Il sistema giustizia vive davvero una crisi profonda che, fatte le debite proporzioni e con il rispetto massimo che si deve a chi non c’è più, sembra avere una carica virale niente affatto secondaria al Covid-19. Il nostro sistema giudiziario è in stallo pressoché totale. La macchina è praticamente paralizzata. Insieme forse solo con la scuola, l’unico settore del paese a non dare concreti segni di superamento della crisi.
Grazie unicamente a un emendamento di Fratelli d’Italia al Dl intercettazioni, è stata cancellata la norma che aveva prolungato la paralisi dei tribunali fino al 31 luglio (emendamento varato, per dovere di cronaca, con il parere favorevole sia del governo che dei due relatori di maggioranza), sancendo l’eliminazione della facoltà in capo ai magistrati di chiudere i tribunali, facoltà che si è rivelata un grave errore del governo.
In questo scenario, in cui tra l’altro continua lo scontro fra il ministro Bonafede e il pm Di Matteo, è nuovamente intervenuto sullo scandalo del Csm il Presidente della Repubblica con un richiamo dai toni aspri come non mai. Durante la cerimonia per gli anniversari dell’uccisione di Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Mario Amato, Gaetano Costa e Rosario Livatino, il presidente Mattarella ha duramente affermato come la fedeltà alla Costituzione “è l’unica fedeltà richiesta ai servitori dello Stato. L’unica fedeltà alla quale attenersi e sentirsi vincolati”.
Un discorso durissimo, incentrato esplicitamente in larga parte sul caso Palamara, le cui vicende “sono in amaro contrasto con l’alto livello morale delle figure che oggi ricordiamo. In quest’anno così difficile per la magistratura italiana cadono gli anniversari di magistrati che hanno perso la vita a causa del loro impegno”.
Mattarella ha poi subito ricordato come siano emerse “gravi e vaste distorsioni” nelle decisioni del Csm oggetto dell’inchiesta di Perugia, aggiungendo che “la documentazione raccolta dalla Procura della Repubblica di Perugia – la cui rilevanza va valutata nelle sedi proprie previste dalla legge – sembra presentare l’immagine di una magistratura china su stessa, preoccupata di costruire consensi a uso interno, finalizzati all’attribuzione di incarichi. Questo fenomeno si era disvelato nel momento in cui il Csm è stato chiamato, un anno addietro, ad affrontare quanto già allora emerso. Quel che è apparso ulteriormente fornisce la percezione della vastità del fenomeno allora denunziato; e fa intravedere un’ampia diffusione della grave distorsione sviluppatasi intorno ai criteri e alle decisioni di vari adempimenti nel governo autonomo della magistratura. Sono certo che queste logiche non appartengono alla magistratura nel suo insieme, che rappresenta un ordine impegnato nella quotidiana elaborazione della risposta di giustizia rispetto a una domanda che diventa sempre più pressante e complessa”.
Come non bastasse ha poi pronunciato una stoccata che suona come una vera umiliazione per i magistrati coinvolti. Il Presidente della Repubblica ha infatti formalmente denunciato “la modestia etica” emersa dalle carte dell’inchiesta. “Questo – ha proseguito – è il momento di dimostrare, con coraggio, di voler superare ogni degenerazione del sistema delle correnti per perseguire autenticamente l’interesse generale ad avere una giustizia efficiente e credibile. È indispensabile porre attenzione critica sul ruolo e sull’utilità stessa delle correnti interne alla vita associativa dei magistrati”.
Correttamente, egli ha poi tracciato la strada, evidenziando come la scuola superiore della magistratura debba assumere un ruolo decisivo per la formazioni etica e professionale dei magistrati, dedicando sessioni di studio apposite ai doveri di correttezza e trasparenza nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, chiosando poi sulla necessità di garantire nel nostro Paese il rispetto della legalità, legando a tale esigenza l’indifferibile impegno a recuperare la credibilità e la fiducia dei cittadini, così gravemente messe in dubbio da recenti fatti di cronaca.
È la prima volta che il Presidente della Repubblica, che la Costituzione designa come il presidente del Csm, si esprime con questi toni a fronte di ciò che la vicenda Palamara sta facendo emergere. La solennità del suo intervento non deve essere minimamente offuscata, anzi.
Certo c’è da chiedersi il perché solo adesso, ma la scelta di legare la denuncia sulla “modestia etica” alla commemorazione di cinque magistrati caduti nella lotta al terrorismo e alle mafie appare di una straordinaria potenza evocativa. La nostra magistratura, tutt’ora, è composta anche da persone eccellenti e di elevato spessore etico, ma quel sistema correntizio è così diffuso e ramificato che non ci si può non interrogare sul come e sul perché esso sia così tanto dilagato. La compiacenza, se non il supporto indiretto, di cui quel sistema si è giovato rende – ahimè – tutti in quota parte colpevoli. Negli anni le vere denunce di dissenso sono state assai scarse e d’altronde l’anno scorso quasi tutti si precipitarono ad additare la pecora nera Palamara, fingendo di non vedere né la guerra fra bande che era in atto né gli altri capo branco compromessi; giochino che solo l’evidenza delle carte processuali ha in parte ridimensionato.
L’aspetto su cui riflettere è che si sono registrate pochissime vere ammissioni di responsabilità in questi mesi. L’auspicio è pertanto che il grave monito del Presidente della Repubblica finisca di scuotere le coscienze di tutti i protagonisti e comprimari, spingendoli a farsi avanti, a denunciare il degrado, altrimenti non ci sarà riforma in grado di assicurare trasparenza e merito. Quello che si è palesato all’opinione pubblica è un vero e proprio sistema culturale di gestione del potere. Non lo si spacci per circoscritta degenerazione di pochi capi bastone. Non basterà fare tabula rasa di questi ultimi per garantire che le nomine dei titolari degli uffici giudiziari siano improntate unicamente al merito; dando ovviamente per scontato che il Presidente assicurerà in tutti i casi ai cittadini il costante controllo sull’operato dell’organo di autogoverno della magistratura.