I suicidi, il sovraffollamento, la richiesta di maggiori contatti con i familiari, le strutture fatiscenti, la mancanza di personale. L’elenco dei problemi che caratterizzano le carceri italiane sembra non finire e descrive una situazione che si è incancrenita nel tempo. Per cominciare a dare una soluzione c’è chi propone di svuotare le carceri, anche con un indulto. Il governo, invece, ha scelto un’altra strada, indicata in un decreto che potrebbe essere convertito in legge già la settimana prossima. Lo spiega Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia, che indica quali sono i progetti attuati e da attuare in quella che viene presentata come una riforma strutturale. Si punta sull’assunzione di personale, per evitare le carenze di organico, su un commissario che velocizzi le opere edilizie, su un’esecuzione della pena che tenga conto di benefici di legge come detenzione domiciliare e affidamento in prova, puntando però sulla formazione e sul lavoro, per evitare che i detenuti, una volta tornati in libertà, ripetano gli errori commessi. E per sostenere i reclusi più fragili, si assumono anche psicologi.
Qual è la situazione delle carceri italiane, i continui suicidi, come siete intervenuti e interverrete?
Noi siamo arrivati a fine 2022 e abbiamo preso atto di una situazione disastrosa sotto il profilo delle assunzioni, non solo della polizia penitenziaria ma anche degli educatori. C’erano direttori di carcere che dovevano seguire più istituti, piante organiche non completate, strutture vecchie con lavori fermi. Abbiamo steso un piano e una strategia.
Per quanto riguarda il personale, come siete intervenuti?
Abbiamo sviluppato una serie di provvedimenti, disponendo nuove assunzioni per la Polizia Penitenziaria e per permettere, progressivamente, a ogni istituto di avere un direttore in pianta stabile. Gli agenti in servizio, che erano 37.000, ora sono 39.771. E con il decreto carceri ora in conversione ne arriveranno altri 1.000. Gli educatori in servizio oggi sono 1.089, quando siamo arrivati erano 900. I mediatori erano 3, ora sono 61.
Uno dei nodi da sciogliere è sempre stato quello dell’edilizia carceraria. C’è un piano anche per questo?
Abbiamo sbloccato 166 milioni di euro per interventi già programmati e altri per la ordinaria manutenzione, oltre che per la costruzione di nuovi padiglioni. Per rendere l’intervento più veloce nomineremo un commissario per l’edilizia carceraria, per velocizzare i progetti già in essere e quelli dei prossimi mesi.
Al di là delle condizioni delle strutture in cui vengono ospitati, i detenuti chiedono di sopperire alle limitazioni del carcere, ad esempio con qualche possibilità in più di telefonare a casa. Pur aumentate, sono sufficienti le chiamate che vengono consentite?
Abbiamo introdotto la possibilità di un maggior numero di telefonate per i detenuti. C’è un aumento ordinario, per tutti, da 4 a 6 al mese, ma poi ogni direttore avrà la possibilità di ampliarle tenendo conto della situazione del detenuto. Non solo, abbiamo introdotto misure per rendere effettivi i benefici che il sistema già riconosce ai reclusi.
Stiamo parlando di liberazione anticipata?
È un patto che consente al detenuto di avere fin da subito l’esatta determinazione della pena secondo la sentenza e, insieme, del fine pena virtuale che gli verrà riconosciuto se saprà dimostrare la sua partecipazione a un programma di recupero effettivo. Premiamo i soggetti che vogliono cambiare vita, senza sconti aggiuntivi a quelli previsti dall’attuale normativa. La sinistra ha presentato una proposta per svuotare le carceri, aumentando gli sconti, pensando a forme di indulto. Noi diciamo no. Se i detenuti escono con un provvedimento premiale, reimmettiamo nella comunità persone che non hanno avuto modo di imparare nulla dalla carcerazione: così ritornano nel circuito criminale e poi in carcere. I vecchi provvedimenti svuota-carceri hanno dimostrato questo.
