Una data estremamente significativa, quella celebrata ieri a Pechino, i 70 anni dalla nascita della Repubblica Popolare Cinese. 70 anni in cui il comunismo cinese, attraverso cambiamenti, svolte, eventi anche drammatici, è riuscito a mantenere il potere, a differenza di crolli clamorosi come quello dell’Unione Sovietica. Francesco Sisci, già corrispondente de La Stampa da Pechino ed editorialista de Il Sole 24 Ore, ci ha spiegato i punti salienti del discorso dell’attuale leader, Xi Jinping: “È stato un discorso dai toni ampiamente concilianti, sia dal punto di vista interno che internazionale, con un particolare occhio a Hong Kong dove si vuole evitare nonostante la situazione la repressione violenta”. Proprio nella giornata della celebrazione infatti, a Hong Kong si è registrato il primo caso di un manifestante colpito da un colpo di pistola sparato da un poliziotto. Il giovane è in gravi condizioni ma, sembra, non in pericolo di vita: “Questo drammatico incidente ci dice della situazione esplosiva della ex colonia inglese” ci ha detto ancora Sisci “che rischia di trasformarsi in una Belfast orientale, con una situazione di scontro endemico”.
Cosa ha detto di significativo Xi Jinping nel suo discorso? Quali i punti degni di nota?
Ha sottolineato vari concetti importanti, resi ancora più importanti dall’occasione in cui li ha pronunciati. Ad esempio, dopo anni che in Cina non lo si faceva più, ha parlato di nuovo di sviluppo pacifico della Cina, particolarmente significativo in questo difficile momento a livello internazionale. Un ritorno quindi a una retorica più conciliante.
Questo nonostante in piazza abbiano sfilato per la prima volta in pubblico i temuti missili intercontinentali DF14, in grado di raggiungere gli Stati Uniti?
Sì, la dimostrazione di forza militare non è mancata, ma l’atmosfera era più circense, di festa, che un tentativo di mostrare i muscoli. Non a caso a pensare alle scenografie è stato chiamato lo stesso regista che organizzò l’apertura dei giochi olimpici del 2008. Eravamo ben lontani dall’atmosfera di analoghe celebrazioni sovietiche. Ha parlato anche di ringiovanimento nazionale, cioè un risveglio nazionale, cosa che fa pensare a una nuova fase di grandi riforme per il futuro.
Ha parlato di desiderio di prosperità a Taiwan e a Macao: che senso ha nel momento in cui Hong Kong sembra precipitare nel caos?
Ha parlato di prospettive di crescita comune con le due ex colonie, allontanando lo spettro di una volontà di repressione dura. È stato chiaro il desiderio di stendere la mano ed evitare una nuova Piazza Tiananmen.
Sembra che a Hong Kong intanto la situazione stia sfuggendo di mano a tutti: dove vogliono arrivare questo manifestanti?
L’episodio del diciottenne colpito da un poliziotto è drammatico e arriva in un crescendo di violenza da parte dei manifestanti con l’uso sempre più massiccio di bombe molotov e acidi velenosi. I poliziotti hanno paura. Certo che sparare al petto a un manifestante cambia le regole del gioco, c’è una atmosfera di grande nervosismo.
Come giudica quanto successo?
Nella situazione attuale di scontro è purtroppo nell’ordine delle cose. Il fatto che sia successo proprio il giorno del 70esimo anniversario della Cina popolare è un’offesa per lo stesso Xi Jinping, che non sta cercando il morto e men che mai lo cercava in questa giornata.
Che prospettive ci sono?
Ci sarebbe bisogno di calmarsi e di dialogare. È uscito proprio qualche giorno fa in America un saggio che dice che Hong Kong potrebbe diventare la nuova Belfast, con una situazione endemica di violenza anche estrema. Il passo dei manifestanti verso l’uso delle pistole è breve. Da parte di Pechino sembra chiara la volontà di non esasperare i toni e di non ripetere quanto successo in Piazza Tiananmen.
Proprio il giorno della celebrazione è arrivato in Europa, ieri in Italia, il segretario di Stato americano Mike Pompeo. Solo una coincidenza o un segnale?
Pompeo è arrivato in Italia proprio il giorno del 70esimo anniversario; nella diplomazia nulla è a caso, hanno scelto questo giorno.
Perché?
Potrebbe essere un segnale americano all’Italia di ridurre se non smettere i rapporti privilegiati con la Cina. Non dimentichiamo che è venuto a incontrare Conte e Di Maio, proprio le due persone che hanno firmato il memorandum con la Cina.