Il Senato ha dato il via libera allo scostamento di bilancio e alla Nota di aggiornamento al Def (Nadef) con 165 voti a favore, 4 voti sopra la soglia di galleggiamento della maggioranza. Un margine troppo risicato in tempo di Covid e di crisi del Movimento 5 Stelle. Oggi la maggioranza non ci sente ed è convinta di essere autosufficiente, ma nulla esclude che domani si trovi a dover dipendere dai voti centristi.



Paolo Romani, senatore, ex esponente di spicco di FI e già ministro dello Sviluppo economico dal 2010 al 2011 con Berlusconi a palazzo Chigi  esclude un sostegno politico, ma apre a un sostegno istituzionale, motivato dall’emergenza Covid. Romani è con Toti in “Cambiamo!” E si propone di ricostruire il centro. Ma senza Conte.



Onorevole Romani, come giudica l’operato del Governo sull’ultimo Dpcm?

C’è stata molta confusione e il decreto contiene tanti elementi contraddittori. Glielo dice uno per il quale il morbo va trattato con assoluta cautela. Che distanziamento e mascherine diventassero obbligatori era necessario.

Che cosa ci attende?

Andiamo verso gli 8mila contagi giornalieri, con pochi decessi – vero – che però ricominciano a salire; e con pochi ricoveri in terapia intensiva – vero anche questo – che però ricominciano a salire. In ogni caso un dato è certo: oggi il Covid siamo molto più preparati ad affrontarlo.



Tornando al Dpcm?

La situazione è obiettivamente difficile, anche gli esperti si contraddicono. Sfiderei chiunque a non essere confuso in un momento come questo.

Lo scostamento di bilancio è stato approvato con 165 voti a favore su 161 necessari. Non è un margine tranquillizzante.

Si è posto un problema di carattere istituzionale, non politico: non è mai accaduto che un parlamentare fosse in condizioni oggettive di non votare. In questo momento ci sono 6 senatori assenti tra quarantena e isolamento precauzionale. Vuol dire che il quorum non può essere rispettato e con esso nemmeno la maggioranza assoluta dei componenti, 161 su 315.

Quindi?

Il governo doveva porsi il problema: non siamo in grado di garantire la maggioranza, c’è un problema esterno, oggettivo, tecnico che ci impedisce di avere quei voti.

Ma non lo ha fatto. Lei che cosa avrebbe risposto?

Ci chiedete un atto di responsabilità istituzionale su un problema non previsto dalla Costituzione? Parliamone.

Che cosa avrebbe dovuto fare Conte?

Informare i presidenti delle Camere. Ci metterei anche il Quirinale. Oggi gli assenti sono 6, domani potrebbero essere 25. La maggioranza rischia di non esserci.

Risulta che lei ne abbia parlato con il ministro D’Incà. Cosa le ha detto?

Ci ha invitato a votare lo scostamento perché si trattava di un “fatto tecnico”. No: approvare 25 miliardi di scostamento di bilancio è un fatto politico, non tecnico.

Insomma le idee non sono chiare.

Le idee non sono chiare e le risposte sono state deboli. Infatti ci siamo astenuti sullo scostamento e abbiamo votato contro sulla Nadef.

Il voto a distanza?

È una possibilità, anche se l’identificazione delle persone che votano è un fatto fondamentale per la politica. Non è previsto dalla Costituzione, è un problema che ci dovremo porre.

Quanto rischia il governo?

Faccio una considerazione su quello che ci aspetta. L’Europa ci ha dato ancora una volta fiducia – oppure, più semplicemente, non si poteva permettere che l’Italia fallisse – consegnandoci una montagna di soldi.

Sono virtuali.

Non sono virtuali. Non arrivano quando ci potrebbero servire. Per questo dobbiamo dire sì al Mes.

Vada avanti, scusi.

Il Recovery Fund è l’ultima prova che il nostro paese ha di fronte per dimostrare di sapere spendere nel modo giusto. L’altro problema da affrontare è la legge elettorale. Inevitabile, avendo fatto la riforma costituzionale. Il terzo è l’elezione del presidente della Repubblica. Il combinato disposto di queste tre cose tiene insieme questa maggioranza.

Soprattutto i fondi europei.

È una scommessa straordinaria che Conte e la maggioranza hanno davanti. Purtroppo manca il confronto con le opposizioni che noi abbiamo auspicato in tante occasioni.

Dunque non si vota, ma questo non ha impedito nuove fibrillazioni politiche dopo le regionali.

Vero. Nelle cinque regioni dove si è votato FI ha perso in tre tornate elettorali regionali 1 milione e 400mila voti. L’esperienza politica di FI è in esaurimento. Salvini ha avuto un arretramento, non è riuscito a ottenere risultati soddisfacenti al Sud.

E qui arrivate voi, giusto?

Si apre un spazio del 20% per la costituzione di un partito di centro, popolare, liberale e riformista. FI ha rappresentato per anni queste istanze ma la sua crisi è ormai definitiva. Il centrodestra oggi è solo destra, ha assolutamente bisogno del centro: lo chiedono gli elettori, è un’esigenza del paese.

Tocca a Toti e a voi di “Cambiamo!” prenderne il posto di FI?

Sì, è il nostro obiettivo.

Con o senza Conte?

Conte non c’entra nulla.

Ma gli vengono attribuite velleità partitiche di centro.

Ognuno deve fare riferimento alla sua storia politica, evitando trasformismi.

Se domani il governo avesse bisogno del vostro aiuto, sareste disponibili a sostenerlo?

No, non avrebbe senso.

Gradualmente, un nuovo lockdown sembra prendere corpo all’orizzonte.

Siamo contrari, sarebbe una scelta inaccettabile che non possiamo permetterci. La mortalità oggi è largamente diminuita e abbiamo cure che possono aiutarci a convivere con il virus. Un secondo lockdown sarebbe una follia.

(Federico Ferraù)