I giornali tedeschi lo ripetono come un mantra: siamo in esercizio provvisorio, non abbiamo più la possibilità di dare soldi fuori bilancio alle aziende, prima o poi in UE qualcuno ci porterà il conto.
Le preoccupazioni dei media tedeschi sono giustificate e dovrebbero riguardare tutta l’Europa. Il gigante economico, esploso dopo il 2000 grazie ad una serie di variabili economiche favorevoli, si è ritrovato con i piedi di argilla. La locomotiva ha perso i pezzi e sono andati in fumo vent’anni di soft power martellante con cui la Germania ha ingannato l’Europa ma principalmente i propri lavoratori e cittadini.
Le imprese tedesche (agricoltori compresi) dal 2013 sono stati supportati su tre fronti: aiuti di Stato, bollette meno care (mediante accordi bilaterali con la Russia e gasdotto Nord Stream) ed espansione nei mercati asiatici, Cina in primis.
Gli agricoltori tedeschi hanno rinnovato le loro proteste e i blocchi stradali in risposta alle scelte del governo di Olaf Scholz, a cominciare dall’abolizione degli sgravi fiscali per il gasolio agricolo, resi necessari dalla riduzione della spesa pubblica dopo la crisi di bilancio (i famosi miliardi extra-debito consentito con cui Berlino ha aiutato la propria economia). Ma i tagli ai sussidi destinati al settore agricolo sono solo una parte di quello che accadrà a tutti i settori economici tedeschi, e sullo sfondo aleggia pure il fantasma di una crisi bancaria con istituti esposti (vi ricordate la riforma del MES che l’Italia non ha ratificato?).
Come ormai noto, i manifestanti agricoli hanno iniziato a bloccare gli accessi alle autostrade in Meclemburgo-Pomerania Occidentale, con il sostegno di aziende di trasporto che esprimono disagio per l’incremento dei pedaggi autostradali per i camion; inoltre si sono coordinati con i ferrovieri e gli allevatori. Ai primi non verrà rinnovato il contratto, ai secondi salteranno i sussidi. A questo va aggiunta la stretta “green” imposta dai verdi tedeschi al governo; stretta che penalizza le imprese tedesche ma che fino all’anno scorso era compensata da aiuti di Stato.
Lunedì scorso 560 trattori hanno raggiunto la Porta di Brandeburgo a Berlino, chiedendo sussidi e protestando contro il governo “semaforo” del cancelliere Scholz. Questa mossa fa parte di un’azione di protesta più ampia, caratterizzata da numerosi blocchi stradali che si è diffusa in tutta la Germania e che i media europei raccontano poco e male. È quella della Germania più industriale e rurale, finora aiutata da miliardi fuori debito.
Con una crisi di questa portata fa sorridere che lo spread resti ancorato ai titoli tedeschi. Per ora i mercati sono fermi in attesa della ripresa delle produzioni a regime, ma la crisi delle rotte commerciali aggraverà lo scenario. Tesla Germania si fermerà a fine gennaio: troppo costoso far arrivare i materiali dalla Cina. L’altro problema, ovvero la dipendenza dalla produzione cinese, si farà sentire in corso d’anno, dato che Pechino non garantisce più ciò che promise a Berlino nel 2010, ovvero una partnership bilaterale che aprisse le porte del Dragone all’Europa. L’attentato al Nord Stream (che consentiva export tedesco verso la Cina a basso prezzo) ha fatto chiaramente comprendere come gli Usa non ammettano una politica economica di penetrazione cinese in Europa.
I media tedeschi hanno già evidenziato la potenziale infiltrazione di gruppi di estrema destra nelle manifestazioni agricole. Dopo le recenti tensioni in Schleswig-Holstein, dove un traghetto con a bordo il ministro verde Robert Habeck è stato bloccato dai manifestanti, la polizia ha esortato tutti a mantenere un approccio pacifico nelle manifestazioni. Queste ultime rappresentano dunque un momento davvero critico per il Governo, dato che si intrecciano questioni economiche, politiche e di sicurezza pubblica. Uno scenario che in Germania non vivevano dal 1945.
Siamo ad un punto di svolta e questo avviene per un curioso paradosso, perché a mettere in crisi il sistema economico sono proprio le imprese foraggiate e coccolate fino allo scorso anno. Una rivoluzione “verde”, dove però il colore, stavolta, non è quello di Timmermans e von der Leyen ma quello dei contadini e dei trattori tedeschi. Le prossime elezioni europee saranno sicuramente uno spartiacque.
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