Tempi difficili per il settore lattiero-caseario. A mettere sotto pressione un comparto che rappresenta un fiore all ‘occhiello del made in Italy alimentare è innanzitutto il grande caldo che attanaglia la Penisola in queste settimane. Superati i 22-24 gradi, infatti, gli animali mangiano poco, bevono molto e producono meno latte. Le temperature record di questa estate quindi rappresentano un bel problema: Coldiretti stima, infatti, che le mucche stiano producendo fino al 10% di latte in meno. E questo nonostante le contromisure anti-afa già scattate nelle stalle “dove gli abbeveratoi – afferma sempre Coldiretti – lavorano a pieno ritmo perché ogni singolo animale arriva a bere con le alte temperature fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi meno caldi”. Ma non solo. “Nelle stalle sono entrati in funzione anche ventilatori e doccette refrigeranti per far sopportare meglio la calura”, continua Coldiretti, che fa notare però come questi interventi rappresentino per gli allevatori costi aggiuntivi: “Al calo delle produzioni di latte, per aiutare gli animali a resistere all ‘assedio del caldo, si aggiungono i maggiori consumi di energia ed acqua”.



Il caldo non è però l ‘unico problema con cui deve fare i conti il comparto che vive una complessa fase anche a livello strutturale. Lo dimostra la lettera aperta pubblicata dal Consiglio di amministrazione di Granlatte, Società Cooperativa Agricola, holding del Gruppo Granarolo, leader di marca nel settore del latte fresco che associa oltre 600 produttori di latte distribuiti in dodici Regioni italiane. Una missiva con cui il Cda intende “richiamare l ‘attenzione delle istituzioni nazionali e regionali e in particolare del Ministro dell ‘Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, nonché dell ‘intero sistema della rappresentanza agricola e cooperativa, della trasformazione industriale e della distribuzione, della stampa sulla situazione del settore lattiero-caseario”.



Sotto la lente in questo caso c ‘è lo spinosissimo tema dei listini. “Nel corso del 2022, esattamente dal mese di aprile – si legge nella missiva -, abbiamo assistito all ‘incremento progressivo del prezzo del latte anche a seguito della iniziativa non replicabile del nostro gruppo, tesa a consentire alle aziende zootecniche di far fronte al balzo anomalo dei costi di produzione. Tale adeguamento è stato fondamentale per salvaguardare la redditività dell ‘intera filiera. Da gennaio di quest ‘anno, la remunerazione del latte alla stalla ha però subìto una riduzione di poco meno di 10 euro/hl e le previsioni del mercato lasciano supporre una ulteriore flessione entro la fine dell ‘anno. Per contro, i costi di produzione alla stalla continuano a rimanere sostenuti”. Qui si gioca del resto una partita molto complicata. “È vero – osserva il Cda di Granlatte – che alcune voci di costo della razione alimentare e dell ‘energia hanno subìto una riduzione nel corso del 2023, ma è altrettanto vero che questo dato positivo è stato assorbito dall ‘incremento degli oneri finanziari e che gli allevamenti stanno ancora consumando le scorte alimentari prodotte ai costi del 2022”.



La situazione che si è venuta a creare rischia dunque di mettere in discussione un delicatissimo punto di bilanciamento. “Il latte – osserva la lettera del CA di Granlatte – è alimento di alto valore nutrizionale alla base di eccellenze casearie nazionali, in particolare DOP, che esportiamo in tutto il mondo. Il mondo agricolo ed allevatoriale deve essere dunque consapevole di quanto sia fondamentale salvaguardare la competitività delle nostre produzioni alimentari anche nei confronti dei competitor europei”. Ma occorre considerare che “produrre il latte secondo i più alti standard qualitativi e del benessere animale costa e costa ancora di più produrlo secondo gli ormai imprescindibili criteri di sostenibilità, che richiedono importanti investimenti per gli adeguamenti delle stalle”. Per contro, sul tavolo c ‘è da valutare “il calo dei consumi, frutto dell ‘aumento del costo della vita e della riduzione del potere di acquisto delle famiglie”, sottolinea la missiva.

La situazione è insomma complicata, tanto da spingere Granlatte a chiedere un intervento a livello istituzionale. “Per trovare il giusto equilibrio di mercato – conclude il Cda – riteniamo indispensabile che vengano presi in considerazione tutti i costi di produzione alla stalla, anche in ottemperanza alla normativa europea recepita nel nostro Paese dal Decreto Legislativo n. 198 dell ‘8 novembre 2021”. Ma non solo. Occorre agire anche sul fronte della certezza del prezzo, “condizione essenziale per qualsiasi imprenditore per programmare la propria produzione” osserva il CdA di Granlatte, che aggiunge: “E ciò vale in particolare nella gestione dinamica della mandria che necessita di tempi medio lunghi”.

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