Il bollettino Covid di oggi non lascia dubbi, la curva è diventata esponenziale, con 16.079 contagiati e 136 morti nel nostro Paese nelle ultime 24 ore. Alcune regioni come la Sardegna annunciano l’imminente chiusura. I lockdown mirati sono una possibile risposta per frenare la curva del contagio? E cosa implicano, concretamente? Ne abbiamo parlato con Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene e direttore dell’Istituto di Igiene all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Le pandemie sono storicamente caratterizzate da due, tre ondate, e in alcuni casi le ultime sono le più pericolose. Ora che la curva dei contagi è divenuta esponenziale, entriamo in una fase che, spiega Ricciardi, si chiama “mitigazione”, ovvero una fase in cui solo le chiusure possono garantire la possibilità di frenare il contagio. Numero dei casi, indice del contagio e capacità di risposta del sistema sanitario: questi i tre fattori da valutare nel processo decisionale secondo il consigliere scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza.
Lei ha proposto dei lockdown mirati. Cosa significa?
Bisogna chiudere per quindici giorni le aree geografiche in cui la circolazione del virus supera di gran lunga l’unità, se lei pensa che ci sono delle aree come la provincia di Milano in cui il contagio è a 2.3. Questo significa chiudere tutto per quindici giorni, tranne le attività essenziali.
Un lockdown come quello nazionale ma scalato geograficamente?
Esatto.
E quali sono le aree più a rischio? La Sardegna ha annunciato un imminente lockdown.
Mi sembra una misura da encomiare, perché tiene in considerazione non tanto e non solo l’aumento dei casi ma anche la capacità di risposta della regione, e credo che sia la prima regione che prende una decisione saggia in maniera tempestiva. Va apprezzata questa tempestività nella decisione in un momento in cui in Sardegna la situazione non è ancora tanto grave in termini di numeri ma potrebbe diventarlo nelle prossime settimane.
Una decisione che diventa necessaria a fronte di quello che è successo quest’estate, con la Sardegna fra le mete vacanziere più gettonate…
In Sardegna sicuramente ci sono stati dei comportamenti, come l’apertura delle discoteche, che hanno favorito il contagio, ma adesso effettivamente partono tutti dallo stesso livello, è questo l’aspetto più preoccupante di questa situazione.
Cioè?
Mentre prima dell’estate i contagi erano concentrati in alcune aree, e poi con il lockdown è stata evitata la diffusione del contagio al resto del Paese, adesso tutte le regioni partono dallo stesso livello. Ci sono tre caratteristiche da considerare, che sintetizzerei così: numero dei casi, indice del contagio e capacità di risposta del sistema sanitario. Queste sono le tre linee guida che dovrebbero orientare le regioni. Nel caso della Sardegna ancora non c’è un contagio molto acceso ma c’è una capacità di risposta molto limitata per cui fanno bene a chiudere.
Il lockdown generale è un’ipotesi scongiurata?
Lo rischiamo davvero nella misura in cui non facciamo dei lockdown mirati, le misure devono essere sempre proporzionate: in questo momento non c’è ancora la necessità di fare un lockdown generalizzato, c’è sicuramente la necessità di fare dei lockdown mirati. Se questi lockdown mirati non vengono fatti adesso è chiaro che saremo costretti con grande probabilità ad avere una chiusura generalizzata.
Cosa aspettiamo? I numeri non si fermano…
L’epidemiologia è una scienza quasi esatta, se tu hai una curva evidente che a un certo punto da lineare diventa esponenziale è chiaro che avrai costantemente soltanto l’aumento dei casi, con un raddoppio che prima avviene di mese in mese, poi di giorno in giorno. Hai la necessità di chiudere nel momento in cui hai talmente tanti casi che non riesci più a tenere, perché vengono invasi gli ospedali e gli ospedali diventano luoghi di contagio anziché di sicurezza: si contagiano gli operatori, i medici, gli infermieri, quindi devi anche limitare la capacità di risposta, entri nell’impossibilità di dare risposte sanitarie.
La politica del testing e del tracing non regge?
La politica del testing e del tracing è una politica che ha senso nel momento in cui hai un numero di focolai ridotto, nel momento invece in cui hai questi numeri in certe parti d’Italia il tracing non riesci a farlo più, devi fare un testing mirato. Il testing deve essere concentrato a isolare quanto più velocemente i focolai, a trattare quanto più tempestivamente i casi. Si entra in un’altra fase: quando superi determinate soglie non riesci più a fare il contenimento e tecnicamente entri nella fase che si chiama mitigazione, mitigazione significa lockdown.
