È stata siglata una nuova dichiarazione di cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaijan, la seconda nel giro di pochi giorni, il che la dice lunga sull’instabilità della situazione, che in ogni momento potrebbe evolvere in una guerra vera e propria. È quello che ci ha confermato Tsovinar Hambardzumyan, ambasciatrice della Repubblica di Armenia in Italia, in questa conversazione: “Se non ci sarà una dichiarazione forte della comunità internazionale contro l’aggressione dell’Azerbaijan, può accadere di tutto, non c’è alcuna certezza che i combattimenti si fermino”.



Il problema, rispetto a quanto accaduto due anni fa, è che, stando alle fonti armene, le forze azere sono entrate nell’Armenia stessa, non nella solita enclave del Nagorno-Karabakh, piccola regione a maggioranza armena, ma che si trova all’interno dell’Azerbaijan e che da trent’anni è causa di conflitti. Secondo Hambardzumyan, dietro a questo attacco c’è come sempre la Turchia, che considera l’Armenia, data la sua posizione geografica, un ostacolo al suo espansionismo verso l’Asia centrale, ma anche e soprattutto  il viaggio che lo scorso luglio la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha fatto a Baku, capitale azera, firmando un accordo destinato ad aumentare la fornitura di gas azero all’Europa: “Definendo l’Azerbaijan il ‘nostro partner più affidabile nella regione’, Ursula von der Leyen ha legittimato l’attacco nei nostri confronti, dando agli azeri una importanza che ha indebolito la posizione armena. Non solo: definire ‘il partner più affidabile’ quello che di fatto è un regime dittatoriale e corrotto infanga quelli che sono i valori della comunità europea”.



Questa volta le forze azere hanno invaso direttamente il territorio armeno, non si tratta dell’usuale attacco al Nagorno Karabakh. È possibile che l’Azerbaijan stia approfittando del fatto che la Russia, che ha una forza di dissuasione nel Nagorno-Karabakh, sia troppo impegnata in Ucraina per occuparsi di quanto sta accadendo?

Come dice lei, i militari russi si trovano nel Nagorno-Karabakh e non in Armenia e questa volta gli azeri hanno attaccato direttamente l’Armenia. L’Azerbaijan ha approfittato del fatto che le attenzioni della Russia, ma anche della comunità internazionale, sono interamente concentrate sull’Ucraina. Esattamente come fecero nel 2020, quando attaccarono in piena pandemia e tutto il mondo era impegnato a contenere la diffusione del virus. Questa è la politica turco-azera.



Ha citato la Turchia. Sappiamo che Ankara sostiene l’Azerbaijan, paese a maggioranza islamico. Si può dire che questo rientri nel quadro dell’espansionismo di Erdogan in atto ormai da tempo?

Certamente. Erdogan ha in mente di ricreare l’Impero ottomano, il suo espansionismo va dal Nord Africa all’Iraq, passando per la Siria e ancora più verso oriente. Se si osserva una carta del Caucaso, si capisce tutto. La parte meridionale dell’Armenia a est confina con l’Azerbaijan e a ovest con la Turchia. Esiste una enclave dell’Azerbaijan in territorio armeno che ha un piccolo confine di 9 chilometri con la Turchia. Si tratta dell’unico confine che la Turchia ha con l’Azerbaijan. È evidente che l’Armenia rappresenta un ostacolo per Erdogan, che ha bisogno di occupare la parte meridionale del nostro Paese per unirsi all’Azerbaijan e da lì continuare la sua linea espansionistica verso l’Asia centrale.

In questo quadro, lei ritiene che Mosca abbia paura di inimicarsi Erdogan se intervenisse in modo più esplicito?

Il problema è che l’Armenia si trova in mezzo alle grandi potenze. Da una parte ci sono interessi turchi e russi, e dall’altra siamo danneggiati dai rapporti estremamente tesi tra Occidente e Russia. È molto grave che molti giornali italiani abbiano intitolato nei giorni scorsi che il nostro premier abbia telefonato a Putin e chiesto aiuto militare alla Russia.

