A pochi giorni dal referendum che dovrà decidere cambi nella sua Costituzione, il Cile torna a infiammarsi e il 19 ottobre si è assistito a un’escalation della violenza che ha sorprendentemente portato ad incendiare due chiese : dapprima quella di San Francisco de Borja e quindi una delle più antiche della capitale Santiago del Cile, quella dell’Assunta.



Le manifestazioni erano iniziate in forma pacifica per celebrare l’anniversario delle proteste che il 19 ottobre (battezzato “Giorno della dignità”) dello scorso anno infiammarono l’intero Paese e che hanno dato origine a una gigantesca adunata nella Plaza Italia della capitale per invocare riforme. Purtroppo vari episodi di violenza operati da gruppi isolati dalla massa pacifica avevano portato il Cile su di una china pericolosissima dopo decenni non solo di pace, ma pure di una crescita economica che l’aveva trasformato in un Paese modello per l’intera America Latina, con un livello di povertà passato in pochi anni dal 40% all’8% come risultato principale.



Quello che è ormai assodato, viste le indagini che vennero operate dalle forze dell’ordine, è che in pratica l’azione dei gruppi violenti, che poi mirarono a distruggere strutture di uso popolare (stazioni della metropolitana, ospedali pubblici ed edifici della classe media), agivano sotto la conduzione e con la partecipazione di moltissimi elementi provenienti dall’estero e agli ordini del populismo latinoamericano (Cuba, Venezuela e Argentina). Non è da escludere che questi ulteriori “festeggiamenti” al margine, lo ripetiamo, di massive manifestazioni popolari ma pacifiche, rispondano agli stessi comandi.



Ha impressionato che dopo l’attacco operato da gruppi di estremisti incappucciati alla Chiesa dell’Assunta, l’immediato intervento sia dei pompieri che delle forze dell’ordine (i Carabineros) ha tentato di evitare che il crollo della Chiesa ormai totalmente in preda alle fiamme si riversasse sui cittadini, circondando l’edificio con una catena umana. Mentre ciò accadeva i facinorosi ritornavano sul luogo della loro azione gridando “Che cada, che cada!”, celebrando poi la caduta della cupola di una chiesa che era considerata come la Parrocchia degli Artisti.

Le azioni però non si sono limitate alle due chiese: gli incappucciati hanno pure saccheggiato negozi e supermercati seminando il panico in una giornata che era trascorsa pacificamente all’insegna di una dignità recuperata da un popolo che, con le manifestazioni di massa dello scorso anno, ha costretto il potere politico a una revisione di una Costituzione ancorata alla triste epoca della dittatura di Pinochet.

Le reazioni della Conferenza episcopale cilena non si sono fatte attendere e hanno preso corpo in un duro comunicato dove si dichiara che “gli eventi delle ultime ore a Santiago e in altre città del Cile dimostrano che non ci sono limiti per chi drammatizza la violenza. Abbiamo tristemente assistito agli attacchi, ai saccheggi e agli attentati ai luoghi di preghiera, agli spazi sacri dedicati a Dio e al servizio di solidarietà delle persone. Ci fa male vedere che un tempio che è patrimonio di Santiago viene distrutto e che si celebra la sua distruzione. Esprimiamo la nostra particolare vicinanza alle comunità della parrocchia dell’Assunzione e della chiesa istituzionale dei Carabinieri del Cile”. “Questi gruppi violenti contrastano con molti altri che hanno manifestato pacificamente. La stragrande maggioranza del Cile desidera ardentemente giustizia e misure efficaci che aiutino a superare i divari di disuguaglianza; non vuole più corruzione o abuso, si aspetta un trattamento dignitoso, rispettoso ed equo. Crediamo che questa maggioranza non sostenga o giustifichi azioni violente che causano dolore a individui e famiglie, danneggiando comunità che non possono vivere tranquillamente nelle loro case o nel lavoro, spaventate da chi non cerca di costruire nulla, ma piuttosto distrugge tutto”. “Domenica 25 ottobre, i cittadini che vogliono giustizia, onestà, superamento delle disuguaglianze e opportunità per potersi sollevare il Paese, non saranno intimiditi dalle minacce di violenza e si prenderanno cura di adempiere alla loro responsabilità civica. Nelle democrazie ci esprimiamo con il voto libero in coscienza, non sotto la pressione del terrore e della forza”.

“So che alcuni gruppi minoritari stanno tentando di intorpidire o sporcare il processo del referendum: noi non lo permetteremo”, ha dichiarato il Presidente cileno Sebastian Piñera. “Garantisco ai 14, 7 milioni di cileni che si recheranno alle urne che potranno esprimere il loro voto con libertà, pace e sicurezza”, ha concluso il Presidente.