“L’opzione referendaria costituisce legittimo esercizio di una prerogativa costituzionale”, ma “occorre essere consapevoli che l’eventuale approvazione dei quesiti referendari potrebbe comportare gravi ripercussioni sull’assetto costituzionale e sulle guarentigie di autonomia e indipendenza della magistratura, le quali costituiscono non privilegi di categoria ma garanzie irrinunciabili per tutti i cittadini”.
E’ quanto si legge nel documento approvato a larga maggioranza dal direttivo dell’Associazione nazionale magistrati. Qualche osservatore ha paragonato la nota a una sorta di fatwa contro i referendum promossi da Radicali e Lega. Ad allarmare il sindacato delle toghe sono soprattutto i quesiti su responsabilità civile dei magistrati, separazione delle carriere e custodia cautelare, perché rischiano di minare l’indipendenza della magistratura.
Ma per Claudio Martelli, ex Guardasigilli del Psi e oggi direttore dell’Avanti!, si tratta di un “rovesciamento plateale della realtà: è proprio l’Anm, con le malversazioni denunciate dagli stessi magistrati oggetto di generale riprovazione, che costituisce la principale minaccia all’autonomia e indipendenza di ogni singolo magistrato”. A dettare la nota dell’Anm, infatti, sempre secondo Martelli, è “la paura che il popolo si esprima in materia di giustizia”, tanto che “vedo che è improvvisamente nato un amore, non credo corrisposto, per le riforme che il governo ha messo in cantiere”.
Il Comitato direttivo centrale dell’Anm ha approvato un documento in cui critica i referendum sulla giustizia: “temiamo per i diritti dei cittadini” scrive il sindacato delle toghe. Che ne pensa?
L’ipocrisia non ha mai fine.
In particolare l’Anm stigmatizza i quesiti su responsabilità civile diretta dei magistrati e separazione delle carriere, perché “rischiano di condurre a una magistratura meno indipendente”.
L’Anm rovescia in modo plateale la verità che tutti conoscono. Non sono i referendum che rischiano di condurre a una magistratura meno indipendente e a un pubblico ministero sganciato dalla giurisdizione e privato dei compiti di garanzia che l’ordinamento gli riserva. E’ esattamente il contrario: è proprio l’Anm, con le malversazioni denunciate dagli stessi magistrati oggetto di generale riprovazione, che costituisce la principale minaccia all’autonomia e indipendenza di ogni singolo magistrato.
Anche la custodia cautelare è finita nel mirino dell’Anm…
Che la custodia cautelare sia vista come un presidio avanzato di tutela della sicurezza collettiva il concetto si commenta da sé. Arrestare e tenere in gattabuia dei cittadini innocenti fino a prova contraria è una lesione di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
Con questa nota è come se l’Anm dicesse: l’istituto del referendum non si applica alla magistratura, che si ritiene un settore irriformabile?
Così è stato a lungo nel passato, ma adesso siccome la paura fa novanta – intendo la paura che il popolo si esprima in materia di giustizia – vedo che è improvvisamente nato un amore, non credo corrisposto, per le riforme che il governo ha messo in cantiere.
Il presidente Santalucia ha affermato: “Credo che spetti all’Anm una ferma reazione”. Sulla riforma della giustizia i magistrati sono pronti a dare battaglia?
Un conto sono i magistrati, un conto l’Anm, un’associazione privata, mezzo sindacato e mezzo partito, che come hanno denunciato autorevolissimi magistrati è il cancro della magistratura.
L’Anm, secondo lei, ha voluto mandare un messaggio anche alla politica e indirettamente al ministro Cartabia?
Sì, come ho detto prima: si sono improvvisamente innamorati della riforma che ancora non si sa quale sarà. Anziché un referendum, preferirebbero una riforma.
Alla nota dell’Anm la ministra Cartabia ha risposto che “Ci vorrebbero più Livatino”, cioè più magistrati che svolgono un’azione nascosta, con disciplina e onore, come l’articolo 54 della Costituzione chiede ai funzionari pubblici. Una critica non troppo velata al circo mediatico-giudiziario?
Il circuito mediatico giudiziario non c’entra, credo che si riferisca agli scandali che hanno colpito la magistratura. E non si riducono al caso Palamara: è il sistema Anm che ha sequestrato la volontà dei magistrati italiani lo scandalo, perché lo ha usato per scopi di potere, per ambizioni personali, usando metodi illegittimi e illegali.
La riforma dell’ordinamento giudiziario in Italia è un tema sempre incandescente, su cui molti governi hanno dovuto gettare la spugna. Draghi e il ministro Cartabia riusciranno nell’impresa?
Me lo auguro vivamente.
Dove potrebbero incontrare le maggiori resistenze?
Tutti sanno che l’ostacolo più impervio è rappresentato dal Movimento 5 Stelle, che perso ogni altro requisito d’identità vuole conservare quello di partito delle procure.
Alla nutrita rappresentanza parlamentare del M5s potrebbero aggiungersi anche i dem? Vista la sua mancanza di coraggio quando si parla di riforma della giustizia, il Pd potrebbe offrire una sponda in grado di ostacolare o addirittura smontare parti del progetto di riforma?
Non posso credere che il Partito democratico arrivi a tanto, specialmente dopo la presa di posizione di Goffredo Bettini, favorevole ai referendum, come lo sono in cuor loro moltissimi democratici.
A lei, che è stato ministro della Giustizia, sottopongo la stessa domanda che fa tremare le vene ai polsi del ministro Guardasigilli: come possiamo tornare ad avere fiducia nella giustizia?
Ci vuole un cambiamento profondo, radicale nella cultura dei magistrati e nella volontà politica di assicurare una giustizia che sia civile, imparziale, al di sopra di ogni sospetto.
Nel pieno del caso Palamara, lei aveva suggerito di chiudere l’Anm. E’ ancora di quel parere?
Le buone idee sono sempre attuali.
(Marco Biscella)
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