Il cattivo, come si sapeva in anticipo, è stato cacciato: hanno vinto i buoni. È questo il messaggio che passa dopo l’espulsione definitiva dall’Associazione nazionale magistrati di Luca Palamara, decisione che era già stata presa a luglio ma l’ex magistrato aveva presentato ricorso. Il confronto ha avuto toni estremamente duri, come se, appunto, si sia voluto scaricare tutto il male che è venuto a galla nella magistratura italiana su lui e lui soltanto: “La magistratura” ci ha detto in questa intervista Frank Cimini, già corrispondente de Il Mattino di Napoli, ed esperto di giudiziaria, fondatore del blog giustiziami “da tempo immemore ha perso ogni dignità del suo ruolo, è quella da cui è uscito fuori Palamara, è una roccaforte intoccabile verso la quale neanche il presidente della Repubblica, che è presidente del Consiglio superiore della magistratura, ha voluto prendere posizione”.
È arrivata l’attesa sentenza definitiva: il cattivo è stato cacciato, hanno vinto i buoni?
Quello che è accaduto era ampiamente scontato, visto l’andazzo. È la solita logica del capro espiatorio, dipinto oltre i suoi demeriti per dimostrare che loro sono diversi da lui, per nascondere che il problema non è Palamara e quello che dice. Il problema è l’intera magistratura.
Dunque resterà tutto così com’è?
Da tempo immemore l’Anm è quella che ha descritto Palamara, ma prima del famoso trojan quello che facevano i magistrati nessuno lo sapeva. Il trojan ha invece scoperchiato la realtà, è stato messo per scoprire Palamara ma in realtà ha portato fuori le responsabilità non solo penali, cosa che si si vedrà, ma quelle politiche e deontologiche di una intera categoria.
Ci faccia un esempio.
Palamara ha contribuito alla nomina ai vertici di vari uffici importanti di almeno 84 colleghi. Significa che ha avuto 84 complici che dalla decisione di ieri escono tutti assolti. Ma i metodi di Palamara erano metodi condivisi. Se gli dicono “la tua battaglia è la nostra”, se Francesco Greco, procuratore capo di Milano, gli dice “ci vediamo al solito posto” significa che c’era una condivisione in atto. I metodi che usano i magistrati, con gli accordi sotto banco, gli agguati fra di loro, sono molto peggio dei politici che tanto critichiamo.
Perché?
I politici sono eletti, la colpa è nostra che li votiamo, ma questi sono vincitori di meri concorsi, stanno lì e nessuno può più rimuoverli.
Qualcuno ha detto che adesso Palamara manderà avvertimenti, farà dei nomi.
Sicuramente ha delle cose da dire, bisogna vedere se le dirà e in che modo reagirà la magistratura. Ma il vero problema non è come reagisce l’Anm contro Palamara, il problema è che tutta la politica sta zitta. E poi tutti i giornali, tranne Il Dubbio, Il Foglio, Il Riformista, hanno liquidato l’espulsione di Palamara in massimo sessanta righe. In un paese civile con una dialettica democratica i giornali dovrebbero parlarne, ma in Italia sono dalla parte delle procure perché rispettano il potere che hanno.
E Mattarella? Tempo fa ci aveva detto che è stato zitto mentre avrebbe dovuto intervenire.
Mattarella ha fatto molto poco, in pratica niente, si nasconde dietro al fatto che come presidente del Csm non poteva fare di più. Invece poteva. È stato eletto da questo sistema di potere di cui fanno parte l’Anm e il Csm.
Ha le mani legate?
È lui che vuole avere le mani legate. Poteva fare, ma qui nessuno fa niente. Questo sistema va bene a tutti.
E Davigo? A ottobre scatta la pensione, che succederà?
Voglio sperare, ma non sono sicuro, che Mattarella non gli permetta di rimanere al suo posto. Compie 70 anni e deve andare in pensione. Se lo fanno restare lì è la ciliegina avvelenata su una torta marcia. Senza contare che può essere denunciato per danni erariali, perché non può prendere pensione e stipendio.