Volendo leggere insieme gli ultimi numeri, il numero dei morti che sale insieme a quello dei contagiati è allarmante?
Assolutamente sì, nel senso che questi morti sono persone che si sono ammalate due o tre settimane fa e se noi non mettiamo un limite, fra due-tre settimane avremo un aumento ancora più considerevole. Di fatto questo virus, sia per quanto riguarda i contagi che per quanto riguarda gli accessi in ospedale, è assolutamente prevedibile: da lineare diventa esponenziale e quando diventa esponenziale c’è un raddoppio che anziché avvenire di mese in mese avviene in due giorni, tre giorni, addirittura in certi casi di giorno in giorno. Bisogna prendere misure rapide, precise, proporzionate, mirate.
Questa seconda ondata era già scritta?
Io l’avevo detto ad aprile che sarebbe tornata un’altra ondata. Nella storia delle pandemie non c’è mai stata una pandemia che ha avuto una sola ondata, le ondate delle pandemie sono almeno due e in certi casi anche tre, e sono le più pericolose. Nel caso della Spagnola fu la terza a fare più vittime. L’epidemiologia, cioè lo studio dei fenomeni sanitari con metodi matematici, è una scienza quasi esatta. Nel momento in cui hai dei parametri sei in grado di prevedere cosa succederà. Di fatto era molto prevedibile, è chiaro che quando come cittadino ti dicono che è tutto a posto tu non vedi l’ora di tornare a fare quello che facevi prima: vai in vacanza, abbassi la guardia, non indossi più le mascherine. Questo ha determinato ciò che è accaduto.
In Italia e anche all’estero.
Questo non è successo solo in Italia ma un po’ dappertutto, in Italia avevamo fatto tanto bene prima, poi però abbiamo vanificato il lavoro. E poi c’è un altro elemento che caratterizza l’Italia.
Quale?
Il suo assetto regionalistico. Anche avendo la possibilità, la capacità, la volontà di prendere una decisione, la decisione è da condividere con 21 tra presidenti di regioni e province autonome, tutto questo fa perdere tempo. Ci sono i negoziati, perché ognuno ha le sue sensibilità e le sue esigenze, le sue idee, e questo avvantaggia il virus. Questi virus, con la confusione, festeggiano.
Ma dov’è che avviene veramente il contagio?
In Lombardia la circolazione non si è mai azzerata quindi c’è sempre stata la circolazione di virus, in altre regioni si era addirittura azzerata. Poi però se vai in Paesi come Spagna, Grecia, Croazia, Malta, Francia, Gran Bretagna e torni a casa trasmetti il virus in famiglia: questo è il meccanismo di trasmissione. Quando il virus entra in famiglia, ogni familiare a seconda di quello che fa contagia altre persone.
Un esempio?
Mettiamo che un familiare prende un mezzo pubblico. I mezzi pubblici sono pieni e siccome la mascherina chirurgica protegge gli altri e non te stesso, tu ti puoi infettare lo stesso. Sostanzialmente basta stare in un veicolo pubblico con un super spreader e quello riesce a contagiare anche venti persone. Poi uno va a lavorare, un altro va a scuola, un altro ancora al ristorante….
Una dinamica molto precisa.
La dinamica è: prendi il virus in un Paese con una circolazione intensa, che non ha fatto le cose che avevamo fatto noi prima dell’estate, torni a casa, lo trasmetti ai familiari e poi a seconda delle attività quotidiane ognuno dei familiari contagiati lo trasmette ad altre persone. Per questo oggi abbiamo in certe province, come Milano e Napoli, la certezza che ci sono migliaia di persone positive in giro. Qualsiasi persona con cui si entra in contatto potrebbe essere infetta, quindi la necessità in questo momento è quella di bloccare questo fenomeno con dei lockdown.
L’unico modo per fermare un contagio che è e continuerà ad essere esponenziale?
A luglio c’erano 200 casi, ad agosto 400 casi, quindi il primo raddoppio, a settembre siamo arrivati a 800 casi, quindi il secondo raddoppio, a ottobre 1.600-2000 casi, poi ci siamo attestati sull’andamento esponenziale, arrivando ai 16.000 casi di oggi. Io due settimane fa avevo detto che “speravo” che arrivassimo a dicembre con 16.000 casi, invece ci siamo arrivati oggi.
(Emanuela Giacca)