Il presidente turco Erdogan si dimostra sempre più attivo sullo scenario internazionale. Dopo i colpi messi a segno con le trattative sul grano tra Ucraina e Russia, adesso sembra si stia dedicando al complicato scenario libico. Dopo i violenti scontri a Tripoli della scorsa settimana infatti ha invitato contemporaneamente il primo ministro del Governo di unità nazionale della Libia, Abdelhamid Dbeibah e il suo rivale, il premier designato dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk, Fathi Bashaga.
Ufficialmente i due sono giunti in Turchia per motivi diversi, ma il possibile arrivo, dicono fonti libiche, anche del capo dell’Alto Consiglio di Stato di Tripoli, Khaled al Mishri, fa pensare che possa tenersi un incontro allargato, sotto la presidenza di Erdogan, volto a discutere della crisi libica.
“Sicuramente Erdogan si muove in uno scenario che gli lascia campo libero” ci ha detto in questa intervista Sherif El Sebaie, egiziano, opinionista ed esperto di diplomazia e politiche sociali di integrazione, “provocato dal fatto che la guerra in Ucraina tiene impegnata l’attenzione dell’Europa. L’errore però di dimenticarsi della Libia potrebbe costare caro alla stessa Europa”.
Il presidente turco sembra voler cercare di mettere a un tavolo i due attori che si contendono la guida della Libia. Erdogan approfitta del vuoto lasciato dall’Europa?
L’Europa in questo momento storico è impegnata dalla crisi energetica e su come gestire le conseguenze non troppo calcolate delle sanzioni alla Russia. In questa fase ha certamente altre priorità, ma è un grave errore non tener conto che questa crisi sulle rovine del post-pandemia rischia di travolgere i Paesi del Sud Mediterraneo con conseguenze molto gravi per la stessa Europa.
Erdogan si sta dimostrando sempre di più un abile diplomatico nel bene e nel male. Questo suo impegno in Libia, dove la Turchia è presente anche militarmente, come potrebbe cambiare lo scenario del Paese nordafricano?
La Turchia non è l’unico attore presente in Libia. Ci sono anche Russia, Emirati Arabi ed Egitto, quest’ultimo è il vicino più immediato. E proprio l’Egitto potrebbe essere uno dei motivi dell’attivismo di Erdogan.
In che senso?
È chiaro che oltre a cercare di ritagliarsi un ruolo geopolitico importante, Erdogan potrebbe usare la stabilizzazione della Libia come una carta da giocare anche nel miglioramento del rapporto con l’Egitto, un dossier che procede con lentezza ma che va avanti. I rapporti tra Egitto e Turchia dopo il golpe popolare che rovesciò il governo dei Fratelli musulmani al Cairo non era dei migliori, anzi. Negli ultimi anni però Erdogan ha deciso di fare consistenti passi indietro e ristabilire normali relazioni bilaterali con il Cairo. Cercare di riportare ordine in Libia può contribuire a migliorare questo processo.
Nello scenario libico l’Egitto attualmente che ruolo ha? Ricordiamo la crisi provocata dalla minaccia di Tripoli di marciare su Sirte, quando il parlamento egiziano autorizzò l’esercito a intervenire.
Il Cairo ha come priorità il fatto che i confini est del Paese siano in sicurezza. C’è sempre stato un rapporto molto forte con Haftar e la parte orientale della Libia, ma più che altro nell’ottica di garantire la stabilità del confine. Non credo che l’Egitto si opporrebbe a una stabilizzazione della Libia che tra l’altro prima che scoppiassero questi eventi era un Paese dove lavoravano un milione di egiziani.
Lei ha detto prima che ignorare la crisi libica da parte europea è un errore. L’Italia ha particolare interessi a una stabilizzazione del Paese, ma sembra assente da tempo, che ne pensa?
L’Italia adesso ha la priorità della campagna elettorale.
Che mosse dovrebbe fare il nuovo governo perché l’Italia torni protagonista in Libia?
Speriamo che si cominci ad avere un ministro degli Esteri che sappia quello che fa. Quello che c’è stato fino a ora non era molto indicato a occuparsi di questa crisi.
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