Le immagini e le notizie che arrivano dai principali ospedali napoletani non lasciano spazio a molti dubbi. E ci si chiede cosa faccia da giorni in giro per la regione un’intera commissione di ispettori inviata dal ministero. Di cosa si stiano occupando i signori dei Nas, che da settimane indagano sui numeri forniti dalle Asl. Altri si chiedono, guardando a quello che succede in Campania, come diavolo funzionino i famosi 21 algoritmi attraverso cui gli esperti del Cts pretendono di valutare “oggettivamente” l’andamento dell’epidemia. Insomma, ci si interroga su quale sia la ragione di natura “politica” – l’unica ragione plausibile – che spinge a rinviare, giorno dopo giorno, la decisione di inserire Napoli e il suo hinterland tra le aree cosiddette “rosse”.
Una cosa ora è abbastanza chiara: i dati su cui si ragiona da settimane sono forniti dalle regioni e assemblati per il ministero della Salute dall’Agenas, l’agenzia governata dalle stesse regioni. Anzi, per dirla tutta, da qualche settimana a capo dell’agenzia è arrivato proprio un campano, un salernitano per la precisione, il chirurgo Enrico Coscioni, che ha gestito la sanità in Campania negli ultimi cinque anni, come consigliere di De Luca. Sarà la persona più indicata a rassicurarci che i dati siano corretti? Ad esempio sembra che sul numero dei posti letto disponibili per l’emergenza Covid in Campania ci sia qualcosa che non quadra, in particolare da quando nel conteggio sono entrare anche le strutture private, che aiutano a cambiare, e di molto, le percentuali complessive ma che poi nella realtà incidono assai poco per i cittadini, che preferiscono rivolgersi alle grandi strutture pubbliche (Cotugno, Cardarelli, Ospedale del Mare), da cui si aspettano di essere curati meglio e con maggior professionalità.
Lo stesso sindaco de Magistris, fino a qualche giorno fa fermo su posizioni cosi blande da apparire negazioniste, invoca ora misure drastiche per il fine settimana. Però continua a non voler prendere una decisione semplice e invocata a gran voce da tutti, e cioè chiudere il lungomare, dove migliaia di cittadini continuano a passeggere indisturbati e ben ammassati gli uni sugli altri. La cosa è apparsa subito particolarmente insopportabile perché le immagini degli spensierati vacanzieri sono state affiancate alle code sempre più lunghe di cittadini sofferenti che, a meno di qualche chilometro di distanza, cingevano in un vero e proprio assedio il Cotugno, l’ospedale per le malattie infettive, che nella prima ondata della pandemia aveva fatto fare alla città una gran bella figura.
Il video di ieri sera girato nel pronto soccorso del Cardarelli lascia poi senza fiato. Nelle stesse ore del pomeriggio un paziente sospetto Covid è stato trovato morto in un bagno della struttura. Come sia potuto accadere è inspiegabile. Ancora più grave è la diffusione “virale” delle immagini. Questo clima di tensione crescente si giustifica solo con un diffuso stato confusionale che sembra aver ormai contagiato tutti, dai cittadini agli operatori sanitari, dai medici di base ai sindaci, ai vertici della regione.
In fin dei conti, tutti si domandano come De Luca abbia potuto in meno di 4 settimane sperperare l’intero patrimonio di credibilità che lo aveva condotto ad un successo elettorale senza precedenti. Le immagini dei rivoltosi che assediano il palazzo della regione la sera del primo coprifuoco hanno inferto un colpo molto duro alle sicurezze del governatore.
Così, come spesso accade, si reagisce facendo peggio, si cerca di recuperare continuando a sbagliare. Sarà colpa delle acide battute rivolte alle mamme che chiedevano di non chiudere le scuole, o delle invettive contro i sindaci, a cominciare da quello di Napoli, che non farebbero nulla dalla mattina alla sera, o delle stesse critiche al governo Conte, reo di non voler chiudere tutta l’Italia in un lockdown generalizzato. Le posizioni di De Luca sono apparse subito incongrue, prive di ragionevolezza, mosse dalla sola preoccupazione di non dover assumere provvedimenti impopolari. Prive di quella necessaria flessibilità che la situazione richiederebbe.
Il braccio di ferro tra governo e De Luca è ormai prossimo ad una conclusione clamorosa. La situazione di stallo sta riportando la Campania in un tempo lontano, quando l’unica cosa che contava era isolarla dal resto del paese. Forse proprio per questo motivo la si lascerà ancora per qualche giorno attorcigliarsi nei suoi dilemmi senza trovare una via di uscita. Per rimanere poi l’unica regione “arcobaleno”, come annuncia un divertente video che gira in rete: praticamente l’unica regione dove ognuno continuerà a fare quello che vuole.