Si è chiusa la Conferenza di Berlino sulla Libia. Il documento finale, non ancora reso pubblico, mira a “trasformare la tregua ottenuta da russi e turchi a Mosca in un cessate il fuoco sotto egida Onu”, è l’analisi di Paolo Quercia, esperto di politica estera e direttore del Cenass. Un grande risultato per la cancelliera Merkel: “si inaugura nel Mediterraneo – spiega Quercia – un gioco a tre, Russia, Turchia e Germania, che potrebbe divenire un elemento geopolitico di ridefinizione degli equilibri”.



Serraj e Haftar non hanno sottoscritto il documento: la loro presenza è stata già un risultato politico. Saranno gli attori esterni a condizionarne le mosse. Un fattore, quello della mancata firma, che insieme all’indeterminazione che riguarda la missione militare di monitoraggio rappresenta il maggior punto debole del summit.



E l’Italia? La sua rinuncia ad ogni strategia realistica di politica estera la confina in seconda fila, proprio là dove ha trovato posto Conte nella foto finale del vertice.

Andiamo subito al nocciolo della questione: che cosa abbiamo visto a Berlino?

Abbiamo visto la comunità internazionale accordarsi per evitare l’esplosione di una crisi regionale nel Mediterraneo, che nessuno vuole. Abbiamo visto le Nazioni Unite salvare la faccia in extremis, dopo i numerosi rovesci che hanno subito in questo teatro, con il governo Onu di al Serraj sotto le bombe e assediato da otto mesi e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza platealmente violate. Ma sopratutto abbiamo visto un trionfo della Merkel e della diplomazia tedesca.



Quali sono i punti più salienti contenuti nella dichiarazione finale?

Al momento il testo dell’accordo non è ancora stato reso pubblico. Ma parrebbe essere molto simile alla bozza che è circolata qualche giorno fa. I punti salienti devono essere quelli su cui faceva leva l’intera conferenza: trasformare la tregua ottenuta da russi e turchi a Mosca in un cessate il fuoco sotto egida Onu. E spingere i paesi partecipanti alla conferenza a non violare l’embargo e non mandare armi ai belligeranti. Ci sono tante altre cose, ma alcune mi sembrano molto premature.

Ma che impressione le fa questo documento? Non soffre di eccessive ambizioni o di ottimismo della volontà?

Ovviamente il documento è molto ambizioso. Progressivamente negli scorsi mesi, alcuni sponsor di Haftar come l’Egitto, la Francia e gli Emirati Arabi Uniti hanno lavorato per espandere l’agenda oltre il semplice cessate il fuoco, per agganciarlo ad un processo politico.

E non ci sono riusciti.

Infatti. Ora che Haftar controlla buona parte della Libia e direttamente o indirettamente ben oltre il 50% dell’export petrolifero libico, la partita va avviata verso una chiusura. Il tentativo di balzo in avanti turco-russo della settimana scorsa ha fatto il resto. Ma sono i principali sostenitori militari di Haftar ad aver ampliato l’agenda. Certamente non facile da realizzare, almeno nella sua interezza.

La firma è stata annunciata alle 17.42, assenti Serraj e Haftar. Come va letta la loro assenza al momento della firma?

Vedremo nei prossimi giorni se la mancata partecipazione di Serraj e Haftar alla firma del documento è rilevante o meno. Paradossalmente potrebbe anche non esserlo. Non è una sorpresa, ma i loro nomi non sono nella lista dei partecipanti della conferenza. Questa conferenza era dedicata agli attori esterni del conflitto.

E questo come condiziona il prossimo futuro?

Ci sarà un’altra conferenza sempre delle Nazioni Unite a Ginevra tra una decina di giorni dove i libici dovranno confrontarsi. E ci saranno anche altri attori libici che non sono rappresentati né da al Sarraj, né da Haftar.  Vediamo se li inizieranno a trattare.

Torniamo per favore alla loro assenza finale. Ci spieghi bene il suo punto di vista.

Al di là della formalità della firma, possiamo dire che hanno aderito politicamente al negoziato presentandosi a Berlino in qualità di ospiti del governo tedesco. Come ha detto il ministro degli Esteri tedesco, non erano nella stessa stanza, ma erano geograficamente presenti nella stessa città nello stesso momento.

Si potrebbe concludere che il destino della Libia appare deciso altrove.

In parte ciò è vero. Ma non sottovaluterei il potere dei libici di condizionare e manovrare dall’interno gli attori esterni. Credo però che in questo caso non abbiano altra scelta. 

Se stiamo a quanto riportano i principali media, è stata richiesta la “cessazione di tutti i movimenti militari da parte o in supporto diretto delle fazioni in conflitto”. Ha qualche chance di essere osservata?

