Con un drammatico appello il premier etiope Abiy Ahmed chiama il suo popolo allo scontro finale contro le milizie ribelli del Tigray, che ormai sono a poco più di cento chilometri dalla capitale Addis Abeba. “Da oggi sarò al fronte a guidare le truppe” ha detto, esponendosi così in prima persona. La situazione da qualche settimana, dopo oltre un anno di assedio del Tigray da parte dell’esercito etiope, si è infatti ribaltata.



Un tentativo di trovare un accordo fra le parti in causa è fallito, anche se Mussie Zeraisacerdote eritreo che vive in Italia e dal 1995 si occupa di migranti e di rifugiati politici dall’Eritrea e dall’Etiopia, sostiene come “le parole del premier siano un tentativo di alzare la voce per ottenere quanto meno un cessate il fuoco, cosa che viene richiesta anche da diversi Stati africani come il Kenya, dagli Stati Uniti e dal Papa stesso. In caso contrario, si andrebbe a un vero e proprio bagno di sangue, che costerebbe la vita a tanti giovani”. Ma ci sono altri interessi in ballo in questo scontro, ci spiega ancora padre Zerai: “L’Etiopia da 1700 anni è un’isola a maggioranza cristiana circondata da paesi musulmani. Gli attacchi alle chiese ortodosse e alle comunità missionarie comboniane sono un chiaro segno del tentativo di infiltrazione dei musulmani jihadisti, che mirano a cacciare i cristiani e a costituire dei califfati islamici”.



La dichiarazione del premier etiope fa presagire l’imminente scontro finale con le milizie ribelli?

Spero di no, spero che sia solo un tentativo propagandistico di alzare la voce per poi non abbandonare del tutto i tentativi di dialogo, che sono portati avanti anche da alcuni Stati africani e dagli Usa. Anche il Papa sta spingendo per il dialogo. Spero siano solo parole, perché altrimenti sarebbe un bagno di sangue, in cui tanti giovani diventerebbero carne da macello.

Si parla poco del ruolo dell’Eritrea a fianco del governo etiope in questa guerra, eppure gli Stati Uniti hanno varato sanzioni economiche contro di essa.



Sì, si sapeva che l’Eritrea sta prendendo parte a questa guerra. Si tratta di sanzioni mirate ad alcuni personaggi e apparati del regime.

Proprio il premier Ahmed aveva posto fine a una guerra decennale contro l’Eritrea, meritandosi il Nobel per la pace. Come è possibile che adesso l’Eritrea combatta a fianco dell’Etiopia?

Purtroppo quella firma di pace si è concretizzata in questo, in una alleanza militare contro chi governava il Tigray, il Tplf.

Un’altra cosa che sfugge ai radar dei media internazionali è che gli Usa sostengono principalmente le forze ribelli del Tigray, perché ci sarebbe un forte interesse cinese in Etiopia, come in tanti paesi africani.

Sicuramente c’è anche questo e non è una novità. Quando c’era la Guerra fredda tra americani e sovietici, questi paesi si combattevano in Africa. Adesso succede lo stesso con la Cina. Le risorse naturali africane, per fortuna o per disgrazia, sono il 60% di quelle mondiali, tutti vogliono una fetta dell’Africa. A maggior ragione la Cina, che ne ha un bisogno disperato per mantenere la sua popolazione e il suo tasso di sviluppo. Gli americani davanti a questo non vogliono stare alla finestra. L’Etiopia per decenni è stata loro alleata e non ci stanno a farsi usurpare così facilmente.

Intanto chiese e missioni cristiane sono sotto attacco, in particolare la chiesa ortodossa, storicamente identificata con l’etnia Amhara, che per anni ha detenuto il potere. Perché?

Non è solo l’etnia Amhara a essere attaccata. È una specie di giustificazione per nascondere il vero motivo degli attacchi ai cristiani. Il cristianesimo in Etiopia è presente da 1700 anni, è l’unica nazione a maggioranza cristiana circondata da paesi islamici. C’è chi vuole costituire piccoli Stati musulmani soprattutto nel centro-sud del paese, attaccando le chiese. La roccaforte del cristianesimo è il Tigray: lì, dove c’era il regno di Axum, è nato il cristianesimo. Sono sempre stati i difensori del cristianesimo e indebolire loro vuol dire aprire le porte all’islam. L’Etiopia è sempre stata un paese aperto all’accoglienza, qui vennero i seguaci di Maometto cacciati dall’Arabia e trovarono ospitalità. Adesso c’è chi vuole trasformare l’Etiopia in uno Stato a maggioranza islamica o costituire piccoli califfati.

Tutta l’Africa centrale è sottoposta agli attacchi dei jihadisti: stanno cercando di infiltrarsi anche in Etiopia?

Sì, la distruzione delle chiese e delle comunità missionarie comboniane sono chiari segnali, si vuole fomentare la guerra fra cristiani e musulmani per mettere in atto il massacro dei cristiani. C’è chi approfitta di questo per rivendicazioni indipendentiste, ma sotto a tutto cova un preciso piano di islamizzazione violenta.

(Paolo Vites)

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