.
Alla fine della discussione di sabato il capo della maggioranza alla Camera dei Comuni, Jacob Rees-Mogg, in ossequio alla volontà del governo, ha detto che avrebbe ripresentato la richiesta di calendarizzare il withdrawal agreement nella prossima occasione utile, che sarebbe stata lunedì pomeriggio. Lo speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, si è preso due giorni di tempo per riflettere su questa richiesta. E poi ha detto di no. Il perché Bercow abbia agito così e il quadro di questa situazione complicata ce lo ha spiegato il professore Claudio Martinelli, docente dell’Università Bicocca di Milano, esperto di diritto costituzionale britannico.
Partiamo da quello che ha fatto oggi John Bercow. È un atto legittimo?
Il problema era la discussione della stessa mozione per due volte all’interno della stessa sessione. Permettendolo, Bercow sarebbe venuto meno alle convenzioni parlamentari, che lo vietano. Non sta succedendo nulla che non sia in linea con la costituzione britannica: è la Brexit che è delicata, ma l’ordinamento giuridico britannico e in questo caso il diritto parlamentare stanno tenendo.
Perché invece i conservatori volevano che venisse votata?
Perché nel frattempo il primo ministro Boris Johnson aveva inviato all’Unione Europea la lettera che gli imponeva il Benn Act (la legge che impedisce una Brexit senza accordo: impone al primo ministro di chiedere una proroga temporale all’Ue se non ottiene nel Parlamento un voto favorevole all’accordo da lui negoziato con l’Ue, ndr). Ma Bercow ha stabilito che non era un fatto che poteva determinare la riproposizione della stessa mozione, visto che non riguardava il Parlamento. E, secondo me, ha fatto bene.
Johnson ha spedito la lettera all’Ue perché il Benn Act glielo imponeva, ma non l’ha firmata, e ha poi inviato un’altra lettera dicendo di essere contrario a un rinvio, stavolta firmandola. Adesso la corte di Edimburgo dovrà decidere se ha fatto un “oltraggio alla corte”. Lei pensa ci sia la possibilità di una soluzione giuridica della questione?
Nelle scorse settimane il governo britannico aveva garantito alla corte che il primo ministro avrebbe agito secondo la legge, e quindi avrebbe inviato la lettera, se fosse stato necessario. Adesso i giudici devono verificare se quel comportamento è stato adempiuto o se il comportamento complessivo di Johnson sia stato un “oltraggio alla corte”. I giudici hanno successivamente dichiarato di voler aspettare gli sviluppi di questi giorni prima di prendere una decisione: penso non vogliano caricarsi sulle spalle questo enorme problema politico. Al momento la strada giudiziaria è in pausa.
Cosa accadrà adesso?
Ora che l’emendamento Letwin è stato approvato, si possono immaginare due possibili percorsi procedurali per la legge attuativa che l’emendamento impone. Nel primo caso, meno probabile, potrebbe bastare la “seconda lettura”, che potrebbe avvenire già domani o dopodomani. In caso di esito positivo del voto sulla legge attuativa, sarà possibile procedere al voto sul withdrawal agreement. Nel secondo caso, invece, se sarà seguita la via più lunga, sarà necessario completare tutte e tre le canoniche letture per ciascuna camera previste per il procedimento legislativo britannico, e poi la promulgazione della regina. Lo vedremo da domani.
In questa seconda evenienza, al governo basterebbero i 10 giorni rimasti per completare l’iter della legge?
Io credo di sì, perché il Parlamento britannico in situazione d’urgenza riesce a calendarizzare molto rapidamente i provvedimenti necessari. Quando è stato approvato il Benn Act sono bastati 3 giorni.
Ma la maggioranza che ha votato l’emendamento Letwin sabato è la stessa che si oppone alla Brexit negoziata da Johnson?
No, infatti lo stesso Oliver Letwin che l’ha presentata ha detto che, dopo che il Parlamento avrà dato l’ok alle leggi attuative della Brexit, lui stesso voterà a favore del withdrawal agreement negoziato da Johnson.
Johnson ha delle chance che venga approvata la Brexit da lui negoziata?
Al momento nessuno può dire se Johnson avrà i voti, di certo gli servono almeno una trentina di laburisti per avere i 326 voti necessari alla maggioranza.
Quali sono le possibilità di una Brexit senza accordo a questo punto?
Penso siano basse. L’Ue ha già fatto capire che darà l’approvazione a una proroga sulla Brexit, ma di voler attendere i risultati del dibattito interno alla Gran Bretagna. Comunque l’Unione Europea potrà dire di aver ricevuto una lettera del primo ministro (quella inviata in ossequio al Benn Act), seppur non firmata, che fa una formale richiesta di rinvio: ed è una lettera legittimata dalla legge britannica. Penso che l’Ue si appellerà a questo per approvare un rinvio della Brexit. L’uscita dell’Uk senza accordo, ovvero quello che potrebbe accadere se l’Unione Europea non garantisse una proroga entro il 31 ottobre, non conviene davvero a nessuno.
Ma l’accordo negoziato da Johnson con Juncker è peggiorativo, come sostiene il leader dei laburisti Jeremy Corbyn?
A mio parere non è peggiorativo: modifica la questione dell’Irlanda del Nord, spostando la questione della frontiera. Non c’è più il backstop della May, ma un nuovo assetto che sposta il confine dalla terra al mare, cosa che darà all’Irlanda del Nord un regime giuridico parzialmente diverso dal resto dell’Uk. Difficile che si possa trovare un’altra soluzione per l’Irlanda del Nord senza creare un confine rigido dentro l’Irlanda, cosa che sarebbe davvero problematica. Se la Camera dei Comuni bocciasse questo accordo, si prenderebbe davvero una responsabilità storica.
Dopo oltre tre anni non siamo ancora arrivati alla conclusione del percorso della Brexit.
In questi tre anni e mezzo si sono fatte molte cose. Prima, c’è voluto un anno per capire come attivare l’articolo 50 dell’Ue (quello che stabilisce la possibilità di uscita di uno Stato membro). Poi sono iniziati i colloqui, prima di Theresa May e poi di Johnson. Ma non è mai stata in discussione la Brexit in sé. E ora alla Brexit concordata manca solo il voto. Eravamo già a questo punto con la May, ma il suo accordo è stato bocciato.
(Lucio Valentini)