Nel conflitto libico esiste una nazione che, pur giocando un ruolo tutt’altro che marginale, si muove con estrema prudenza e cautela dietro le quinte, cercando di salvaguardare i propri interessi geopolitici pur rifiutando di svolgere un ruolo di attore centrale nella soluzione del conflitto libico e ponendo in essere una strategia multilaterale. Stiamo parlando della Cina.



Il 21 maggio il rappresentante permanente della Cina alle Nazioni Unite, Ma Zhaoxu, ha esortato le parti interessate a rispettare la sovranità della Libia e ha chiesto una soluzione politica multilaterale alla crisi libica. Questa scelta, se da un lato rappresenta un’evidente discontinuità con la vendita di armi a Gheddafi nel 2011 per un valore di circa 20 miliardi e con il rifiuto di accettare l’intervento Nato per rovesciare il regime politico gheddafiano, dall’altro lato rappresenta la volontà di salvaguardare sia la sua proiezione di potenza in Africa attraverso la Belt and Road Initiative (al-Sarraj ha infatti aderito alla Nuova Via della Seta) sia i suoi investimenti petroliferi tra la Noc libica (National Oil Corporation) e la China National Petroleum Corporation (Cnpc).



Alla luce di questi sviluppi non desta alcuna sorpresa il fatto che nel settembre 2018 al-Sarraj abbia chiesto apertamente un’espansione degli investimenti cinesi in Libia, e alla conferenza di sicurezza di Monaco del febbraio 2019 i rappresentanti del Government of National Accord (Gna) abbiano parlato della Libia come un potenziale gateway per l’influenza economica cinese nell’Africa centrale. In risposta a queste dichiarazioni, l’ambasciatore cinese in Libia Li Zhiguo ha elogiato il Gna per il miglioramento della situazione della sicurezza di Tripoli e ha affermato che la Cina intende porre in essere un rapido ampliamento della sua presenza economica in Libia.



Proprio allo scopo di influenzare in modo graduale e prudente la situazione libica, la Cina ha attivamente sostenuto un cessate il fuoco in Libia. Ebbene, il sostegno della Cina alle iniziative multilaterali di pace – anziché alle iniziative a guida nazionale, come quelle avanzate dagli Emirati Arabi Uniti, dall’Italia e dalla Francia – è coerente con le sue scelte geopolitiche attuali. Più esattamente l’adesione di Pechino a una logica multilaterale in Libia – come al sostegno dell’Unione Africana – rappresenta anche la conseguenza del suo scetticismo nei confronti delle parti interessate a risolvere in modo costruttivo l’attuale situazione libica, scetticismo maturato da un punto di vista storico anche alla luce del fallimento che il modello occidentale ha rivelato in relazione alle primavere arabe.

Da un punto di vista complessivo, la proiezione cinese in Africa si attua non solo in funzione antiamericana, ma naturalmente anche antifrancese. Non a caso la Overseas Private Investment Corporation (Opic), l’agenzia finanziaria per lo sviluppo del governo degli Stati Uniti, prevede di raddoppiare gli investimenti in Africa a 12,4 miliardi di dollari per contrastare la crescente influenza della Cina sul continente.