La cancelliera Merkel ha affermato che, nonostante qualche Paese partecipante abbia posto il problema del monitoraggio del cessate il fuoco attraverso una missione militare, la questione non è stata oggetto di discussione ed è rimasta fuori dal perimetro della conferenza. Questo, assieme al mancato endorsement dei libici dei risultati della conferenza, rappresenta un altra punto debole di tutto il processo di Berlino.

Alle 18.34, dunque dopo la firma, l’Ansa ha riportato che una milizia fedele ad Haftar ha chiuso la valvola del più importante campo petrolifero libico, quello di Sharara. Qual è il gioco del leader della Cirenaica?

La mossa della chiusura dei pozzi o dei porti è chiaramente tattica per ottenere di più nel negoziato tenutosi a Berlino. Se al Serraj e la Turchia si conformano alle decisioni prese, credo che ci sarà la riapertura. Haftar ha voluto dimostrare che la maggior parte del petrolio del Paese è sotto il suo controllo e si deve procedere ad una revisione della governance economica del sistema.

Come valuta la differenza di opinioni tra Salamè e Conte sulla missione di pace?

Conte ha ragione ad insistere sul tema della missione di interposizione. Probabilmente è lui che ha cercato di sollevare il tema tra i partecipanti, ma senza successo. Su questo dossier siamo ancora lontani. Eppure è fondamentale, in quanto senza missione di interposizione in Libia i belligeranti libici che a Berlino erano non influenti hanno il potere di manovrare sul terreno gli attori esterni.

E cosa può dirci del processo politico prefigurato per la Libia e contenuto nel documento?

Ancora un’incognita. Mancano troppi tasselli. Occorre vedere a fine mese se i libici siederanno tutti attorno ad un tavolo, altrimenti non si avrà nessun processo politico.

Quale Europa e quale Germania escono dalla conferenza di Berlino?

L’Unione Europea in realtà è la grande sconfitta, non appare avere avuto alcun ruolo determinante. Invece la Germania ha giocato saggiamente le sue carte. Ha capito che gli attori chiave del processo erano i turchi ed i russi. Ha lasciato francesi ed italiani competere ed allontanarsi e turchi e russi collaborare ed avvicinarsi; ed ha infine offerto la sua sponda a Mosca ed Ankara. Un’offerta che i due Paesi non potevano non cogliere.

E adesso cosa cambia?

Con la conferenza di Berlino si inaugura un gioco a tre nel Mediterraneo che potrebbe divenire un elemento geopolitico di ridefinizione degli equilibri.

Cosa resta oggi della sinergia russo-turca?

Direi tanto. Sarà la partnership chiave di un Mediterraneo post-europeo. Il vertice di Mosca dove è stato sfiorato l’accordo tra Haftar e al Serraj ed è stata raggiunta una tregua militare è stato un tassello fondamentale, direi quasi un livello preparatorio della conferenza di Berlino.

Nessuna replica del modello Siria dunque.

Replicare il modello siriano in Libia era un obiettivo troppo ambizioso. Erdogan ci ha provato, ma i russi, più saggi, non hanno accettato. La Germania potrebbe inserirsi in questo rapporto tra Russia e Turchia, sdoganando ed equilibrando il rapporto e chiudendo il triangolo geopolitico.

Cosa significa invece questa firma per gli Usa?

Gli Stati Uniti intendono esercitare un’attenta vigilanza per scrutare eventuali minacce specifiche ed evitare che nessuna potenza a loro ostile accresca la propria presenza militare nel Mediterraneo o acquisiti un ruolo di ricatto energetico verso l’Europa. Per il resto sono assorbiti da altri scenari. 

Resterà simbolica l’immagine di Conte che non trova posto tra i partecipanti alla conferenza schierati per la foto finale, se non in seconda fila e del tutto defilato.

Forse sì. Foto a parte, se ci ha fatto caso, nella conferenza stampa del vertice di Berlino non ci sono state domande da parte di giornalisti italiani. Così come sui principali giornali italiani, questa mattina vi erano pochissimi editoriali dedicati alla Libia. È evidente che l’Italia ha rinunciato a giocare la sua partita. O forse ha giocato troppo a lungo la partita sbagliata.

Lei cosa dice?

La conferenza di Palermo è stata un anno fa, e quella era l’ultima occasione utile per cambiare passo. Invece non l’abbiamo fatto. E siamo stati sopravanzati sul campo da Ankara e Mosca e nella diplomazia europea da Berlino. Tre paesi nessuno dei quali aveva una strutturata politica per la Libia. Ma avendo una strategia di politica estera ed una chiara percezione dell’interesse nazionale, riescono a muoversi tra opportunità e rischi.

Al contrario di noi.

Noi invece siamo fermi. Perdiamo le posizioni che avevamo e non costruiamo nulla di nuovo. Siamo stati i più ripetitivi a ripetere che la soluzione della crisi è politica e non militare. Ma anche politicamente c’è chi vince e c’è chi perde.

(Federico Ferraù)