LONDRA — La strana alleanza tra il premier Boris Johnson e la leader dei liberal-democratici, Jo Swinson, ha portato le elezioni in regalo ai cittadini britannici, giusto prima di Natale.

Il Parlamento ieri sera ha votato a favore della proposta avanzata dal premier di andare al voto il 12 dicembre. Per Johnson, che ha ottenuto 438 voti a favore e 20 contro, e la data da lui indicata, è stata una piccola vittoria (dopo la sconfitta di lunedì). Respinto invece l’emendamento dei laburisti che chiedevano di anticipare la data al 9 dicembre. Altri emendamenti, sempre dei laburisti, circa l’allargamento del voto a sedicenni e diciassettenni, nonché ai cittadini europei che vivono nel Regno Unito, non sono nemmeno stati messi al voto.



Un’alleanza improbabile, quella tra Tories e Lib-Dem, perché i primi vogliono le elezioni allo scopo di poter concludere la Brexit, mentre i secondi vogliono le elezioni per cancellarla.

Ma nonostante le motivazioni opposte per andare alle urne, un obiettivo condiviso li ha visti improvvisamente “alleati”: dare un colpo al partito laburista. Il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn, che fino al giorno prima puntava i piedi, è stato messo all’angolo. Risultato, ha dichiarato che sosteneva le elezioni (a cui si era opposto il giorno prima) perché si erano create le condizioni per il voto anticipato.



Inizialmente Johnson, che aveva bisogno dei due terzi del Parlamento per far passare le elezioni, aveva cercato di convincere i laburisti a sostenerlo. Ma Corbyn gli aveva risposto picche: solo se lo scenario di un no-deal veniva rimosso, il Labour avrebbe sostenuto le elezioni. Questa era la motivazione ufficiale, ma all’interno del partito laburista molti non vogliono le elezioni perché temono di uscirne con le ossa rotte. Privo del loro appoggio e della necessaria maggioranza, lunedì Johnson aveva subito l’ennesima sconfitta a Westminster.

La sua mossa successiva è stata presentare la richiesta di elezioni a dicembre sotto forma di legge, che non necessita dei due terzi del Parlamento per l’approvazione, ma di una maggioranza semplice. Nel frattempo i Lib-Dem e il partito nazionalista scozzese (Snp) hanno deciso di chiedere le elezioni il 9 dicembre, di fatto sostenendo la politica del premier, tranne che nella scelta della data. Allora Jeremy Corbyn si  è trovato in minoranza e ha fatto un’inversione ad U. Dopo un meeting con i suoi fedelissimi, ha dichiarato di sostenere le elezioni pre-natalizie (mettendosi contro una parte di parlamentari laburisti che pensano che andare al voto non sia una buona idea).



Ora, tutti sembrano convinti di vincere le elezioni: Johnson pensa di conquistare i voti dei leavers e di ottenere nuovi seggi in Parlamento che gli garantirebbero i numeri necessari per procedere con la Brexit. Ma forse non fa i conti con il fatto che sarà giudicato sulle promesse che non è stato in grado di mantenere (Brexit il 31 ottobre, meglio morto in un fosso che chiedere un’estensione, etc). I liberal-democratici sono convinti di attrarre i voti dei remainers, magari strappandoli ai laburisti. E questi ultimi pensano di monetizzare sull’incapacità dei governi conservatori, in questi anni, non solo di realizzare la Brexit, ma anche di occuparsi dei tanti problemi che stanno a cuore alla gente (e che la Brexit ha cannibalizzato).

Ognuno pensa di vincere, ma in realtà queste elezioni sono cariche d’incognite. L’elettorato britannico è volatile, dicono gli esperti, e più che l’appartenenza a un partito potrebbero giocare le posizioni sulla Brexit. La gente vota di pancia e anche questa volta, a più di tre anni dal referendum, il voto potrebbe assumere il significato di un altro referendum, dove si scontreranno ancora una volta i due campi, leave e remain.