“Israele, in questo momento, vive una realtà molto segnata dal dibattito interno sul futuro politico e istituzionale del Paese. Poi è chiaro che pesa la volontà di alcuni di creare un grande diversivo al dibattito tornando al tema del confronto e della lotta contro Hamas e la Jihad. Ma questo oggi non è il principale dibattito in Israele”.
Filippo Landi, già corrispondente Rai a Gerusalemme e poi inviato di Tg1 Esteri, racconta così l’attuale momento dello Stato ebraico. I media stranieri parlano soprattutto della morte in carcere di Khader Adnan, leader della Jihad che faceva lo sciopero della fame, ma anche dello scontro militare con i palestinesi dopo i razzi sparati per ritorsione. Il Paese, tuttavia, è attraversato da un dibattito più grande, che riguarda, appunto, il futuro stesso dello Stato con nuovi principi e, possibilmente, una Costituzione che li difende.
Dopo il congelamento della riforma della giustizia la protesta di piazza si è fermata?
Per questi giorni è stata convocata una grande manifestazione sull’uguaglianza. In Israele ci sono centinaia di migliaia di persone che continuano il sabato a scendere in piazza.
Il punto è ancora la riforma della giustizia?
È la prosecuzione delle manifestazioni che hanno riguardato la riforma della giustizia ma che cercano di affrontare adesso, punto per punto, i capisaldi dello Stato di Israele. Visto che non c’è una Costituzione occorre una legge fondamentale sull’uguaglianza, significa che i cittadini devono essere chiamati tutti a concorrere alla vita dello Stato. È inconcepibile, per una parte della popolazione, che ci sia una folta minoranza che non paga le tasse, che non fa il servizio militare, che gode di sussidi economici straordinari e che vive sulle spalle degli altri. C’è poi il tema del diritto all’uguaglianza riguardo agli orientamenti sessuali. Tutta una serie di cose che noi abbiamo nella Costituzione e Israele no.
Perché viene posto il tema dell’uguaglianza tra i cittadini?
Il tema è quello dell’uguaglianza tra i cittadini ebrei d’Israele: gli ortodossi non pagano le tasse, i laici sì, gran parte dei giovani ortodossi possono non fare il servizio militare, i laici lo devono fare. Non c’è il matrimonio civile.
Sono queste le istanze al centro delle manifestazioni che si tengono tutti i sabati?
L’ultimo sabato c’è stata una manifestazione a Tel Aviv in risposta alla manifestazione di Gerusalemme dei sostenitori della destra. In Israele, oltre che dei razzi caduti nel Sud, di questo si parla.
È un dibattito che spacca la società civile?
Sta scuotendo le fondamenta di Israele. Nella manifestazione di sabato 29 aprile ci sono state foto emblematiche: i capi della polizia di Tel Aviv che si sono succeduti negli ultimi anni si sono fatti uno scatto, tutti insieme, alla manifestazione del mondo che si oppone a Netanyahu e a questo Governo. Tutti lo dicono: è dal 1948 che non accadono fenomeni di questo tipo.
Siamo in una fase di rifondazione dello Stato?
Esatto. Vedi in strada i cosiddetti tutori dell’ordine, i capi della polizia delle singole città: percepiscono prima degli altri che questo Governo chiede loro di fare cose che non vorrebbero fare. Il capo della polizia di Tel Aviv attuale in una lettera ha parlato di “criminali che vogliono cambiare le fondamenta dello Stato”. Non ha detto il Governo, non ha detto Netanyahu ma ha usato un termine fortissimo.
Senza voler semplificare la situazione in questo momento quale delle due parti prevale, quella che chiede l’uguaglianza fra i cittadini o quella che fa capo alla destra?
Ci sono zone, città, in cui il rapporto numerico è di 20 a 1. Nella più grande manifestazione della destra sabato scorso dicono che c’erano 100mila persone, ma le hanno portate da tutto Israele. A Tel Aviv, dall’altra parte, ce n’erano 250mila. I sondaggi dicono che la destra se ci fossero le elezioni perderebbe.
Anche nel Governo il Likud ha preso le distanze da certe dichiarazioni di Ben Gvir che ha chiesto una reazione più dura ai razzi palestinesi?
Ben Gvir ha detto che bisogna attaccare Gaza. È difficile comunque dire chi prevalga nel Paese tra gli oppositori del Governo e gli altri, ci sono molte variabili. Aver fatto morire in carcere il leader della Jihad è una di queste: si può evitare di far morire una persona. Questa è una pericolosissima variabile.
Le piazze chiedono l’uguaglianza, ma vogliono anche un Governo diverso?
Sì, non necessariamente un Governo capovolto. Il Likud è il partito principale della destra ma al suo interno ci sono diverse correnti. Anni fa c’è stata una scissione che ha portato a un nuovo partito di destra, che ha preso 6 seggi in Parlamento. È da verificare quanto tiene l’unità di questo partito.
C’è la possibilità già adesso di formare un altro tipo di Governo o per cambiare bisogna tornare al voto?
Per la situazione che c’è bisognerebbe tornare al voto. Se si votasse il Governo non avrebbe più la maggioranza, ma al momento i 64 seggi garantiscono a Netanyahu di continuare. Certo, se ci sono pressioni per attaccare Gaza e nel contesto internazionale aprire un fronte di questo tipo può ricevere dagli Usa uno stop, è chiaro che il Governo avrebbe un bel problema.
Quanto sta influendo la morte in carcere di Kadher Adnan, leader della Jihad islamica?
Un episodio rilevante, anche perché sulla gestione delle carceri incide pesantemente la gestione del leader della destra Ben Gvir: fanno a capo a lui come ministro.
La prospettiva qual è, che le manifestazioni continueranno?
Sì, continueranno. Si cominciano a individuare grandi argomenti che segnano la vita di una società e su ciascuno di essi si fanno campagne mirate. A cominciare dal tema dell’uguaglianza.
Il tema attuale è tutelare l’uguaglianza tra i cittadini ebrei, ma poi si porrà anche lo stesso problema per gli arabi israeliani?
Un collega giornalista ebreo mi ha detto: “Se cominci a porre il problema dell’uguaglianza prima o poi arrivi a dire: vogliono anche l’uguaglianza con i palestinesi?”. Questo è il passaggio successivo: cioè che gli arabi israeliani devono avere gli stessi diritti degli ebrei israeliani. E su questo punto c’è lo scontro totale con la nuova destra, perché uno dei capisaldi di Smotrich e Ben Gvir è affermare che in via di principio gli arabi israeliani se vogliono rimanere devono accettare limitazioni alla loro vita politica e sociale, praticamente la limitazione del diritto di voto. Uno scontro totale.
Il Governo intanto va avanti così?
Sta cercando di uscire dal congelamento della riforma della giustizia. Ha promosso manifestazioni, qualcuno è andata malissimo, altre meglio.
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