Sul Corriere della Sera, il ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini, ha sostenuto che solo attraverso una collaborazione con l’Ue sarà possibile imporre il cessate il fuoco in Libia, dal momento che l’opzione militare non farebbe altro che aggravare la situazione libica.

La sua dichiarazione implica, in primo luogo, che esista una politica estera europea coesa che de facto non esiste, soprattutto in relazione alla Libia. In secondo luogo, implica che l’Ue abbia una credibilità tale sul piano della politica estera da riuscire a porre in essere una soluzione politica in Libia. Ma la politica estera europea senza la Nato almeno allo stato attuale non esiste. Quanto al ruolo che la Nato ha svolto in Libia, esso è stato assolutamente nefasto e controproducente per il nostro paese (vedi Eni, immigrazione clandestina e crescita del terrorismo jihadista).



Il ministro, come d’altronde lo stesso Conte, sembra alludere – quando afferma che è necessario imporre il cessate il fuoco – a una sorta di no fly zone che dovrebbe essere salvaguardata dalla presenza di forze aeree tedesche, francesi e italiane. Ma ci domandiamo non senza una certa ironia: come si fa a porre in essere una no fly zone senza fare ricorso al potere militare in funzione di deterrenza? E se la deterrenza non dovesse essere efficace, l’Europa sarebbe disposta a utilizzare lo strumento militare in funzione offensiva?



Insomma, sostenere che sia necessario imporre il cessate il fuoco senza ricorrere a una soluzione militare e senza avere opzioni politiche chiare è non solo un controsenso logico, ma soprattutto un controsenso a livello politico.

Ora, al di là di queste soluzioni la cui credibilità sul piano strategico è prossima allo zero, la Turchia invece sta ponendo in essere una politica di proiezione di potenza lineare e spregiudicata facendo ricorso ai miliziani siriani e avendo anche come obiettivo il rafforzamento della Fratellanza musulmana. In definitiva i veri player di questa partita non sono l’Italia, né l’Ue, ma il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, la Turchia e la Russia. Ebbene, quali sono gli scenari possibili alla luce delle informazioni e delle valutazioni che sono state formulate dai più accreditati analisti internazionali?



È molto probabile che fra gli scenari possibili vi siano da un lato una guerra civile permanente, oppure una spartizione tra russi e turchi che consentirà loro non solo il conseguimento di un’egemonia energetica, ma soprattutto di ricattare l’Europa – come d’altronde ha ripetutamente fatto Erdogan – con la questione dell’immigrazione.

Ma esiste indubbiamente un altro scenario possibile che non avrebbe alcuna difficoltà a integrarsi con il primo e cioè la possibilità che la Libia possa diventare un hub non solo energetico, ma anche terroristico. Vediamo perché.

In primo luogo la Turchia, allo scopo di contrastare Assad, ha finanziato militarmente l’Esercito Siriano Libero (Esl) che sta operando in modo sinergico con Ankara in Siria parallelamente ai gruppi integralisti islamici del Fronte Al Nusra e di Ahrar Al Sham. Infatti, proprio grazie alla collaborazione con le milizie di Hayat Tahrir al-Sham, Erdogan a ottobre ha potuto prendere possesso delle città di Suluk e Tel Abyad.

Da un punto di vista strettamente storico questa collaborazione con il terrorismo islamico non deve sorprendere, perché proprio la Turchia supportò il califfato dal 2014 al 2016 in funzione anti-curda. Califfato che vendette clandestinamente alla Turchia in cambio di armi il petrolio estratto dall’Iraq e dalla Siria come documentato nel 2015 dall’Aeronautica russa. Il fatto che per un breve lasso di tempo tale strumentale collaborazione sia venuta meno non deve destare sorpresa alcuna: la politica di proiezione di potenza turca in Siria ha infatti nuovamente consentito alle milizie dell’Isis di collaborare con Ankara.

In secondo luogo, se l’intervento militare paventato da Erdogan in Libia a supporto di Fayez al-Sarraj dovesse concretizzarsi per contrastare quello di Khalifa Haftar sostenuto da Egitto, Emirati Arabi, Francia e Russia (con il contributo rilevante della compagnia dei mercenari Wagner) è difficile negare che una tale complessa e articolata operazione militare implicherebbe da parte della Turchia il ricorso ai gruppi integralisti islamici come quello di Al Nusra.

Uno scenario verosimile che si potrebbe presentare sia in Siria che in Libia sarebbe da un lato il rafforzamento del terrorismo islamico nel suo complesso – vanificando dunque le operazioni militari e di intelligence europee ed americane – e dall’altro tale intervento trasformerebbe la Libia in un terreno fertile per il consolidamento militare e ideologico del terrorismo facilitando, attraverso l’immigrazione, la sua penetrazione nei paesi del Mediterraneo come la Grecia e l’Italia.