È dagli anni Settanta, quando la Procura della Repubblica di Roma era nelle mani di Carmelo Spagnolo, che i radicali, e poi quasi tutti, si rifecero, per darne un giudizio, a un testo scritto nel 1932 da Georges Simenon, Le port des brumes, che poi nel 1938 divenne un film famoso di Marcel Carné, con Jean Gabin e Michèle Morgan, con il titolo Quai des brumes.
Per quale ragione ci fu questo revival? Perché furono i radicali per primi che intitolarono la Procura di Roma, con la traduzione italiana, il “porto delle nebbie”? Sensibili ai problemi della giustizia, i radicali vedevano in quella procura un posto, come nel libro e nel film, dove poteva capitare di tutto e dove tutto appariva oscuro e drammatico.
Difficile illustrare bene l’atmosfera di quei tempi, anche se i giornali attuali riprendono quel titolo, per descrivere quello che sta accadendo in questi mesi alla Procura della capitale. Oramai i fatti riguardanti la magistratura italiana sono diventati un bestseller con il libro Il sistema di Alessandro Sallusti e Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati ed ex membro del Consiglio superiore della magistratura, ma oggi radiato dalla stessa magistratura.
In più sono ormai mesi e mesi che le sorprese sulla giustizia italiana, su come viene gestita, soprattutto da parte dei pubblici ministeri, riservano colpi di scena a ripetizione che hanno ridotto la credibilità della magistratura a percentuali molto basse, se non al lumicino.
Recentemente Stefano Zurlo, giornalista de Il Giornale, ha scritto una raccolta tra le più impietose che si possano immaginare, Il libro nero delle ingiuste detenzioni, dove appare l’elenco di persone rovinate da errori giudiziari, ingiuste e prolungate carcerazioni e in più mai risarcite giustamente per le sofferenze, morali e materiali che le persone colpite avevano subìto.
Su questo sfondo che dura da anni, e che fu documentato drammaticamente dal caso di Enzo Tortora, si è spesso ignorata la natura inquisitoria che esiste in uno stato democratico come dovrebbe essere l’Italia. La presunzione di innocenza, la terzietà del giudice e la distinzione tra accusa e difesa sembrano quasi sconosciuti in Italia, tanto che più volte è intervenuta la Corte europea per i diritti dell’uomo a consigliare, correggere e cambiare le sentenze. Ma in campo giudiziario i veri europeisti si contano sulle dita delle mani.
Ora, in tutta questa situazione problematica per la giustizia italiana, arriva un altro colpo di scena: il procuratore di Roma, Michele Prestipino, verrà sostituito dal procuratore di Palermo, Franco Lo Voi. Persino Il Fatto Quotidiano si stupisce e spiega che “La procura nella capitale sembra la protagonista di un film pieno di colpi di scena”. E ricorda che “Il 23 maggio 2019 era destinato a succedere all’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, il procuratore generale di Firenze, Marcello Viola”. Ma Il Fatto notoriamente non si era accorto dei colpi di scena storici della magistratura italiana e ora si stupisce perché Prestipino dovrà lasciare. In tutti i casi che cosa sia successo nell’equilibrio delle correnti del Consiglio superiore della magistratura è un fatto per “iniziati di misteri”.
Comunque, sempre in attesa che il governo o i referendum portino le dovute riforme alla giustizia e anche al Consiglio superiore della magistratura, si è saputo che Francesco Lo Voi è diventato il candidato principale per la procura generale.
Nella commissione preposta del Csm, un solo voto è andato al procuratore di Firenze, Marcello Viola, mentre Prestipino non ha avuto alcuna preferenza.
Al contrario la nomina di Lo Voi è stata proposta dal laico di Forza Italia, Alessio Lanzi, e sostenuta dal presidente della Commissione, Antonio D’Amato, di Magistratura indipendente, e dai togati Alessia De Moro di Area e da Ciambellini di Unicost. Neanche fosse un’elezione tra aree politiche, in toga e senza toga, tanto per cambiare. La candidatura alternativa di Viola è invece proposta da Sebastiano Ardita di Autonomia e Indipendenza. C’è stato anche l’astenuto, per ragioni di procedimento, l’esponente laico del Movimento 5 Stelle, Fulvio Gigliotti. A questo punto, dopo la scelta i due nomi verranno sottoposti al ministro della Giustizia, Marta Cartabia, che dovrà esprimere un parere sui due candidati. Infine deciderà il plenum del Consiglio superiore.
Forse occorre ricordare che il sistema delle correnti nella magistratura contempla Area (di sinistra), Unicost (moderati), poi la corrente di Piercamilllo Davigo, Autonomia e Indipendenza, infine Magistratura indipendente, che si riferisce alla destra. Non si può immaginare che le correnti siano perfettamente sovrapponibili alle formazioni politiche e ai partiti, ma non si può neppure escludere che ci siano riferimenti precisi, visto quello che è accaduto in questi ultimi trent’anni e con la sfilza di indagati anche nella magistratura con contrapposizioni durissime all’interno, tanto da far pensare alla frase del presidente Francesco Cossiga: “Questi non si fermeranno finché non si sono arrestati a vicenda”.
La storia sulla nomina alla procura di Roma sta diventando lunga e complicata. Il Csm aveva nominato a marzo del 2020 Michele Prestipino, fedelissimo di Pignatone, procuratore di Roma. Gli sconfitti in questa nomina avevano impugnato davanti al giudice amministrativo la nomina di Prestipino, avendo ragione sia in primo che in secondo grado. Il Tar e il Consiglio di Stato avevano stigmatizzato la motivazione principale di Palazzo dei Marescialli per giustificare la promozione di Prestipino, quella del radicamento territoriale. Va aggiunto, inoltre, che la votazione del Csm a favore di Viola nel maggio 2019 era stata annullata dopo lo scoppio di quello che ormai si chiama Palamaragate.
I partecipanti alla riunione dell’Hotel Champagne avevano già nominato Prestipino a sua insaputa. Stupendo!
Tutto questo è il segno palese della crisi della giustizia italiana, di procure che sono allo sbando, comunque vada a finire la nomina attuale del nuovo procuratore di Roma.
E presto si dovrà parlare della “polveriera” della procura di Milano, così discretamente sottaciuta dai “grandi media”, e infine della nomina del nuovo procuratore nazionale antimafia, che deve sostituire Federico Cafiero de Raho.
Ma quando cambieranno le regole? Con un sistema giudiziario come il nostro c’è da sentire i brividi sulla schiena.
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