Ci spieghi.

Il premier armeno ha parlato con tutti i co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’Osce, il formato di mediazione tra Armenia e Azerbaijan: con il presidente Putin, con Macron, con il segretario di Stato americano Anthony Blinken, ma anche con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. L’Armenia ha chiesto aiuto anche al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma è stato fatto passare tutto come se avessimo chiesto aiuto solo a Mosca. Presentare la questione in questo modo aveva lo scopo di predisporre l’opinione pubblica internazionale contro l’Armenia e non contro il Paese aggressore che è stato l’Azerbaijan. La considero una tendenza molto pericolosa.

In Armenia ci sarebbero manifestazioni popolari contro il primo ministro, accusato di non saper gestire la situazione. Conferma?

Manifestazioni ci sono come in tutti i paesi democratici. In Europa le priorità quotidiane sono altre, la gente manifesta per lo stipendio; in Armenia, purtroppo, per questioni di sicurezza. Noi siamo una democrazia, chi non è d’accordo con il primo ministro può liberamente manifestare. Non siamo come l’Azerbaijan, un grande nemico della democrazia, dove se qualcuno protesta finisce in galera.

A proposito del Nagorno-Karabakh che è causa di conflitti ormai da trent’anni, l’Armenia sarebbe disposta a fare delle concessioni pur di garantire la pace?

Qui è importante distinguere il Nagorno-Karabakh in senso proprio dalle regioni cuscinetto circostanti. Il Nagorno-Karabakh è sempre stato armeno con una maggioranza armena di oltre l’80% della popolazione. Attorno ad esso c’era un cuscinetto di sicurezza che è sempre stato oggetto dei negoziati con l’Azerbaijan. L’Armenia non ha mai detto che questo cuscinetto appartenesse a lei, siamo sempre stati pronti a un compromesso in cambio della sicurezza e dell’autodeterminazione della popolazione. Ma purtroppo durante la guerra del 2020 gli azeri hanno preso con l’uso della forza militare non solo le regioni cuscinetto, ma anche una parte considerevole proprio del Nagorno-Karabakh. Il problema è  che la questione del Nagorno-Karabakh per gli azeri è sempre stata una questione di terre, invece per gli armeni il problema del Nagorno-Karabakh riguarda le persone. Quindi siamo sempre stati disposti alle concessioni che riguardano i territori, ma non le persone.

Un’altra arma in mano all’Azerbaijan è il gas, di cui l’Europa ha estremamente bisogno. Pensa che lo stiano usando per ricattare l’Europa, in modo da abbandonare l’Armenia?

L’Azerbaijan non ha una quantità di gas tale da rifornire l’Europa. E si può supporre che gli azeri comprino il gas dalla Russia e lo rivendano all’Europa. È una situazione favorevole per tutti, ma soprattutto per l’Azerbaijan, perché in questo modo non potrà essere punito dall’Europa, se vuole continuare ad avere il gas. Tornando alla sua domanda, se dovessi rispondere sì o no, la risposta sarebbe più sì che no. È chiaro che il popolo europeo non vuole subire stenti per la mancanza di gas, ma c’era bisogno che la von der Leyen andasse nella capitale azera e dicesse che l’Azerbaijan è il partner più affidabile della regione? Un regime corrotto e dispotico? Sono questi i valori dell’Europa? Poteva dire che è un partner importante dal punto di vista energetico, ma dicendo quello che ha detto ha legittimato questo attacco e ha creato un precedente favorevole per aggredire l’Armenia. Non solo l’Europa ha abbandonato l’Armenia, ma prima di tutto ha abbandonato i valori che la costituiscono. Certamente in questo contesto non posso non menzionare l’inestimabile sostegno della società italiana e le dichiarazioni inequivocabili di tutte le forze politiche italiane, sia di destra che di sinistra, che hanno criticato duramente l’aggressore con un appello per fermare immediatamente l’attacco.

(Paolo Vites)

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