La protesta continua, ma il regime non crolla. Anzi, dà l’idea di essere ancora molto solido. La teocrazia iraniana ha al suo attivo più di 40 anni di vita, sa come maneggiare il potere e ora ha trovato un alleato importante come la Russia: anche per questo mantiene la sua forza e non sembra vacillare nonostante i disordini. Rony Hamaui, docente di scienze bancarie, finanziarie e assicurative all’Università Cattolica di Milano ed esperto di economia e finanza islamica, non vede crepe nel Governo degli ayatollah, anche se il malcontento nel Paese è diffuso.
Professore, il regime in Iran continua la repressione, ma il Paese ha anche un’importanza geopolitica e alleanze con nazioni importanti che creano un contesto in cui è difficile pensare a una sua caduta.
Anche da parte occidentale c’è molta ipocrisia: fino a sei mesi fa i nostri turisti potevano girare tranquillamente nel Paese, i viaggi sono stati sospesi solo negli ultimi tre mesi per motivi di ordine pubblico, non politici. L’embargo dura da molto tempo, ma viene superato attraverso le triangolazioni. L’esempio più macroscopico è la Turchia, apparente alleato occidentale, che ha sempre triangolato i Paesi sanzionati, affievolendo molto il valore di queste sanzioni. Se si guardano le esportazioni e le importazioni turche dalla Russia negli ultimi sei mesi si vedrà che hanno avuto un’impennata pazzesca. Quando lavoravo in banca vent’anni fa era chiaro che tutto il petrolio iraniano passava dalla Turchia. I turchi sono maestri in questo genere di cose: tu imponi sanzioni all’Iran, ma il tuo principale alleato nel Mediterraneo orientale triangola con i tuoi nemici e tu lo sai.
La vicenda dei droni da questo punto di vista è emblematica.
I droni iraniani vengono usati a centinaia in Ucraina. Quello dei droni è caso molto interessante, perché dimostra che la tecnologia iraniana non è affatto così arretrata. Abbiamo avuto esempi di droni che hanno colpito l’Arabia Saudita e non solo. Ma con la guerra in Ucraina droni che costano 2-3-4mila euro, efficientissimi, vengono venduti a centinaia ai russi. L’Iran non è un Paese arretrato, non lo è dal punto di vista tecnologico, militare, industriale.
Intanto la protesta continua. Ma perché, visto che il regime dura da oltre 40 anni, è scoppiata proprio adesso?
Non lo so. Certo, la società civile iraniana è estremamente ricca a articolata e le proteste sono avvenute in più momenti. Forse oggi c’è stata più repressione e questo ha reso tutto più evidente. Sono movimenti dentro la società molto difficili da valutare. Nonostante le proteste siano diffuse geograficamente, culturalmente e socialmente, il regime è ancora estremamente saldo. E questo fa ancora più rabbia. Le rivolte sono scoppiate in tutto il Paese ma hanno toccato certamente più le donne e i giovani: la loro base sociale è piuttosto larga, nonostante questi elementi il potere è estremamente resiliente.
Eppure la società iraniana è quella più occidentalizzata rispetto ad altri Paesi dell’area.
Gli iraniani non sono arabi, hanno una cultura millenaria estremamente importante, erano presenti dall’età dei greci. Altri Paesi arabi, come l’Arabia saudita, non esistevano fino a 50 anni fa. Il patrimonio culturale e storico è importante, siamo di fronte a gente istruita, acculturata, che ha viaggiato. Non tutti, naturalmente.
Nella rivolta permane tuttora una mancanza di leadership?
Sì ed uno dei problemi della rivolta: essendo un movimento dal basso, non ha creato rotture nel potere. Il regime crollerà quando ci saranno spaccature al suo interno. Qualche incrinatura c’è stata, ma niente di così drammatico: sono convinti di potercela fare. Ci sono stati alcuni momenti difficili, ma non una vera spaccatura.
Cosa c’è da aspettarsi adesso, un aumento della repressione?
Le proteste proseguiranno ma questo regime è estremamente resiliente: o il regime si spacca dall’interno o altrimenti sarà veramente difficile scalfirlo. Sono diventati maestri nella gestione del potere. Poi c’è una classe media che ha paura del post-ayatollah, di finire in una situazione come quella siriana, irachena, libica. Quella iraniana non è una società dove ci sono grandi diseguaglianze. C’è una classe media che ha paura del vuoto. Al di là del regime non c’è nulla: il timore è che il suo crollo porti a una situazione di “Stato morto”.
Il ritorno di una monarchia?
Mi sembra molto complicato.
(Paolo Rossetti)
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