Secondo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, “l’accordo del 2017 tra Italia e Libia ha portato a una diminuzione delle morti nel Mediterraneo da 2.853 a 743 nel 2019”. È la risposta che ha fornito alla Commissione dei diritti umani del Consiglio europeo, che nei giorni scorsi gli ha inviato una lettera chiedendo di “sospendere le attività di collaborazione con la guardia costiera libica”. Questo perché, riportandoli in Libia, si espongono i migranti fermati a violazioni dei diritti umani intollerabili. Secondo l’ex generale di corpo d’armata Carlo Jean, docente di Studi strategici alla facoltà di scienze politiche dell’Università Luiss e alla Link Campus di Roma, “si tratta di una richiesta impraticabile, perché è l’unico accordo che funziona, anche perché sostenuto e concordato con l’autorità governativa riconosciuta a livello internazionale, quella di Serraj”. Per Jean si tratta di un abbaglio della Commissione per i diritti umani, come già successo in altri casi, mentre la risposta di Di Maio, secondo il quale l’attuale accordo si può migliorare, è senza dubbio corretta.
La Commissione per i diritti umani del Consiglio europeo ci chiede di sospendere ogni collaborazione con la guardia costiera libica, dall’addestramento ai salvataggi, per il rischio di possibili violazioni a cui sarebbero sottoposti i migranti qualora fossero riportati in Libia. Di Maio ha risposto che il piano funziona, anche se si può migliorare. Lei che ne pensa?
Il piano funziona ed è anche l’unico che può funzionare, per un semplice motivo.
Quale?
Questo piano è sostenuto da un’autorità governativa ufficiale, legittimata a livello internazionale a rappresentare la Libia, e cioè il governo di Serraj. Questa volta Di Maio l’ha detta giusta.
Per quanto sia non certo facile, sospendere la collaborazione con la guardia costiera libica lascerebbe un vuoto pericoloso?
Certo. E poi il Consiglio europeo deve tener conto che nelle acque nazionali libiche non possono muoversi imbarcazioni delle Ong. Di conseguenza i migranti vengono salvati dalla guardia costiera. Che in Libia, dove vengono riportati, la situazione non sia delle migliori, è sicuramente un dato di fatto, ma denunciare una situazione esageratamente drammatica è un altro.
Colpisce infatti che la Commissione per i diritti umani “scopra” questa realtà solo adesso, mentre è da molto tempo che viene denunciata.
La Commissione per i diritti umani dell’Unione Europea lascia molto spesso il tempo che trova, non solo in questo caso, ma in tanti altri. È tutta da verificare quale sia oggi la situazione dei migranti trattenuti in Libia e si può anche dire che la Commissione non sappia bene di cosa stia parlando.
È un attacco nei nostri confronti o si ritiene che la nuova missione europea possa funzionare meglio?
La nuova missione europea non si occupa di soccorrere i migranti. Il suo compito è di rafforzare l’embargo sulle armi. Che poi sia una barzelletta il modo con cui agisce questa missione, questo è un altro discorso.
In che senso?
Non ci sono regole di ingaggio tali da dissuadere il trasferimento di armi sia a Serraj che ad Haftar. Per fermare l’arrivo di armi a quest’ultimo bisognerebbe bloccare la frontiera fra Libia ed Egitto, cosa praticamente impossibile da realizzare. In mare, poi, che cosa fanno? Se trovano una nave carica di armi che non obbedisce al fermo, come si comporta la forza europea, l’affonda? Nessuno ha dato questa autorizzazione, soprattutto se le navi sono turche scortate da fregate turche. Cosa facciamo, scateniamo una guerra navale?
A proposito di navi turche, di fatto la rotta dalla Libia verso il Mediterraneo centrale e orientale è in mano ad Ankara. È uno scenario grave?
Non direi. La Turchia non pensa certo ai migranti, la Turchia porta armi, ma non si occupa di altro, la rotta non è un problema legato alla presenza della Turchia. Anche perché, ad esempio in Grecia, i migranti arrivano direttamente dal territorio turco, non dal mare.
Come giudica, nel suo complesso, la posizione del ministro Di Maio in merito al caos libico?
È già tanto se Di Maio sa che la Libia è in Africa e non in Asia…
(Paolo Vites)