Il tetto al prezzo del gas si farà, ma con paletti ben precisi, a certe condizioni straordinarie e per un periodo limitato, si dice di tre mesi. La Commissione Ue sembra aver imboccato questa strada e una proposta legislativa verrà presentata oggi, da sottoporre poi giovedì e venerdì al Consiglio europeo. Intanto famiglie e imprese annaspano sempre più nel mare vorticoso del caro bollette. Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha comunque voluto rassicurare gli italiani: “Abbiamo messo in sicurezza il Paese, dovremmo fare una stagione invernale tranquilla. Gli stoccaggi sono pieni”.
Di tutt’altro tenore le minacce che arrivano da Mosca, dove Putin promette di negare il gas ai paesi che dovessero adottare il price cap, mentre secondo l’amministratore delegato di Gazprom non c’è alcuna garanzia che l’Ue abbia abbastanza gas per l’inverno: a suo dire, in caso di stagione particolarmente fredda, mancheranno “800 milioni di metri cubi, un terzo del consumo dell’Unione”. A chi dar retta? Possiamo stare tranquilli o dobbiamo prepararci a restare al gelo? Per Roberto Bianchini, partner Ref Ricerche e direttore dell’Osservatorio Climate Finance del Politecnico di Milano, “tutti e due hanno ragione, nessuno dei due ha ragione”.
Risposta un po’ troppo salomonica, non crede?
No. E il motivo è presto detto: la variabile climatica è molto importante. Un inverno particolarmente rigido può spostare diversi miliardi di metri cubi di gas di consumi domestici. E’ anche vero che in uno scenario di temperature normali dovremmo riuscire a traguardare l’inverno. Ma il messaggio di Cingolani è assai pericoloso.
Dove sta il problema?
Bisognerebbe da subito far capire ai cittadini che più risparmiano energia e più ne traggono vantaggio, oggi e domani.
Perché?
Oggi significa dare immediatamente al mercato un messaggio che i consumi si stanno riducendo in misura permanente e quindi il mercato stesso potrebbe reagire abbassando i prezzi negoziati.
E domani?
E’ vero che noi possiamo arrivare alla fine dell’inverno, ma ci arriveremo con le scorte ridotte a zero. Vuol dire che a marzo-aprile dovremmo ripartire con acquisti massicci di gas per riempire di nuovo gli stoccaggi prima dell’inverno 2023-2024. Ed è un po’ questo il senso delle parole pronunciate dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi.
Il Fmi dice che il prossimo inverno sarà peggio dell’attuale…
Che andrà peggio in realtà non lo sa nessuno. Sicuramente in Italia lo si capirà solo se e quando entreranno in funzione i rigassificatori di Piombino prima e Ravenna poi.
A proposito del rigassificatore di Piombino, lo stesso Cingolani ha ammesso: “Non ho certezze”. Ma ha subito aggiunto che proprio dai rigassificatori “dipenderà la sicurezza nazionale”. Abbiamo una tabella di marcia e la stiamo rispettando?
La stiamo rispettando sì e no, nel senso che resta un nodo autorizzativo da sciogliere. Lo Stato può ribadire che Piombino è un progetto strategico, ma il conflitto di competenze con le Regioni fa sì che non vengano automaticamente scavalcate tutte le autorizzazioni necessarie a livello regionale e locale. Autorizzazioni che stanno incontrando molte opposizioni sul territorio.
Che cosa sta facendo e che cosa dovrebbe fare l’Italia su questo fronte?
Va assolutamente accelerato il processo di connessione delle due navi che rigassificano il Gnl a Piombino e a Ravenna. E’ molto importante riuscire ad arrivare con Piombino allacciato entro settembre 2023, prima cioè del prossimo inverno, e con Ravenna all’inizio del 2024. Sono scadenze che vanno tassativamente rispettate, altrimenti rischiamo di perdere 10 miliardi di metri cubi di gas.
Brusca volatilità e ulteriori strappi all’insù del prezzo del gas non mancheranno certo e questo resta il problema maggiore. La Commissione Ue sembra intenzionata ad applicare un tetto al gas dinamico e temporaneo e – come ha ricordato qualche giorno fa il ministro della Transizione ecologica – “se il 20 ottobre si conclude bene sul price cap, avremo risolto la situazione”. Putin intanto ha ribadito: “Niente gas ai paesi con il price cap. La palla è in mano all’Europa”. Il price cap è la panacea di tutti i mali o può essere fonte di nuovi guai?
