In questa nostra parte di mondo occidentale siamo in corsa su tutto, tanto che guardiamo al dito archiviando la luna. Invochiamo la felicità nella pubblicità, la libertà di comportamenti, espressione, parola, e temiamo che ci verranno negati i diritti fondamentali. Sembra difficile ma proprio non riusciamo ad ascoltare le voci drammatiche di ordinaria violenza sociale che arrivano anche da un’altra parte di mondo.
Le giornaliste iraniane Niloofar Hamedi e Elaheh Mohammadi sono a rischio della pena capitale per aver tenuto fede alla loro etica professionale. Raccontarono il caso di Mahsa Amini, la giovane curda morta lo scorso 16 settembre a Teheran, dopo che la ragazza era stata fermata e picchiata dalla Polizia morale.
La colpa delle due giornaliste è di non aver taciuto la notizia ma di averla portata per prime all’attenzione dell’opinione pubblica. Niloofar Hamedi, del quotidiano riformista Shargh, aveva pubblicato sul suo profilo twitter la foto del padre e della nonna di Masha, abbracciati nel dolore mentre la ragazza era in fin di vita nell’ospedale di Teheran, con questo commento: “L’abito nero del lutto è diventato la nostra bandiera nazionale”. L’intelligence degli Ayatollah ha subito chiuso il suo profilo e l’ha messa in carcere, in isolamento.
Elaheh Mohammadi scriveva per il quotidiano riformista Ham-Mihan, nella città di Saqqez, di cui era originaria Masha Amini. Il 17 settembre scorso la famiglia di Masha celebra i funerali di Masha ed Elaheh Mohammadi pubblica un articolo corredato di foto dove si vedono migliaia di persone che partecipano e piangono con la famiglia Amini. La frase che verrà gridata contro il regime, “Donna, vita, libertà” è sua. Pubblica tutto su twitter. Questo le costerà l’arresto e l’isolamento.
Entrambe sono processate perché accusate di essere al servizio del Mossad, della Cia, dei britannici e dei sauditi e tutti insieme sarebbero la causa dei violenti scontri seguiti alla morte di Masha Amini. Un complotto internazionale dei nemici dell’Iran e della rivoluzione di 42 anni fa guidata da quel Khomeini che in una sua fatwa disse “Mostrare misericordia contro i nemici del governo islamico è essere ingenui”. Il governo iraniano declina ogni responsabilità per i disordini che si sono susseguiti in questi mesi, accusando israeliani e americani di avere sobillato la popolazione e risponde con la repressione, perpetrando massacri di chiunque scenda in piazza a manifestare.
Il 5 giugno, il tribunale rivoluzionario di Teheran si è riunito contro Mohammedi e il giorno successivo c’è stata l’udienza per Hamedi. A nessuno dei difensori delle giornaliste è stato consentito di proferire parola e durante la detenzione è stato negato loro di conferire con le loro assistite.
Il ministero dell’intelligence iraniano e il Sas, l’organizzazione di intelligence delle Guardie rivoluzionarie (Irgc), hanno accusato Mohammadi e Hamedi di essere agenti della Cia. “Usando la copertura di giornalista, Hamedi è stata una delle prime persone che sono arrivate in ospedale e hanno provocato i parenti del defunto e pubblicato notizie mirate”, riferiscono in un comunicato ufficiale. Hamedi e Mohammadi sono state arrestate rispettivamente il 22 e 29 settembre 2022, e da allora sono detenute nella prigione di Evin, a Teheran.
L’accusa che viene mossa loro è “collusione con poteri ostili” e per questo le due giornaliste rischiano di essere condannate a morte. Le udienze si sono svolte a porte chiuse e queste poche notizie arrivano tramite i messaggi twitter dei familiari. Nel frattempo il direttore dell’Advocacy dell’Ipi Amy Brouillette ha dichiarato: “La rete globale dell’Ipi è solidale con Niloofar Hamedi e Elaheh Mohammadi, e con tutti i giornalisti in Iran che vengono molestati, intimiditi, incarcerati e perseguitati semplicemente per aver svolto il proprio lavoro”, ha dichiarato. “I processi a porte chiuse di queste due giornaliste sono una presa in giro della giustizia, e un’ulteriore prova che il regime ha perso ogni legittimità”.
Ad aprile sono state inserite da Time magazine nella lista delle “100 persone più influenti del 2023” sono stati conferiti loro due importanti premi: il “Louis M Lyons Award 2023 per la coscienza e l’integrità nel giornalismo” e il premio “Guillermo Cano per la libertà di stampa mondiale” dall’Unesco.
C’è un mondo solidale che non dimentica l’Iran e le sue giovani generazioni. Le notizie arrivano e riescono a superare i controlli grazie ai social ma soprattutto ai familiari di chi è morto, di chi è prigioniero e a un popolo dalla storia millenaria che nonostante violenze, stupri, torture verso donne, bambini, omosessuali, non si arrende. Chiede solo quella piccola cosa chiamata libertà che noi in Occidente diamo per acquisita, scontata e la dimentichiamo e ci mettiamo a ritagliare tanti draghi di carta come se non ci fosse un domani.
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