Probabilmente il ministro Luigi Di Maio è troppo giovane per ricordare che la Nato, di cui fa parte anche il nostro paese, intervenne militarmente nell’ex Jugoslavia per fermare il conflitto in corso tra serbi da una parte e bosniaci e croati dall’altra. Gli aerei Nato bombardarono Belgrado, le truppe intervennero nel Kosovo e in Croazia e la guerra finì. Lo può dire uno che c’era, il generale Marco Bertolini, allora capo di stato maggiore della Extraction Force della Nato, così come già, unico italiano a esserlo mai stato, capo di stato maggiore del Comando Isaf in Afghanistan: “Dire che quella in Afghanistan era una missione di pace era solo fumo negli occhi, noi eravamo lì per fare la guerra ai talebani, così come nella ex Jugoslavia facemmo la guerra. Dire come ha fatto Di Maio che ‘L’unica soluzione possibile alla crisi libica è politica e non militare’ è retorica e basta. L’unica soluzione per la Libia è quella militare, prima che Turchia e Russia se la spartiscano”.



Il quadro libico è sempre più allarmante, con Erdogan pronto a inviare i miliziani jihadisti usati contro i curdi in Siria e la Russia le sue truppe speciali, i primi in aiuto a Serraj, i secondi ad Haftar. Lei è stato a capo di numerose missioni militari in Afghanistan e nell’ex Jugoslavia, qualcosa di analogo è impensabile per la Libia di oggi?



In Libia ci vorrebbe un accordo fra le due parti, come prima cosa. Per fare una missione di interposizione ci dev’essere un accordo fra le parti in guerra e una tregua, dopo di che si possono mandare forze armate che si mettono in mezzo e controllano che le due parti rispettino la tregua. Se la tregua non c’è è inutile fare una missione del genere, perché sarebbe a vantaggio di uno e contro l’altro.

In Afghanistan però non c’era una tregua, c’era la guerra contro i talebani e siete intervenuti militarmente.

Infatti non era un’operazione di pace, quello era un eufemismo usato per fare un po’ di fumo. Noi eravamo alleati del governo afgano che era in guerra contro i talebani.



Eppure anche nella ex Jugoslavia la Nato è intervenuta militarmente.

Certo, un precedente lo abbiamo già avuto nei Balcani, non abbiamo voluto che la guerra arrivasse alla sua naturale soluzione e siamo intervenuti. Oggi in Libia la situazione è la stessa. Noi abbiamo bombardato Belgrado e l’esercito serbo nel Kosovo.

Quindi?

In Libia secondo me ora come ora non è possibile uno scenario del genere perché Haftar è troppo forte militarmente per arrivare a patti con Serraj. Haftar cercherà di usare la forza e conquistare Tripoli o comunque occupare il resto del paese.

Intanto Erdogan ha annunciato il voto del parlamento per mandare ex jihadisti in aiuto di Tripoli. Dall’altra parte ci sono invece truppe russe. Qualcuno parla di una sorta di alleanza tra Mosca e Ankara, un accordo per spartirsi il paese: che ne pensa?

Penso sia un’ipotesi realista. Russia e Turchia si sono sicuramente accordate anche in Siria.

Ne è certo?

Quando Trump ha annunciato il ritiro, che poi è avvenuto solo in parte perché truppe americane controllano ancora diversi pozzi petroliferi, i turchi si sono mossi per occupare una striscia in territorio siriano. I siriani allora con le truppe russe che si trovavano sulla riva destra dell’Eufrate si sono spostati al confine turco.

Fermando così i combattimenti però…

Sì, ma tutta l’operazione è andata bene a Erdogan, ai russi e anche ai siriani, ognuno ha avuto quello che voleva. È evidente che c’era un accordo. Adesso Putin e Erdogan fanno entrambi la voce grossa minacciando l’invio di truppe, ma quanto successo in Siria è assai probabile si riproduca anche in Libia. Una Libia divisa in due conviene alla Russia.

Perché?

Alla Russia una Libia unita sotto la bandiera dell’Onu non conviene, la bandiera Onu vuol dire Stati Uniti, che hanno da sempre il controllo del Palazzo di Vetro. La Russia invece ha bisogno di avere un alleato in un paese che, oltre alla Siria, sia utile per le  esigenze della flotta del Mar Nero. La Russia punta a una divisione.

E la Turchia?

Anche la Turchia vuole la divisione. Limitando magari la sua area di influenza alla Tripolitania che è la zona più evoluta anche se meno ricca di petrolio. Che si siano messi d’accordo è una cosa possibile, e soprattutto fa fuori gli americani.

E noi? Per l’Italia cosa succederà?

Noi siamo cornuti e mazziati. Abbiamo avuto dall’inizio la possibilità di esercitare un’influenza, ma dire oggi che la soluzione è solo politica e non militare è pura retorica e niente altro. Ovvio che tutti vorrebbero la soluzione politica, anche chi si fa la guerra, ma se passano alle maniere forti è perché non hanno altri strumenti.

Il 7 gennaio però Di Maio ha avuto l’ok per un incontro della Ue con i due contendenti, ci sarà una svolta?

Noi aspettiamo soltanto che Onu e Ue abbiano la forza di trovare una soluzione e poi ci accodiamo. La soluzione purtroppo sarebbe quella militare, Serraj è sostenuto dall’Onu per cui la scelta di campo sarebbe ovvia. Ma evidentemente nessuno è in grado di fare qualcosa di concreto.

(Paolo Vites)