Cominciano a emergere i contenuti della legge sulla sicurezza varata dal Congresso popolare, il parlamento cinese, appositamente per Hong Kong. Pechino istituirà “un’agenzia di sicurezza nazionale” che si dovrà “coordinare” con la commissione basata ad Hong Kong. Questo, ci ha spiegato Francesco Sisci, sinologo e giornalista da più di trent’anni in Cina, “significa minacciare Hong Kong di repressione e di privazione della libertà di espressione”. Ma – ci ha detto ancora – questo tentativo di riassorbire l’ex colonia inglese nella Cina Popolare senza un piano comprensivo basato anche sugli aspetti sociali ed economici “rischia di ritorcersi contro gli interessi di Pechino stessa”.



Cosa significa l’istituzione di una agenzia di sicurezza coordinata con quella già esistente a Hong Kong?

Si tratta di dare attuazione alla modifica della Basic Law (quella concordata con il Regno Unito al momento della fine della colonizzazione, ndr) fatta dal Congresso popolare di Pechino. Significa una serie di misure che ancora non conosciamo per l’ordine pubblico. Già questo annuncio da una parte dovrebbe spaventare i giovani che continuano a manifestare.



In che senso?

Nel senso che fino a oggi un manifestante veniva arrestato e rilasciato dopo un paio di giorni, oggi potrebbe anche essere deportato nella Cina Popolare, ma sono ipotesi.

Dagli Usa al Giappone è già stata firmata una nota di denuncia che questa iniziativa potrebbe portare alla fine della legge attualmente in vigore, che si basa sul principio “un paese, due sistemi”. Ma questo sistema ha ancora valore?

Eccome. Ci sono due monete, due ordinamenti giuridici, due organizzazioni sociali. La moneta cinese è solo parzialmente convertibile, il dollaro di Hong Kong è pienamente convertibile. Il problema è che venendo meno la libertà di espressione a Hong Kong si mina la separazione fra un paese e due sistemi. Se si mina questo si mina anche l’aspetto finanziario, Hong Kong si indebolisce come piazza finanziaria.



Quindi? La popolazione di Hong Kong è consapevole di tutto questo?

Certo, perché dietro all’ordine pubblico ci sono problemi politici, interni, sociali, di governabilità. La gente si sente colonizzata da Penchino. Sorgono anche problemi di affidabilità della Cina negli accordi internazionali.

Mentre Pechino vuole affrontare tutti questi problemi con la scorciatoia dell’ordine pubblico? Che cosa comporta?

Senza gestire gli altri rischia di far saltare tutto. C’è un passaggio storico che quasi nessuno sa.

Quale?

Quando ci fu la strage di piazza Tienanmen si agì sull’ordine pubblico, ma c’era anche un’idea politica: andiamo e sgombriamo la piazza – l’idea di ordine pubblico –, con l’appoggio americano che di fatto sosteneva la repressione perché allora, nel giugno 1989, i cinesi servivano ancora in funzione anti Unione Sovietica.

E l’idea politica?

Intorno a quella repressione la Cina mise in moto misure politiche e sociali che comprarono il consenso degli studenti. Prima questi ragazzi erano sottoposti a un enorme controllo sociale della vita privata, dopo la vita privata è stata liberalizzata e sono stati incoraggiati a mettersi in affari. Dalla politica all’economia. In questo modo hanno avuto un interesse concreto nel mantenimento dell’ordine politico.

E la Cina è diventata una potenza economica.

Dal 1992 con l’elezione di Clinton fin quasi alla fine degli anni 90 gradualmente si è sviluppata una polemica americana che accusava la Cina di rubare proprietà intellettuale. Questa polemica creò una saldatura, che non esisteva, tra questa nuova classe di ex giovani di Tienanmen con il governo. Chi rubava la proprietà erano i giovani che qualche anno prima erano a Tienanmen e il governo cinese oggi li proteggeva, mentre l’America li accusava.

Oggi però il quadro è diverso, i cittadini di Hong Kong sono già mediamente ricchi e godono di libertà privata.

Infatti oggi le condizioni sono diverse, i rischi molto maggiori e manca l’appoggio americano. I problemi sono sociali, i cittadini dell’ex colonia si sentono discriminati rispetto l’invasione dei pechinesi, c’è un certo impoverimento, una piccola percentuale di ricchi che ha tutto mentre la maggioranza si impoverisce e ci sono rischi internazionali, cioè un isolamento progressivo della Cina rispetto al mondo. A tutte queste cose Pechino non dà risposta, si occupa solo dell’ordine pubblico, invece devi avere un approccio complessivo. Ma se arresti i facinorosi senza dare risposte complessive rischi di mandare per aria tutto il sistema, vai contro gli interessi stessi di Pechino.

(Paolo Vites)