Avevo già trattato l’argomento qualche tempo fa, associando l’imprevedibilità del Cavaliere all’astuzia di Renzi che con la sua “mossa del cavallo” (titolo peraltro del libro di recente pubblicazione) aveva destabilizzato il Governo Conte 2 ai primordi del suo insuccesso ancora latente. Ma le sorprese non erano finite, perché il vero coup de théâtre è arrivato la notte scorsa, quando le stanze dei palazzi “che contano” si sono trasformate nell’ennesimo palcoscenico per le furberie di qualche stratega della poltrona.



Raccontano, e sicuramente non verrò smentita dai fatti, di scene d’isteria che hanno scandito le prima ore del pomeriggio e hanno acuito tensioni e dissapori. Anche Speranza ha perso la pazienza! Sembra che sia letteralmente sbottato ma che, a causa del suo tono di voce non troppo convincente, pochi si siano accorti della sua uscita di scena dal Consiglio dei ministri.



I capigruppo di Camera e Senato di M5s, Pd, Iv e Leu si sono incontrati svariate volte, ben quattro nelle 24 precedenti per raggiungere un’intesa sui presidenti di Commissione.

Gli accordi in maggioranza prevedevano l’attribuzione a M5s di metà delle presidenze, quindi sette alla Camera e sette al Senato; al Pd nove (5 a Montecitorio e 4 a Palazzo Madama), quattro a Iv (2 in entrambe le Camere) e una a Leu (Piero Grasso alla Giustizia in Senato).

Già questo schema aveva portato alcuni senatori e deputati pentastellati a contestare i rispettivi direttivi: i rapporti di forza con gli altri partiti avrebbero dovuto far pretendere 8 Commissioni e non 7 in ciascuna Camera. Altre contestazioni riguardavano i nomi stessi dei presidenti designati dai partiti alleati, in particolare Piero Fassino alla Esteri della Camera, e i due esponenti di Italia viva, Luigi Marattin e Patrizia Paita, indicati rispettivamente per la Finanze e la Trasporti.



Ad ogni modo, è chiaro che le maggiori fibrillazioni si siano verificate nella maggioranza ma grazie ad una parte di Forza Italia, alcuni equilibri sono stati ristabiliti.

Una fronda di berlusconiani è infatti stata fondamentale per rimettere pace tra le fila dei dissidenti del Movimento e rinforzare l’asse della maggioranza. Nessuno sa come sia stato possibile. La stessa Gelmini, oramai incapace di mantenere un minimo di coordinamento interno, non sa neppure cosa sia successo. Impegnata forse a cercare di capire quali sono i nomi di coloro che stanno per abbandonare, in Regione Lombardia, gli scranni di Forza Italia per passare alla Lega subito dopo le amministrative.

Oramai Forza Italia è un partito autonomista, ma non nel senso più ampio del termine. È un partito dove non comanda più nessuno e ognuno rivendica la propria indipendenza.

Ad esempio può capire di imbattersi nell’on. Occhiuto mentre dialoga allegramente con Italia viva e Calenda, intessendo chissà quali scenari che riguarderanno il futuro politico dei prossimi anni.

Insomma, fatto sta che grazie ad alcuni esponenti di Forza Italia le presidenze delle Commissioni bilancio, ambiente e lavoro della Camera dei deputati sono andate all’asse di ferro Pd/M5s. Stessa sorte è spettata alla Commissione finanze del Senato.

Nel pomeriggio, però, al Senato in ben due delle 14 Commissioni la maggioranza registrava il segno di tutta la sua precarietà andando in frantumi e facendo eleggere due senatori della Lega, mentre in Serata alla Camera l’elezione in Commissione giustizia di Vitiello di Iv al posto del candidato di M5s Perantoni ha messo in discussione tutti gli accordi.

Riepilogando: alla Camera il dem Fassino è stato eletto agli Esteri, Rizzo (M5s) confermato alla Difesa, Paita (Iv) ai Trasporti, Serracchiani (Pd) Lavoro, Rotta (Pd) Ambiente, Nardi (Pd) Attività produttive, Casa (M5s) Cultura, Battelli (M5s) Politiche Ue, Lorefice (M5s) Affari sociali. Gallinella (M5s) è andato a presiedere l’Agricoltura, Melilli (Pd) il Bilancio. Perantoni (M5s) è diventato presidente della Commissione giustizia, dopo le dimissioni di Vitiello (Iv). Marattin è stato eletto alle Finanze.

In Senato agli Affari Costituzionali: Dario Parrini (Pd); Giustizia: confermato Andrea Ostellari (Lega), mentre il nome proposto dalla maggioranza eran quello di Pietro Grasso (Leu); Esteri: Vito Petrocelli (M5s); Difesa: Roberta Pinotti (Pd); Bilancio: Daniele Pesco (M5s); Finanze: Luciano D’Alfonso (Pd); Cultura: Riccardo Nencini (Psi-Iv); Lavori Pubblici: Mauro Coltorti (M5s); Agricoltura: Giampaolo Vallardi (Lega), confermato alla guida della commissione, mentre il nome proposto dalla maggioranza era quello di Pietro Lorefice (M5s); Industria: Gianni Girotto (M5s); Lavoro: Susy Matrisciano (M5s); Sanità: Annamaria Parente (Iv); Ambiente Wilma Moronese (M5s); Politiche Ue: Dario Stefano (Pd).

Tra accuse incrociate e sospetti reciproci, a bocca asciutta è rimasto solo Leu. Mentre la maggioranza ha fatto il pieno delle caselle grazie anche all’amico ritrovato FI, che essendo quasi in dissolvenza cerca solo un approdo sicuro per rimanere a galla almeno sino alla fine della legislatura. Che sia M5s, Pd o Iv poco conta. L’importante è mantenere la poltrona.