“Ecuadoriani: è finita l’epoca nella quale i narcotrafficanti condannati per traffici, omicidi su commissione e crimine organizzato dettavano al Governo di turno cosa fare”. Così il Presidente Daniel Noboa, in un discorso alla nazione, ha giustificato l’intervento militare che ha posto l’intero Paese sotto il controllo dell’Esercito dopo che il nemico numero uno, Adolfo Macias detto “Fito”, il più temuto capo del narcotraffico, è evaso dal carcere. Atto al quale sono seguite sommosse che hanno provocato non solo l’occupazione di istituti penitenziari, ma anche ribellioni di vari appartenenti ai cartelli della droga che hanno prodotto disordini, occupando anche un canale televisivo nazionale nel corso di una trasmissione.
“Ho appena firmato il decreto sullo stato di emergenza affinché le forze dell’ordine abbiano tutto il sostegno politico e giuridico nelle loro azioni”, ha detto ancora Noboa. A questo si aggiunge non solo il coprifuoco notturno dalle 23 alle 5 del mattino, ma è anche allo studio una manovra che darebbe la grazia automaticamente ai militari che commettessero delitti contro le bande che in questo momento stanno ancora mettendo a ferro e fuoco il Paese, nonostante il duro intervento dell’Esercito, specie nelle carceri, abbia risolto varie situazioni.
La crisi di sicurezza che investe l’Ecuador ha sostanzialmente una spiegazione nella costante e notevole penetrazione della criminalità narco che fin dagli anni ’80, con il potere conquistato in Colombia dal cartello di Pablo Escobar, ha iniziato la sua scalata che l’ha portato, nella pratica, a comandare anche politicamente. Una volta caduto, l’esempio ha avuto un’immediata copia nell’evoluzione non solo del chavismo in Venezuela, che ha portato a un accordo tra potere dittatoriale e narcos, ma anche nell’intero Continente latinoamericano a causa del “successo” politico e della gestione di intere nazioni da parte di partiti o movimenti dichiaratamente populisti e legati a quel Foro di Sao Paulo, lanciato nel 1990 dal Partido do trabalhadores (PT) di Lula in Brasile.
Come affermiamo da tempo, il populismo non solo ama tanto i poveri al punto di moltiplicarli, ma ha anche portato un sistema di corruzione estrema in tutte le nazioni dove ha conquistato il potere. I suoi legami con organizzazioni criminali e specialmente con i narco sono testimoniati da anni di fatti che hanno esteso il potere di queste organizzazioni al punto tale da gestire interi quartieri poveri dove quasi sempre si trovano laboratori per la produzione di droghe (non solamente raffinazione della coca, ma anche le pericolosissime droghe sintetiche a bassissimo prezzo) e lì le cosche hanno anche i loro eserciti dediti alla distribuzione e alla gestione del potere.
Anni fa passai due mesi di continue visite (ovviamente programmate) nelle “Villas miserias” di Buenos Aires e posso assicurare che la cosa che più mi ha addolorato di questa esperienza è stata vedere ragazzini declamare come eroi ed esempi di vita capi di queste organizzazioni criminali che in molti casi gestiscono finanziariamente intere famiglie di persone incarcerate che però hanno mantenuto la bocca chiusa e non parlano.
Ma perché ora è il turno dell’Ecuador, Paese che fino a non molti anni fa appariva (ed era) una nazione tranquilla e solo marginalmente coinvolta nei traffici, così come l’Argentina? Semplice: perché in primis è l’unica del Continente ad aver dollarizzato l’economia e quindi si trova in pratica a essere una grande lavanderia per i capitali detenuti dai narcos. A questo bisogna aggiungere che nell’anno 2007 l’allora Presidente, il populista Rafael Correa (che ora vive in Belgio dato che è stato condannato per corruzione) dette personalità giuridica al crimine organizzato, iniziando con la banda denominata dei “Latin Kings” e continuando successivamente con altre. Ma non si fermò qui: nel 2023, quando l’ex Presidente Lasso promosse un referendum per estradare i narcos ricercati dalle autorità Usa nelle carceri statunitensi, fu proprio il suo partito a votare no alla manovra, facendola naufragare.
L’attuale crisi di sicurezza che sta attraversando l’Ecuador è la prima che deve affrontare il nuovo Presidente Noboa, che ha assunto il potere meno di due mesi fa: tre giorni fa è stato arrestato uno dei leader della gang denominata “Los Lobos”, Fabricio Colon Pico, il quale, temendo di essere incarcerato nel penitenziario di massima sicurezza di La Roca, ha incentivato sommosse carcerarie e manifestazioni in suo favore e in pratica costituisce un tassello importantissimo nello sviluppo della tragica situazione attuale.
Successivamente la fuga “natalizia” di “Fito” (anche lui a un passo dall’isolamento carcerario) dal carcere di Guayaquil, come dicevamo, ha nei suoi effetti provocato la guerra attuale, che minaccia, per le ragioni sopra citate, di estendersi anche al Perù e all’Argentina, due Paesi che stanno vivendo situazioni politiche, sociali ed economiche molto difficili.
Per questa ragione i loro ministri della Sicurezza, uniti anche a quelli di Colombia e Bolivia, hanno offerto aiuto che potrebbe comprendere anche l’invio di forze militari: cosa che minacciano di fare anche gli Usa dopo che anni fa Correa chiuse una base militare dedicata alla lotta ai narco fornita dall’Esercito statunitense.
Sono circa una ventina i gruppi narcos entrati nella ribellione attuale e le manovre portate avanti dall’Esercito dovrebbero lentamente portare a una situazione di relativa tranquillità nel Paese: ma il condizionale, viste le varianti in gioco, è d’obbligo anche perché, lo ripetiamo, la violenza potrebbe estendersi anche in altri Paesi con una forte presenza della criminalità organizzata sul territorio e anche al potere.
Le ultime notizie parlano di occupazione, da parte di bande criminali, dell’Università di Guayaquil, dove professori e studenti sono stati presi in ostaggio: allo stesso tempo in alcune città del Paese la cittadinanza si sta unendo alle forze militari e il Governo ha in pratica chiuso scuole e università, così come raccomanda il lavoro a distanza e gli ospedali sospendono i turni di assistenza, limitandosi a ricevere solo le urgenze mediche. In pratica è iniziata una guerra contro la criminalità.
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