In una intervista rilasciata al Corriere della Sera il nostro ambasciatore a Tripoli Giuseppe Buccino Grimaldi ribadisce quello che sappiamo: Haftar vuole vincere la guerra con le armi e non si vede alcun tipo di accordo possibile. Questo significa anche che le diplomazie mondiali non riescono o non vogliono fare niente per risolvere la situazione, che dal punto di vista militare è sempre in stallo. Secondo il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze e della Brigata Folgore da noi intervistato, “è chiaro che Haftar, seppure più forte militarmente di Serraj, non è in grado di vincere con le armi. Queste sue parole riportate dal nostro ambasciatore sembrano più far parte di una guerra psicologica, indurre cioè i tripolini a passare dalla sua parte per rovesciare Serraj”.
Haftar conferma la volontà di proseguire la guerra, ma che tipo di guerra è? Dopo i primi giorni di combattimento si assiste a uno stallo perenne. È forse una guerra per sfinimento?
Haftar dal punto di vista militare è il più forte. Se dovesse rinunciare alla forza militare per privilegiare la diplomazia si vedrebbe ridimensionato.
Serraj invece?
Lui ha dalla sua parte la Nato, l’Onu, l’Unione Europea, gli Stati Uniti. Haftar ha solo la Russia, l’Egitto e gli Emirati Arabi. Serraj ovviamente spera in una soluzione politica perché non ha la forza militare per vincere sul terreno. Dire quello che ha detto Haftar significa soltanto cercare di fare pressione sugli alleati interni di Serraj.
È possibile che Haftar stesso non voglia esagerare con la forza militare? Essendo più forte potrebbe scatenare una violenta offensiva, no?
Un’offensiva violenta non sarebbe risolutiva. Una battaglia a Tripoli che gli consentisse di vincere militarmente gli costerebbe moltissimo. A lui conviene una guerra psicologica sui libici, continuare a dire che non molla; ogni tanto scatena un bombardamento come quello di alcuni giorni fa sull’aeroporto di Misurata per far vedere che è sempre attivo. Non credo che possa vincere senza un tradimento dei tripolini. Gli abitanti di Misurata non tradirebbero mai, sono troppo nemici di Haftar per cambiare fronte, ma le truppe tripoline potrebbero essere indotte a cambiare, a tradire Serraj.
La nostra è l’unica ambasciata di tutto il mondo ancora aperta a Tripoli: che peso ha in questo quadro, oltre l’assistenza sanitaria e civile di cui parla Buccino Grimaldi?
Sicuramente riaprire l’ambasciata, nonostante i rischi che abbiamo corso, era necessario. L’Italia è costretta a rischiare, avere l’ambasciata aperta ci può aiutare ad avere quel peso che invece non abbiamo per via della nostra politica. Se l’ambasciata fosse accompagnata da una politica incisiva allora si avrebbero risultati politici significativi, invece il nostro governo è occupato su tutto tranne che sulla Libia. Non c’è nessun dibattito in corso su quello che si dovrebbe fare a livello di governo. Riaprire l’ambasciata è stata una mossa coraggiosa, ma non ne abbiamo ricavato risultati apprezzabili.
Il nostro ambasciatore parla del prossimo arrivo di 10 corvette militari per intercettare i migranti e riportarli in Libia oltre alle tre già presenti, sembra che l’unico problema su cui siamo concentrati sia quello dei migranti. Che ne pensa?
È uno dei nostri limiti, ci fermiamo al problema immediato senza pensare al futuro. È vero, quello dei migranti è un grosso problema ma il vero problema è l’instabilità libica, che deve essere risolta, e noi dobbiamo far sì che sia risolta in modo favorevole a noi. Ben vengano azioni per fermare la migrazione, ma questa è solo la parte passiva, mentre il quadro libico è pericoloso e fa paura.
(Paolo Vites)