Si sostiene che la novità, in questa fase della vicenda politica italiana, sia il riemergere del centrodestra come coalizione in grado di rappresentare una alternativa di governo. “L’adunata” di piazza San Giovanni ne confermerebbe le ambizioni. A quanto pare, la manifestazione di Roma, più che una “passerella militante”, è stata la prova che il centrodestra esiste ed è unito. Un comizio non è un intervento a un congresso, né un testo programmatico e tuttavia i toni e i contenuti dei discorsi dei leader sono apparsi nel complesso privi di forzature e oltranzismi. Anche sulla questione più delicata, il rapporto con l’Unione Europea, non è emerso un antieuropeismo pregiudiziale né tanto meno si sono colte tracce di “putinismo”.
Due mesi fa Salvini rappresentava, così si sosteneva a sinistra, il pericolo per la democrazia italiana e per l’Europa. Possibile che, in meno di due mesi, a destra si sia avviata un’operazione politica che fa del centrodestra una coalizione di governo? Possibile?
Ad agosto si sbagliò analisi, si smarrì il senso della misura nel valutare la crisi italiana. Non eravamo a Weimar né all’ottobre del 1922. Eravamo ad un passaggio tormentato di una crisi difficile. La verità è che la demonizzazione di Salvini fu l’argomento cui si fece ricorso per giungere ad un accordo tra Pd e grillini. Si sostenne che con Salvini vittorioso alle elezioni si rischiava l’uscita dell’Italia dall’euro, un cambio delle alleanze internazionali. Fu una semplificazione. Un’analisi improvvisata e superficiale che impedì di ragionare. Il sovranismo di cui Salvini era uno dei principali assertori aveva subìto una rotta in Europa alle elezioni del 26 maggio. Gli equilibri politici europeisti a Bruxelles non erano stati travolti come prevedevano Di Maio e Salvini.
Entrambi erano stati costretti, dalla fermezza della Commissione europea, a rinunciare ai propositi dissennati a più riprese avanzati dal governo giallo-verde. Il Nord del Paese, dove la Lega ha il suo radicamento, non avrebbe mai seguito Salvini in un’avventura contro l’euro. L’inaudita vicenda della Brexit aveva fatto intendere ai cittadini il rischio enorme di mettersi sulla strada di un abbandono della moneta unica.
Di tutto ciò non si discusse. Prevalse la tesi che sarebbe stata una rovina andare ad elezioni che avrebbe vinto il leader leghista. Questo l’errore di cui oggi rischiamo di pagare le conseguenze.
Salvini non andava sottovalutato. Tutt’altro. Andava affrontato, ma non con una manovra parlamentare. Andava affrontato sfidandolo dinanzi agli elettori italiani. Facendo intendere, in un rapporto diretto con i cittadini, i rischi per il Paese di un governo di destra. Una battaglia di cui il Pd avrebbe assunto la guida. Dove sta scritto che la si sarebbe persa?
Se l’intesa con i 5 Stelle serviva per ridimensionare la Lega e impedire al centrodestra di candidarsi al governo del Paese con possibilità di successo, tali obiettivi, per il momento, si sono allontanati, in quanto la sensazione è che il governo possa ritrovarsi di colpo appeso ad un filo.
Di Maio, scrive Massimo Franco, mentre la sua leadership nel Movimento è traballante, cerca di ritagliarsi il ruolo di “uomo forte”; Conte, il premier, è costretto a mediazioni multiple e continue, in un governo in cui a prevalere sono i calcoli di convenienza dell’uno e dell’altro. E domenica si vota in Umbria!
Non meno scandalo per la ricerca di intese nelle elezioni regionali tra Pd e 5 Stelle. È quasi inevitabile: si sta insieme al governo nazionale, perché non provare a fare lo stesso nelle città e nelle Regioni? È una deriva inarrestabile. Il punto vero è che l’accordo tra grillini e Pd non è accolto favorevolmente dagli elettori. Così stanno le cose.
In quanto a Italia Viva, se l’ambizione di Renzi è conquistare elettori provenienti da Forza Italia, ho l’impressione che i conti non tornino. Lo ha ricordato con la sua tradizionale chiarezza Giuliano Urbani, intellettuale di area liberale, tra i fondatori di Forza Italia: “Renzi ha creato le condizioni perché nascesse il Conte bis, quale elettore di centrodestra può preferire un governo M5s, Leu e Pd a Salvini?”.
Inoltre è evidente che un centrodestra che assuma caratteri costruttivi e di governo rende oltremodo improbabile il passaggio di elettori moderati e liberali verso il partito di Renzi. Italia Viva sottrarrà qualcosa al Pd, ma rischia di risolversi in una piccola cosa. In realtà, più che la scissione c’era bisogno di ingaggiare una battaglia per evitare che il Pd perdesse il carattere di partito popolare e riformista. Di battersi per una riforma elettorale fondata sul doppio turno. Sfidare la destra e la Lega in campo aperto. C’erano energie riformiste nel Pd disponibili a farlo. Renzi ha scelto una strada che ahimè, ho paura non lo porterà lontano.