Qualsiasi meccanismo di manipolazione del mercato, e il price cap lo è, rischia di essere molto pericoloso. Non risolverebbe il nodo degli approvvigionamenti. Si possono stabilire bande di oscillazione, ma se si mettono dei tetti e i prezzi arrivano fin lì o addirittura li sfondano, a quel punto i produttori possono dirottare i flussi verso altre aree più convenienti.
I ministri Ue dell’Energia, riuniti a Praga, oltre alla riduzione della domanda, hanno deciso di puntare sulla solidarietà tra i 27 paesi e sugli acquisti comuni di gas. Può essere una mossa più efficace del price cap?
Sono misure che possono aiutare a ridurre il rischio di approvvigionamento e la competizione interna alla Ue. Attualmente, per esempio, c’è una competizione tra Italia e Germania nel tentativo di accaparrarsi il gas della Norvegia. Quindi un acquisto comune può far sì che si cerchi di negoziare in maniera condivisa e si eviti una rincorsa che può alimentare la spirale dei prezzi, riducendo così il pericolo di uno shortage delle materie prime energetiche.
Però?
Un acquisto comune in uno scenario di mancanza di offerta non farà certo crollare il prezzo, perché i produttori sanno che di quella commodity abbiamo bisogno.
Abbiamo altre armi a disposizione contro il caro energia?
La soluzione è rendere più trasparente il Ttf o aumentare i controlli sui mercati delle autorità di regolazione, evitando il più possibile le oscillazioni violente dei prezzi.
La Meloni è convinta che anziché inseguire la speculazione, perché mettendo sul piatto ulteriori risorse non si farà altro che alimentarla, sia necessario contrastarla e stroncarla. Come si può fare?
Premesso che non ci sono ricette magiche per combattere la speculazione, in uno scenario di minore disponibilità dell’offerta i prezzi stanno dando segnali “corretti”, seppur con picchi estremi. Il tema è agire sul lato domanda, riducendo, da un lato, i consumi e, dall’altro, cercando di limitare il più possibile la dipendenza dal gas.
In che modo?
Bisogna rimuovere le cause che hanno scatenato le tensioni di prezzo sui mercati. Occorre, per esempio, diversificare le forniture, ma anche allacciare le centinaia di gigawatt di impianti fotovoltaici che sono in attesa di esserlo per ritardi burocratici o di realizzazione. Tutto ciò potrebbe mitigare in misura consistente la domanda di gas e il costo per gli utenti finali.
Intanto, però, famiglie e imprese continuano a essere in apnea sul caro bollette. Le famiglie possono contribuire con una maggior attenzione ai risparmi energetici. Ma le imprese, oltre a nuovi ristori, come possono essere aiutate affinché non chiudano, accentuando un processo di desertificazione industriale e produttiva che è già preoccupante?
Il problema è molto complesso e di non facile soluzione, anche perché presenta aspetti differenti da settore a settore, se non da impresa a impresa. Un aiuto potrebbe essere quello di incentivare, con meccanismi di forte defiscalizzazione, gli investimenti nei processi di efficientamento energetico del comparto produttivo, tagliando così gli input di energia utilizzati.
Tutti i paesi europei stanno diversificando gli approvvigionamenti, spostando il baricentro sul Gnl, che però costa più del gas gassoso. E’ una scelta strategicamente utile?
Nel breve-medio termine è una scelta che consente di non dover attuare una transizione ecologica forzata o di dover riaccendere le centrali a carbone. Il Gnl offre minori vincoli nell’approvvigionamento, perché non si è troppo legati a un singolo paese fornitore.
Ma non appesantirà dal punto di vista economico la nostra bilancia energetica?
Sì, ma dipende appunto dall’orizzonte temporale: il Gnl è una soluzione temporanea. Di certo, se in passato non ci fossero state le forti opposizioni all’interconnessione del trasporto gas con il giacimento scoperto al largo delle coste di Cipro e di Israele, oggi avremmo un’infrastruttura di approvvigionamento in più. Un’opposizione che paghiamo cara.
(Marco Biscella)
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