Sull’esecuzione della pena, invece, una delle strade è quella delle pene alternative. Perché non sempre è stata seguita finora e quali rimedi volete introdurre?
Abbiamo pensato a ulteriori disposizioni per velocizzare la possibilità per il magistrato di concedere misure alternative al carcere, soprattutto per chi ha un fine pena basso. È stato varato un provvedimento che consente la realizzazione di un elenco nazionale delle comunità per accogliere i detenuti che possono accedere a misure alternative come l’affidamento in prova o la detenzione domiciliare. Un provvedimento destinato ai detenuti comuni. Quelli che possono andare in comunità oggi sono fra i 3.000 e i 7.000. Domani potranno farlo in strutture che noi accreditiamo, chiedendo un programma di rieducazione vero, che preveda programmi di lavoro e formazione. Questa è una novità assoluta del sistema. Oggi molti non accedono a queste misure perché sono senza un domicilio. Noi lo creiamo grazie a queste comunità, che già ci sono e collaborano con il mondo dell’esecuzione. Per questo abbiamo destinato 7 milioni di euro.
Ci sono alternative specifiche anche per i tossicodipendenti e i minori?
Per quanto riguarda i tossicodipendenti ci sono comunità terapeutiche alle quali si può accedere già oggi se la pena è sotto i sei anni. A queste strutture abbiamo destinato 5 milioni di euro aggiuntivi, per potenziarle. Quanto ai minori, non c’è una disposizione nel decreto, ma pensiamo di dover investire in comunità socio-educative, create ex novo, statali, per dare un’alternativa rispetto agli Ipm (Istituti per i minori). Saranno costituite per la prima volta in Lombardia. Ci hanno fatto un quadro allarmante della situazione minori: tutti i dati danno in crescita bullismo e gang, nessuno però, prima di noi, aveva mai pensato a questa escalation programmando interventi. Due istituti, Lecce e L’Aquila, erano stati dismessi. Li stiamo riaprendo. Abbiamo bisogno di strutture, non per incarcerare i ragazzi, ma per fare attività al loro interno: più che di rieducazione abbiamo bisogno di fare educazione. A Rovigo, nei primi mesi del 2025, ci verrà consegnato un nuovo istituto all’avanguardia.
Quanto al sovraffollamento, come intendete intervenire?
C’è un sistema che giorno per giorno è in grado di evidenziare le violazioni dei parametri che sono imposti dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, secondo la quale ci devono essere almeno tre metri quadrati per detenuto. I nostri istituti sono in regola con questi parametri, tranne San Vittore che è fuori per 30 persone. Il nostro Paese, tuttavia, ha un altro tipo di calcolo, effettuato sulla base di un decreto ministeriale del 1975 del ministero della Salute per disciplinare ambienti abitativi, preso come riferimento anche per i nostri istituti. Qui le camere detentive singole devono avere una superficie di 9 metri quadrati, quelle doppie di 14. I dati del cosiddetto sovraffollamento sono calcolati sulla base di questo decreto, diversi dai criteri della CEDU, che vale invece per tutta Europa.
Vuol dire che non ci sono problemi?
No. Il problema c’è, abbiamo ereditato un sistema che funziona male ed è giusto pensare di creare un’alternativa alla detenzione inframuraria, ma senza sconti, senza svuota carceri, con misure alternative che facciano lavorare e formare le persone.
Uno dei temi più urgenti che riguardano è quello dei suicidi. L’ultimo si è verificato a Prato e porta a quota 60 gli episodi di questo genere quest’anno. Che tipo di risposta volete dare?
Abbiamo previsto 5 milioni di euro per personale ex art. 80 o.p., chiamato ad affrontare queste tematiche, parlare con i detenuti e partecipare alle attività di relazione. Si tratta di psicologi esperti in materia. Prima erano sottopagati, ora li paghiamo di più, aumentando il tetto delle ore a disposizione. Per debellare il fenomeno del suicidio, che poco c’entra con il sovraffollamento, molto spesso chi si suicida è in isolamento e ha problematiche diverse.
(Paolo Rossetti)
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