Mentre su Tripoli continuano i bombardamenti delle truppe del generale Haftar (due morti nella giornata di ieri), lo stesso Haftar parte per Parigi per incontrare Emmanuel Macron. Secondo una fonte vicina al generale, il comandante dell’Lna discuterà con il presidente francese “delle modalità per trovare una soluzione alla crisi libica e degli sforzi per un cessate il fuoco duraturo”. Parole inedite fino a oggi perché, come spiega l’ex generale Marco Bertolini, già capo di stato maggiore del Comando Isaf in Afghanistan, “un cessate il fuoco duraturo significa pace. A questo punto ad Haftar, ma anche al suo principale alleato, la Russia, la pace converrebbe, perché significherebbe avere una Libia divisa in due”.



Secondo lei Haftar incontra Macron perché ha capito che ormai non riesce a vincere la guerra o per chiedere nuovi aiuti?

Un cessate il fuoco duraturo significa sostanzialmente la pace. Cristallizzerebbe la situazione attuale, cioè l’esistenza di una Libia divisa in due: una russo-francese-egiziana, quella in mano ad Haftar, e una riconosciuta dall’Onu e dagli Usa, quella di Serraj. A conti fatti, una soluzione del genere anche per uno degli sponsor maggiori di Haftar, cioè la Russia, è preferibile una Libia unita sotto il cappello dell’Onu, perché l’Onu non permetterebbe mai una sconfitta di Serraj.



Come mai, se così fosse, si è arrivati a questa svolta dopo quasi un anno di conflitto?

Potrebbe essere il risultato del recente incontro tra Erdogan e Putin. Come sappiamo, la Turchia sostiene Serraj. Il colloquio ha portato a una tregua in Siria con una posizione più vantaggiosa per i russi. Di fatto Erdogan ha dovuto rinunciare alla conquista di Idlib. Questa battuta d’arresto della Turchia potrebbe averla spinta a fermarsi anche in Libia.

Che quadro andrebbe a formarsi?

Una soluzione con due Libie non è contro gli interessi di Haftar, perché Haftar avrebbe il controllo di gran parte del paese. Al generale della Cirenaica il cessate il fuoco a queste condizioni conviene, così come alla Russia, che invece con una Libia sotto l’egida dell’Onu avrebbe poche possibilità di manovra. Avere una parte del paese sotto il controllo di un alleato come Haftar potrebbe significare per Mosca garantirsi una presenza importante nel Mediterraneo.



Intanto è di queste ore la notizia che l’Organizzazione mondiale della sanità ha aperto un centro operativo per le emergenze sanitarie a Bengasi per eseguire test di screening per il coronavirus. C’è paura che l’esplosione di un focolaio incida anche sul quadro militare libico? Anche questo può aver accelerato la richiesta di una pace?

Che anche sulla riva meridionale del Mediterraneo possa svilupparsi un focolaio di coronavirus è molto probabile, così come è altrettanto vero che la cosa sia passata in secondo piano proprio perché la situazione bellica era la questione più importante. Il fatto che ci si muova per controllare il virus potrebbe essere un segnale che si sta pensando a uno scenario post-bellico.

Con una Libia divisa in due come cambieranno la questione migranti e i rapporti con l’Italia?

Cambierebbe in modo tale che dovremmo avere a che fare con due interlocutori. Se è vero che Serraj ha il controllo della costa che va da Misurata alla Tunisia, l’entroterra e le rotte dei migranti sono sotto il controllo di Haftar. Dovremo relazionarci con tutti e due e di conseguenza anche con la Russia.