Mario Draghi sarà in Libia probabilmente tra il 6 e il 7 aprile prossimi. Lo ha annunciato lui stesso. Una visita importante in un momento storico della Libia, che con l’elezione di un premier provvisorio, Abdul Hamid Dbeibah, dopo anni di conflitti, appoggiato da tutte le varie parti in campo, cerca di portare il paese alle elezioni nazionali previste il 24 dicembre. A preparare il terreno, come ci ha detto Michela Mercuri, esperta di Libia e docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei nell’Università di Macerata, l’incontro del nostro ministro degli esteri Di Maio e dell’amministratore delegato dell’Eni con Dbeibah, ma soprattutto quello dei ministri degli Esteri italiano, francese e tedesco con il premier di transizione libico, “che ha dimostrato un nuovo ruolo guida dell’Italia grazie all’autorevolezza che Draghi svolge all’interno dell’Unione Europea, ma anche una svolta dell’Ue stessa, che ha capito che è meglio muoversi tutti insieme piuttosto che affidarsi a iniziative isolate e nazionaliste come accaduto finora”.
Data la sostanziale mancanza di una politica estera dell’Ue, ogni Stato europeo sembrerebbe dover intervenire in Libia per conto suo. La Francia lo sta già ampiamente facendo; con i nuovi governi, quello italiano di Draghi e quello libico di Dbeibah, è possibile un maggiore e più concreto coinvolgimento italiano?
L’Italia sembra aver cambiato passo, l’incontro di Di Maio con l’amministratore delegato di Eni e il nuovo premier libico è stato un incontro importante dal punto di vista economico. Ancor più importante però è stato l’incontro tra i ministri degli Esteri di Italia, Francia e Germania e Dbeibah. L’incontro ha mostrato che l’Italia può svolgere quasi un ruolo di traino grazie all’autorevolezza che Draghi svolge all’interno dell’Unione Europea. Questo potrebbe essere utilizzato per ribilanciare la posizione dell’Italia in Libia dopo tanti anni di assenza.
In che modo l’Italia potrà concretamente svolgere questo nuovo ruolo?
L’Italia ha in Libia degli asset importanti da un punto di vista economico, politico e diplomatico. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo un’ambasciata che non è mai stata chiusa neanche durante la guerra, abbiamo appena nominato un inviato speciale, l’ambasciatore Ferrara, e abbiamo una missione navale a guida italiana. Ci sono importanti punti di forza che l’Italia, se saprà mantenerli, potrà usare anche per rinsaldare il suo ruolo nell’Ue.
Gli interessi francesi non sono coincidenti con quelli italiani. Non sarebbe utile una collaborazione in loco con la Germania, sede della Conferenza internazionale di Berlino sulla Libia e dopo le dichiarazioni congiunte dei tre ministri degli Esteri?
In questo momento sarebbe utile che l’Ue prendesse coscienza che non può fare affidamento su attori esterni e si prendesse carico delle sue responsabilità. Sembra ci sia una ritrovata unità di intenti tra Italia, Francia e Germania che potrebbe, se portata avanti, significare qualcosa di buono per il paese. Sarebbe importante una collaborazione fra tutti gli attori europei coinvolti in questa ritrovata unità. Ci si è resi conto che è inutile contare sugli altri per ristabilizzare la Libia. In questa nuova visione, sperando che duri il più possibile, particolare importanza ha un’asse fra Italia e Francia che sembra delinearsi non solo nel contesto libico ma in generale nel contesto Mediterraneo.
Nonostante le buone premesse del nuovo governo, la situazione politica in Libia rimarrà sempre molto fragile. Lei ha sottolineato l’importanza dello sviluppo dell’economia libica per la pace nel Paese. L’Italia ha una posizione importante per la presenza dell’Eni. Quali iniziative dovrebbe prendere il governo Draghi in tal senso?
