È inevitabile e lecito chiedersi se questo governo possa durare ancora per due anni e portare a compimento la legislatura. Il fatto positivo, avvenuto giovedì in Parlamento, del voto convergente tra maggioranza e opposizione sul cosiddetto scostamento di bilancio, cioè nuovo debito per un’altra iniezione di liquidità e interventi a favore di varie categorie e di varie necessità, potrebbe essere viziato, se così si può dire, da uno scambio di favori tra il governo e il Cavalier Berlusconi, in posizione strategica nel centrodestra, per la tutela della sua Mediaset.
È giusto e significativo tutelare da una scalata estera un’azienda italiana. Quindi il fatto di bloccare, con un provvedimento ad hoc, le mire di Vivendi di Vincent Bolloré su Mediaset, va annoverato certamente tra le note positive.
Ma occorre vedere, in un momento come questo, dove soprattutto i francesi sembrano interessatissimi alle tante aziende italiane in difficoltà, se la “tutela” contro Vivendi verrà adottata anche per altri obiettivi di Bolloré e se magari ci si accorge delle manovre del Credit Agricole su realtà bancarie italiane.
Il “senso di responsabilità” di Silvio Berlusconi ha contagiato persino il presidente della Camera, uno dei leader del Movimento 5 Stelle, Roberto Fico. Visto l’andamento costante in questi anni della politica italiana si potrebbe parafrasare (per carità senza alcuna confusione di valori antropologici) la frase di Enrico IV di Francia: uno scostamento val bene un elogio. Anche a chi è stato cacciato dal Parlamento.
Può anche darsi che tutto questo abbia poco significato, ma vista la costante contrapposizione nel governo tra grillini e Pd, vista la situazione di confusione e di possibile spaccatura all’interno del M5s, il grande spirito di collaborazione e solidarietà tra tutte e forze politiche e tutte le istituzioni richiesto dal presidente della Repubblica sembra interpretato come un obbligo più formale che sostanziale, per non addentrarci in altre definizioni. E la domanda che sorge spontanea è: quanto può durare questa collaborazione e solidarietà trovata in Parlamento tra forze politiche contrapposte?
Immaginiamo, solamente per un attimo, che cosa sarebbe accaduto se lo scostamento fosse passato per pochi voti, o addirittura fosse stato bocciato, dati i numeri in continua oscillazione soprattutto al Senato.
Ma siamo solo a un episodio, perché subito dopo si deve pensare che è stata risolta solamente ieri sera (facendo gli scongiuri) la questione del commissario alla sanità della Calabria, con il prefetto Guido Longo, dopo l’ultima rinuncia di Agostino Miozzo, perché chiedeva precise garanzie che gli sono state seccamente negate dalla stessa presidenza del Consiglio. E allora si ha un’immagine della realtà politica che sta vivendo l’eterogenea maggioranza che governa il Paese. Per un mese la Calabria, relativamente alla sanità, ha visto di tutto e di più, in quanto a commissariamenti e a nomine improvvisate, respinte, abbandonate, che sembrava di vivere una sorta di parodia del Festival di Sanremo, nel mezzo di una grande tragedia come quella della pandemia.
È vero che la crisi della democrazia e la polarizzazione tra le forze politiche sta diventando una malattia, quasi un virus che coinvolge quasi tutti i Paesi dell’Occidente storicamente democratico, ma gli esempi che fornisce la democrazia italiana rivelano una patologia che sta imballando un sistema, sentenziandone una crisi di gravità inquietante. C’è un sistema impantanato e una democrazia imballata.
Terminata questa settimana complicata, ci si prepara già al nodo cruciale del dibattito nel governo nei prossimi giorni: la contrapposizione durissima sul Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che potrebbe fornire 37 miliardi di euro per la sanità italiana. Ormai questa contrapposizione dura quasi da un anno. Non è più rinviabile una decisione. E non ci sono mediazioni possibili, a quanto sembra, dalle dichiarazioni dei leader che formano la maggioranza.
In definitiva, dal presidente del Consiglio, passando per tutti i leader grillini, il Mes è roba proibita, quindi da respingere. Il Pd invece insiste per l’arrivo di quei soldi. E il motivo è chiaro: tutte le vicende legate al Recovery Fund, cioè al Next Generation Eu sono sempre più complicate (soprattutto per i tempi) dall’atteggiamento apparentemente negativo di due Stati, Polonia e Ungheria, quest’ultimo con un leader criticato da tutti ma membro del Partito popolare europeo di Frau Merkel. Una contraddizione quasi stridente.
Quindi, questo “braccio di ferro” sul Mes all’interno del governo non sembra proprio più rinviabile e comincia a fornire dubbi anche sulla tenuta dell’attuale governo e sui futuri assetti politici italiani, sempre più immersi nella confusione, ormai congenita, sia della cosiddetta maggioranza che della cosiddetta opposizione.
Il problema alla fine è che, al di là delle contrapposizioni, della polarizzazione e delle improvvise unità parlamentari, forse interessate, si assiste a una sequenza di scelte improvvisate e a una totale assenza di visione politica che comprenda scelte economiche e sociali per il futuro.
Nel Paese c’è rassegnazione, rabbia e rancore (lo ripete l’annuale rapporto del Censis) e molti vedono con preoccupazione non solo i mesi invernali per l’andamento della pandemia, ma anche il ritorno della primavera, quando avverrà lo sblocco dei licenziamenti e un numero imprecisati di imprese non apriranno più i battenti.
Al momento, per cercare altre divisioni, si discutono i criteri per passare da “giallo” a “rosso” (ieri tre regioni tra cui la Lombardia sono approdate all’arancione) secondo algoritmi che sembrano incomprensibili. Si discute quindi su “come ci si deve comportare a Natale” e riaffiora la possibile riapertura delle scuole per un breve periodo, per onorare dopo pochi giorni le vacanze. Ma il dramma della scuola chiusa, così come non è stato affrontato per mesi, resta in alto mare per i trasporti e gli orari che si accavallano in una confusione che fa il pari con il gioco politico.