Le elezioni a lungo promesse che si dovevano tenere lo scorso 24 dicembre non ci sono state, come prevedeva la maggioranza degli osservatori internazionali. Le scuse accampate sono tante, da candidature inaffidabili come quella del generale Haftar ad altre che rispolveravano fantasmi del passato come quella del figlio di Gheddafi, a brogli veri e propri. La realtà, come ci ha spiegato Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver e IlGiornale.it, esperto di geopolitica e migrazioni, è che “si è voluto fare a tutti i costi delle elezioni quando invece mancava del tutto un processo unitario dal punto di vista istituzionale e militare. Normalmente prima si fa uno Stato e poi si va a votare, in Libia si è voluto fare il contrario”.
Quello che resta adesso, ci ha detto ancora Indelicato, “è una situazione frammentaria dominata da un numero spropositato di milizie che hanno il vero controllo del territorio e che richiederà lunghi anni di lavoro per arrivare a un autentico processo di unificazione”. Tenendo naturalmente conto della presenza di Turchia e Russia, oggi attori destabilizzanti del quadro, ma che bisogna invece coinvolgere nel processo.
L’Alta commissione elettorale della Libia ha annunciato i motivi ufficiali della sospensione delle elezioni, almeno secondo loro: brogli, candidature inaffidabili. Quali invece secondi lei i veri motivi del fallimento?
È vero che ci sono stati dei problemi logistici, problemi legati anche all’insistenza di alcuni candidati senza requisiti e tanti ricorsi, ma la verità di fondo è che non c’erano le condizioni minime per andare al voto.
In che senso?
Prima si crea uno Stato con regole certe e dopo si fanno le elezioni. In Libia invece è stato fatto il contrario: si è voluto andare alle elezioni senza regole certe, senza una costituzione, senza uno Stato unificato. È chiaro che prima o poi tutto questo doveva portare al fallimento.
Il potere reale è in mano alle milizie?
Sì, indubbiamente le milizie controllano il territorio. Lo fanno a Tripoli ma lo fanno anche in Cirenaica, non dimentichiamo che l’esercito di Haftar non è altro che un miscuglio di milizie che hanno come unico denominatore la fedeltà ad Haftar, ma si tratta pur sempre di milizie. In più bisogna dire che sono presenti anche le milizie straniere, quelle legate alla Turchia nell’ovest e i mercenari russi legati ad Haftar e a Mosca nella parte est. La Libia non è uno Stato unitario non solo perché mancano regole unitarie, ma perché il suo territorio è controllato da una moltitudine di milizie che hanno un peso reale e fanno il bello e il cattivo tempo. In una situazione del genere il solo pensare di tenere elezioni è utopia.
Il problema delle milizie e della frammentazione interna come si risolve?
Occorre un processo politico lungo. Le milizie fanno parte della storia passata anche di molti Stati occidentali: era compito di un processo politico cercare di includerle all’interno dei nascenti apparati statali. Questo in Libia non è stato fatto, si è preferito pagare per tenerle buone, ma si è dato loro in questo modo un potere di ricatto. Non è stato fatto un processo di addestramento per le milizie più moderate che potevano costituire un esercito nazionale, non sono statti fatti processi politici di unificazione delle istituzioni militari e politiche e di conseguenza tutto è rimasto in mano alle milizie.
Cosa fare per uscire da questa situazione?
Bisognerebbe lavorare alla costruzione dello Stato, ma sono già stati persi dieci anni di tempo dalla caduta di Gheddafi. L’unica cosa che l’occidente ha fatto è stato dare credibilità politica a un governo che però non ha alcun peso sul territorio. Adesso si dovrebbero aiutare i libici in questo processo di unificazione.
Come?
In Libia esiste una società civile fatta anche di molti giovani che vorrebbero vivere in uno Stato normale e che sono stanchi della situazione. Essa tuttavia è destinata ad essere molto grave ancora per molti anni.
Italia e Francia sono i principali attori occidentali in Libia: hanno avuto delle colpe per questo fallimento elettorale?
Abbiamo delle colpe ma al tempo stesso siamo subordinati alla situazione, nel senso che il percorso politico per andare alle elezioni è stato voluto dalle Nazioni Unite. Francia e Italia hanno cercato di andare verso questo tipo di percorso. Adesso bisogna partire dal fallimento di queste elezioni, che nonostante tutto può servire a dare la sveglia. Occorre da oggi in poi lavorare per fare un diverso percorso politico.
Resta però la presenza di Turchia e Russia: è ormai troppo radicata in Libia per poter sperare nel percorso che dice lei?
Sono ovviamente attori importanti, ma se da un lato il loro ruolo ostacola Italia e Francia, in un contesto futuro potrebbero essere incluse in questo processo diventando attori in grado di far ragionare i propri alleati. Occorre includere anche loro per convincerli a mandare via i mercenari e invitarli a partecipare a un processo politico. La loro presenza, oggi destabilizzante, come ogni presenza internazionale potrebbe dimostrarsi decisiva per il processo di unificazione.
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