È sempre tempo di virus. Ma questa volta non si tratta di nuove varianti della Sars, per ora. Si tratta della violenza esplosa nelle periferie delle città francesi, e che diversi leader europei temono possa svilupparsi anche nei loro Paesi. Ed è possibile, perché il brodo di coltura in cui si sviluppa il malcontento consiste nello stesso modello di periferia in cui troppo spesso sono stati accolti e poi ammassati generazioni di migranti ben presto trasformati in sottoproletari, mai adeguatamente integrati, privi di servizi ed educazione, che hanno trovato nello spaccio di droga, nei furti e nel borseggio il modo più immediato di sbarcare il lunario. Pian piano si sono formati dei ghetti con case malandate e quindi a basso prezzo, in cui si sono ammassati gruppi sociali delle più diverse etnie, con religioni, abitudini, regole di vita del tutto diverse da quelle degli autoctoni.
Dovunque si sono creati degli universi paralleli, poco comunicanti tra loro e in contrasto per natura: polveriere pronte a esplodere per una miccia o un malaugurato e imprevisto incidente. Come già avvenuto negli Stati Uniti, in Francia la scintilla è scoccata a causa del comportamento di un poliziotto che ha ucciso un giovane pregiudicato magrebino che stava fuggendo in auto. Nonostante la sua stessa nonna abbia chiesto giustizia per il singolo caso invocando i rivoltosi a calmarsi, una grande rabbia repressa continua a esplodere in tutta la Francia con incendi, devastazioni di auto e mezzi pubblici, negozi, banche e assalti ai centri commerciali.
Mentre la guerriglia urbana non dà tregua a grandi città e piccoli paesi, il ministro dell’Interno afferma che “la situazione non è fuori controllo”. Dal canto suo, Macron ha pensato di dare la colpa ai social media, ignorando totalmente che sono mezzi di comunicazione che riflettono quello che succede e in cui è sempre passato di tutto. Ma non ha parlato dei film e dei cartoni animati di una violenza inaudita che tv pubbliche e private hanno diffuso da anni intorbidando la mente di bambini, ragazzi e giovani, sempre più incapaci di distinguere la realtà dalla fiction. E senza nemmeno accennare alle condizioni di assoluta precarietà in cui sono state abbandonate per lunghi anni tutte le banlieue.
Una reazione così stizzita e semplicistica sembra dare ragione alla diagnosi dello psichiatra Adriano Segatori, membro dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi, che aveva definito Macron un “evidente psicopatico”. Al di là di questo severo giudizio, che lasciamo al medico, colpisce la debolezza di pensiero di uno dei maggiori leader d’Europa, costretto a fronteggiare la rivolta degli immigrati, mentre altri suoi pari come Rutte, Trudeau, Marin devono fare i conti con i camionisti, gli agricoltori, e alla fine, con gli elettori in generale. Non a caso i leader citati sono stretti sodali di Klaus Schwab. Che hanno cominciato a irritare fasce crescenti di cittadini dei più diversi Paesi.
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