Il Ciad rischia di “scoppiare”, dopo l’uccisione del presidente Idriss Deby Itno, avvenuta mentre si trovava alla guida dell’esercito per affrontare la coalizione ribelle del Fronte per l’alternanza e la concordia, il Fact, che nel giro di pochissimo tempo era penetrata dalla Libia nel paese, arrivando a circa trecento chilometri dalla capitale. Personaggio controverso, il presidente ucciso deteneva il potere dal 1990, e aveva da una decina di giorni vinto per la settima volta, a stragrande maggioranza, le elezioni presidenziali. “Ci sono molti aspetti misteriosi in quanto è accaduto” ci ha detto in questa intervista il professor Marco Lombardi, docente di Sociologia all’Università Cattolica di Milano ed esperto di terrorismo. “In passato la Francia, ex potenza coloniale in Ciad, che conserva rapporti strettissimi con il paese, aveva salvato Itno da due tentativi di golpe. Se avessero voluto, avrebbero potuto farlo anche questa volta. Non solo: contravvenendo a ogni regola in vigore in Ciad, un direttivo militare si è messo alla guida del paese, nominando presidente provvisorio il figlio di Itno, che ha 37 anni, mentre la legge consente tale carica solo a chi ha più di 40 anni. Le domande sono tante”. Il fatto più preoccupante è che l’Italia è presente in Ciad con una missione militare a fianco dei francesi.



Ci può spiegare che cosa è il Fact? Una milizia jihadista come le tante che operano nel Sahel?

Non le definirei milizie jihadiste. In tutta questa zona dell’Africa milizie etniche, milizie politiche, milizie al soldo di interessi economici e anche dello jihadismo si sovrappongono in maniera molto difficile da distinguere. Il Fact, per quanto ne sappiamo, è una milizia di carattere politico, che da tempo aveva dichiarato di voler eliminare il presidente del Ciad.



Un quadro complicato e sanguinoso quindi?

Ricordiamo la morte del nostro ambasciatore in Congo. In quell’occasione erano state contate 120 milizie di tutti i tipi, che combattono contro il potere centrale e fra di loro. È qualcosa che va da sé con la natura stessa del continente africano. È altrettanto vero che la jihad sta penetrando in Africa, lo scrivevo già due anni fa, ma si dovrà scontrare con l’organizzazione tribale e gli interessi economici, che finora hanno pompato le milizie.

Torniamo al presidente ucciso. Conferma che si trattava di un personaggio quantomeno controverso che deteneva il potere contro ogni principio costituzionale?



Esattamente. Era in carica dal 1990, quando aveva eliminato l’allora presidente e da allora si era installato al potere. Giusto una decina di giorni fa era stato rieletto con l’80% dei voti, grazie a una campagna elettorale militarizzata, nella quale all’opposizione non era stato concesso di esprimersi.

In passato, però, la Francia lo aveva salvato da ben due tentativi di colpo di stato. Cosa è andato storto questa volta?

Questo è un punto importante. Se avessero voluto, i francesi sarebbero potuti intervenire ancora una volta. È anche strano che il Fact sia penetrato dalla Libia, a mille chilometri dalla capitale, una zona tribolata, dove ci sono varie etnie che controllano la regione, e nessuno si era preoccupato di quello che accadeva. Nel giro di una decina di giorni affrontando pochissimi combattimenti sono arrivati a 300 chilometri dalla capitale e uccidono il presidente.

Sta dicendo che i francesi hanno deciso di mollare il loro protetto?

È un dubbio legittimo. Ci sono stati altri aspetti anomali. Invece di passare il potere al presidente del Parlamento, si è insediato un direttivo militare che ha dato il potere, nominalmente per 18 mesi, al figlio del presidente ucciso, che ha 37 anni, mentre in Ciad la legge lo consente solo se si hanno più di 40 anni. Dunque è stata snobbata ogni regola costituzionale. Anche questo è sospetto.

Nel senso che potrebbe aver architettato lui l’uccisione del padre?

Può essere. Oppure siamo davanti a una penetrazione turco-qatariota. Turchia e Qatar, come sappiamo, rappresentano i Fratelli musulmani, l’islam radicale, che sta cercando di arrivare in Congo, dove ci sono ricchissimi giacimenti di materie prime. Una penetrazione attraverso il Ciad, poi attraverso  la Repubblica Centrafricana e quindi il Congo, nelle grandi terre ricche di materie prime. La vicenda è molto complicata.

Che previsioni si possono fare?

Difficile dirlo adesso. Sicuramente è un evento che non ci voleva, anche perché noi italiani siamo presenti in Sahel con una missione militare (Takuba) di sostegno a quella francese. Quindi abbiamo una nuova pedina destabilizzante, in cui ci troviamo immersi.

(Paolo Vites)

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