Doveva essere la giornata della svolta contro la seconda ondata del Covid, è stata la Caporetto di un governo indeciso a tutto. Un giorno che ha immesso nel Paese un nuovo virus, quello del caos. Si è partiti al mattino con un testo firmato nella notte che stimava un rischio elevato di contagio, e si è finiti con un generale abbassamento del grado di pericolo, con un rinvio delle restrizioni territoriali e con una totale confusione diffusa tra la gente e i negozianti i quali, come ha fatto notare in un tweet il sindaco di Milano Giuseppe Sala, alle 18 di ieri hanno abbassato le saracinesche delle loro attività senza sapere se questa mattina le avrebbero risollevate oppure no.



Il piddino Sala e il governatore leghista Attilio Fontana questa volta si sono ritrovati dalla stessa parte, quella di una Regione, la Lombardia, che è una delle poche in grado di affrontare la pandemia ed è invece stata chiusa come zona rossa assieme a Piemonte, Val d’Aosta e Calabria. Due sole le regioni arancione, Puglia e Sicilia. La Campania di De Luca è stata graziata, abbassata addirittura al rischio minimo (zona gialla) al pari del Lazio, due regioni che nei giorni scorsi sembravano sull’orlo del tracollo sanitario. E così anche l’Alto Adige, che pure si era appena allineato ai rigidi criteri tedeschi giudicando insufficienti le misure di contenimento adottate a Roma.



Il sospetto, e forse qualcosa in più, è che le scelte del governo siano basate su criteri politici più che su quelli epidemiologici. Valutazioni centralistiche, che sottraggono competenze alle regioni che meglio conoscono la realtà territoriale, e decisioni punitive per il Nord mentre il Sud, teatro delle rivolte di piazza più violente e bacino elettorale di una fetta consistente della maggioranza, viene risparmiato dal giro di vite. Il nuovo decreto (che si aggiunge al Dpcm firmato nella notte) è figlio di un esecutivo che non conosce il Paese, che non teme di dilatare all’infinito i tempi delle decisioni e che colpisce le zone più produttive d’Italia.



L’attacco a Piemonte, Lombardia (e Milano) è frutto del disprezzo verso le attività economiche e imprenditoriali, che vengono colpite da un provvedimento propagandato come “light”, cioè un lockdown all’acqua di rose. La realtà è ben diversa: a parte le parrucchiere, le chiese e le partite di Serie A, non c’è differenza sostanziale tra la segregazione domestica della scorsa primavera e la chiusura di questo autunno. Nelle zone rosse è vietato ogni spostamento all’interno dei Comuni; bar e ristoranti sono chiusi 7 giorni su 7, così come i negozi tranne quelli di prima necessità; scuole medie, superiori e università fanno lezione online; è consentita una passeggiatina attorno all’isolato di casa e alla sera è vietato mettere piede fuori dall’abitazione.

“Dal governo è arrivato uno schiaffo in faccia alla Lombardia e a tutti i lombardi”, ha detto il governatore Fontana, “un modo di comportarsi che la mia gente non merita”. Giuseppe Conte ha guadagnato un’altra giornata e un’altra conferenza stampa in diretta tv a reti quasi unificate, senza riuscire a fugare lo smarrimento che si è impadronito di tanti italiani. Il suo Dpcm crea confusione e disparità nel momento in cui dal Colle in giù si richiama il Paese all’unità e alla solidarietà. Il governo ha invece scelto di colpire una parte d’Italia più di altre, con una scelta che guarda più alla politica che ai numeri del contagio. E che ignora del tutto gli appelli del Capo dello stato.