Nella tarda serata di giovedì 7 maggio un attacco delle forze del generale della Cirenaica Khalifa Haftar ha colpito l’area di Zawit al-Dahmani, a 50 metri dalla residenza a Tripoli dell’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino Grimaldi, causando almeno cinque morti e decine di feriti tra i civili. Secondo una fonte locale, quattro razzi lanciati dal Lna di Haftar hanno colpito la Corte Suprema, adiacente all’ambasciata turca. Si infiamma dunque di nuovo la guerra civile libica dopo le recenti vittorie di Serraj. Secondo Gian Micalessin, corrispondente di guerra de Il Giornale, dietro ad Haftar sarebbero rimasti solo gli Emirati Arabi Uniti, perché russi e turchi hanno da tempo stretto un accordo di non belligeranza valido per Siria e Libia. Tagliata completamente fuori dallo scenario libico è invece l’Italia, che “priva di una politica chiara, ha abbandonato la nostra povera ambasciata e i nostri poveri militari di stanza in Libia: oggi sembrano due fortezze abbandonate di cui a nessuno interessa più nulla”.



Missili caduti nelle vicinanze della residenza dell’ambasciatore italiano e dell’ambasciata turca, nemici di Haftar. Una coincidenza o un bersaglio ben preciso?

In Libia è sempre difficile capire come e cosa succeda veramente. Certo è che gli unici che utilizzano i droni in grado di indirizzare dei missili su un obiettivo sono gli Emirati Arabi Uniti, ormai unici sostenitori dichiarati di Haftar e unici a volere una sua vittoria militare sul campo.



La Russia infatti da qualche tempo sembra essersi ritirata dallo scenario. Colpa dei suoi problemi interni legati al basso prezzo del petrolio che la sta mettendo in ginocchio economicamente?

Non è che la Russia si sia fermata. Il suo impegno in Libia va considerato nell’ambito degli accordi presi con la Turchia sulla Siria e su Tripoli, un patto vincolante che riguarda l’intenzione russa di mantenere rapporti non critici con la Turchia e in Libia di tenere aperte tutte le opzioni, anche il dialogo con Serraj.

Come si spiega allora un lancio di missili contro l’ambasciata turca?

Si spiega con il sostegno degli Emirati Arabi, gli unici a cercare ancora una vittoria militare. La Russia ha intenzione di far valere tutti gli accordi, anche pregressi, assunti sul campo, ad esempio in Tripolitania, dove ci sono i giacimenti della Sirte e la costruzione della ferrovia da Bengasi a Tripoli. A Mosca non interessa una Libia spaccata in due, ma una Libia come Stato unitario, addirittura interessa un accordo politico tra Serraj e Haftar o anche chi verrà dopo di lui, perché per la Russia, considerati i suoi 76 anni, Haftar rappresenta già una figura superata.



Milizie turche però continuano ad arrivare a Tripoli e proprio al loro intervento si devono le recenti vittorie di Serraj. È così?

Senza dubbio. La Turchia aiuta pesantemente Tripoli, anche con la discesa in campo di milizie di trafficanti di uomini, gli stessi con cui noi italiani ai tempi di Minniti concludemmo un accordo. C’è questo sostegno continuo della Turchia per Serraj, mentre viene a mancare un po’ il contributo russo, che molto aveva pesato nelle prime vittorie di Haftar. E manca anche il sostegno dell’Egitto, su cui si sente l’influenza della Russia.

Che Libia unita vorrebbe la Russia?

Quella uscita dalla Conferenza di Berlino. Un cessate il fuoco e una iniziativa politica per un Parlamento unico in cui siano presenti i due contendenti.

E l’Italia? Perché bombe contro la nostra ambasciata?

L’Italia è completamente tagliata fuori, è in balia degli eventi nonostante i pellegrinaggi di Di Maio, che aveva fatto il giro delle sette chiese in Europa e Medio Oriente. Non abbiamo una linea politica, non siamo in grado di realizzarla, la nostra povera ambasciata è dimenticata, così come i poveri militari che si trovano ancora in Libia: oggi sembrano due fortezze abbandonate, di cui a nessuno interessa più nulla.

Anche la Francia è meno presente. O No?

La Francia si è tirata fuori già da almeno un anno. Non  ha mai approvato l’offensiva di Haftar, giudicandola eccessiva. La Francia, nel bene e nel male, aveva cercato accordi diplomatici, ma è stata anche lei sorpassata dalle spinte degli Emirati Arabi.

Che Libia avremmo se a gestirla fossero gli Emirati Arabi?

Sempre che riescano a gestirla, l’offensiva di Haftar non è andata bene. E sarebbe una Libia dove la Fratellanza musulmana, che comanda a Tripoli grazie agli aiuti economici del Qatar e a quelli militari della Turchia, sarebbe ridimensionata o esiliata. Anche l’Egitto punta su questo, visto che considera la Fratellanza il suo nemico più pericoloso. Sarebbe una Libia in cui tutti i gruppi islamisti verrebbero eliminati.

Dunque sarebbe meglio per tutti, Italia compresa?

Assolutamente sì. Peccato che noi abbiamo continuato ad appoggiare un governo che sta con la Fratellanza musulmana.

(Paolo Vites)