Se vogliamo una Libia stabile, quella economica è una precondizione fondamentale per quella politica. Per fare questo bisogna risolvere problemi endemici, in primo luogo quello economico. In questo momento la Libia ha ripreso a pieno regime la produzione del petrolio, che è arrivata a 1,4 milioni di barili al giorno, ma è necessario che questa produzione venga ridistribuita fra le parti locali e alcune milizie che potrebbero essere di supporto a questo percorso di transizione fino al 24 dicembre.
Altre condizioni?
Deve essere rimesso in cima all’agenda politica libica il problema dell’elettricità, c’è una grande penuria, la popolazione è stanca. L’Italia può collaborare come già sta facendo l’Eni anche nell’ambito delle energie rinnovabili, dove sta lavorando con grande efficacia anche la Turchia. Il terzo aspetto è la ricostruzione: rinnovare gli ospedali, le infrastrutture. Un aspetto su cui l’Italia può giocare un ruolo insieme agli attori europei.
Uno degli elementi positivi sembrerebbe il sostanziale accordo sul nuovo governo libico di Russia, Turchia ed Egitto. I rapporti tra i primi due sembrano essersi rinsaldati, vedasi il Nagorno-Karabakh, mentre l’Egitto potrebbe essere messo in difficoltà da Haftar. Cosa si può prevedere in proposito?
Il nuovo governo transitorio è stato accolto da molte delle potenze regionali e internazionali. Anche l’Egitto, da sempre vicino ad Haftar, si può dire che abbia fatto un cambio di passo ponendosi come mediatore di riconciliazione. L’Egitto ha anche deciso di riaprire l’ambasciata nell’ovest libico. È un attore che non mira più allo scontro ma alla stabilità. E quanto più un paese è stabile tanto più è possibile fare affari. Dalla Russia alla Turchia hanno tutti il vantaggio di cercare, nel limite delle loro ambizioni, di portare avanti un percorso di pace.
L’Italia fino a ieri ha cercato di barcamenarsi tra Serraj e Haftar, quindi si è esposta a possibili problemi posti da quest’ultimo. Su questo fronte quanto possono influire i nostri complicati rapporti con l’Egitto, sostenitore di Haftar?
La maggior parte degli attori coinvolti sono propensi per un percorso unitario del paese per la sua stabilizzazione. Abbiamo avuto rapporti altalenanti con l’Egitto, ma abbiamo anche rapporti di affari molto importanti; in questo momento non penso che l’Egitto possa porsi come bastian contrario. È chiaro che tanto più l’Italia e l’Europa sono forti tanto più l’Egitto avrà la possibilità di dialogare.
La Libia attuale è un’invenzione delle potenze straniere che hanno dominato il territorio in passato. Un reale sistema federale, o una confederazione di Stati, che ne rispetti le profonde divisioni, può essere una soluzione?
Il passato storico coloniale della Libia lo conosciamo tutti. In realtà va detto che nelle persistente divisioni tribali la Libia è un paese che sembra aver scelto la strada di un paese unitario, con un premier transitorio che rappresenta tutto il paese votato dalla stragrande maggioranza dai vari attori. La Libia sta procedendo su un binario unitario con un interlocutore unitario verso le elezioni che potrebbero rappresentare il coronamento di questo percorso. Ostacoli da superare ce ne sono ancora molti, come la presenza di paesi esterni con le loro truppe sul terreno, lo strapotere di alcune milizie.
Draghi sarà in visita in Libia dopo Pasqua. Ci sono degli errori che il nostro paese deve evitare?
Difficile dire a una personalità come Draghi quali errori non dovrebbe commettere. La sua visita sarà molto apprezzata e poi si pone su un terreno già arato, come abbiamo detto. Draghi incarna l’Italia ma anche l’Europa, difficilmente commetterà errori e la visita sarà molto apprezzata. Sarà un tassello in più per l’Italia all’interno della Libia.
(Marco Tedesco)
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