È umiliante quello che è accaduto in questi giorni negli ospedali cittadini e che abbiamo visto a ripetizione in piccoli spezzoni di video. Umiliante per ogni cittadino di Napoli e della Campania e per chi li dovrebbe governare. Per questo l’arrivo della notizia che la regione è stata retrocessa da zona gialla a “rossa” ha il sapore della bocciatura, della sconfitta.



De Luca ha vissuto l’intera gestione della seconda ondata della pandemia da parte del governo Conte come un attacco personale, e ha risposto a modo suo, a muso duro. Senza dare ascolto a tutti coloro che lo invitavano da settimane ad abbassare i toni, ne ha chiesto le dimissioni. “A parte tre o quattro ministri è un governo di incompetenti”, ha scandito nella sua settimanale diretta Facebook. L’attacco più duro lo ha riservato al ministro per lo sport Spadafora, forse in omaggio a De Laurentis e al Napoli, su cui la magistratura sportiva ha gettato il sospetto di gravi colpe e avanzato interrogativi pesanti sui reali motivi della rinuncia a partire per Torino per affrontare la Juve.



Rimettiamo indietro gli orologi di pochi mesi. Il virus era lontano, falcidiava senza pietà migliaia di morti nella Pianura Padana e De Luca capì subito che solo un lockdown generale poteva salvare la sua debole sanità regionale. I cittadini accettarono, in un clima generale di solidarietà, di restare a casa. Con disciplina encomiabile. De Luca li ha premiati aggiungendo ai soldi stanziati dal governo altri ristori ben distribuiti. Poi la pausa estiva e il voto di settembre.

In poche settimane tutto è cambiato. Il virus oggi infierisce senza pietà in tutta Italia, l’orgoglio dei napoletani è finito sotto i piedi per quello che ogni giorno si vede in tv, e De Luca è senza un euro in cassa. Ad aprile la Regione Campania riuscì, grazie alla disponibilità dell’Unione Europea e del ministro Provenzano, a recuperare circa un miliardo tra i soldi non spesi nel periodo 2014-2020 e li ha trasformati in una pioggia di sussidi. Per fare un esempio, al salumiere di Vietri sul Mare insieme ai 600 euro assegnati dal governo arrivarono 2.000 euro dalla Regione. Non male. La famiglia del salumiere di Vietri poi non dimenticò tanta magnanima solidarietà quando a settembre si recò alle urne.



Oggi De Luca vorrebbe dal Governo risorse sufficienti per ripetere il miracolo di aprile, ma sarà impossibile che ciò possa accadere.

“De Luca è De Luca, prima e dopo il Covid, non è mai cambiato” dice un consigliere della maggioranza che vuole rimanere anonimo. “Abbiamo davanti due mesi difficili, ma poi ci salveremo anche noi. De Luca a volte dimentica di governare una regione dove la sanità pubblica è stata distrutta da anni e anni di tagli sconsiderati, un sistema che non era in grado di fronteggiare l’ordinario, figuriamoci oggi alle prese con una situazione straordinaria senza precedenti”.

La conseguenza più immediata dell’ennesima sortita di De Luca è l’isolamento di Napoli e della Campania, la marginalizzazione di un grande territorio, la penalizzazione di un intero popolo, che a volte eccede nel palesare drammaticamente le sue difficoltà, e per questo si attira simpatie ma anche tante odiose ironie.

La patata bollente, come spesso accade negli ultimi tempi, è finita così nelle mani di quelli del Pd. Nel silenzio dei vertici nazionali è toccato a Marco Sarracino, il giovane dirigente del Pd napoletano, dichiarare qualcosa che gettasse acqua sul fuoco: “questo governo è stato ed è un elemento di garanzia per il Paese. Errori in situazioni del genere sono sempre possibili e le preoccupazioni delle istituzioni locali vanno raccolte di più”. Non male per chi è seduto su una polveriera, e non solo in senso metaforico, come è considerata oggi la città di Napoli. Polveriera che rischia di esplodere lunedì sera, quando a cadere potrebbe essere la giunta de Magistris, senza più una maggioranza in grado di approvarle il suo ultimo bilancio.