Su quante volte una mossa perfetta si è rivelata un tranello si potrebbe passare a discutere le ore. Uno dei casi più complessi è quello delle dimissioni tattiche. Quando si fa il gesto di falsa modestia come mettere a disposizione il mandato si rischia grosso. Per due motivi. Il primo è che se ci si mette in discussione in maniera seria e vera si deve anche esercitare l’arte dell’autocritica. Il secondo è che le finte dimissioni hanno il vizio di apparire opportune anche a chi non le chiedeva. Aprono la strada ad appetiti e voluttuari egotici personaggi che hanno atteso il momento con pazienza. E si viene messi da parte con estrema facilità. Il fatto di pensare che non ci sia nulla di meglio è un grave errore. C’è sempre qualcuno che si ritiene tale e che è pronto a prendere il posto lasciato vacante. Anche se appare meno adatto o forte. Perciò o la mossa è preparata per bene, stringendo da prima alleanze e stabilendone il rito con grande cura, o si rischia di rimanere vittima.
Cosa accadrà a Conte, quindi? La prima sensazione è che abbia costretto con la sua mossa, quella di “mettersi in discussione”, a far ulteriormente sprofondare i 5 Stelle in una liturgia partitica che loro dicono di aver sempre aborrito. E non è una novità. Le premesse sul salario decurtato, la rinuncia al finanziamento pubblico in ogni sua forma, la voglia di alterità che i suoi adepti hanno manifestato come marchio di fabbrica sono cose ormai in disarmo e poco rilevanti. Restano solo le bandiere del governo Conte da issare e lui si sente vessillo e interprete di quelle scelte. Superbonus, reddito di cittadinanza e un’attrazione per le posizione anti-atlantiste declinate in salsa trumpiana. Questo è oggi quel movimento. E di quello che è diventato, solo Conte può essere il condottiero.
Ma la sensazione è che la forza propulsiva tenda ad affievolirsi a tutto vantaggio del rinnovato Pd, che con la freschezza e la faccia antica di Elly Schlein ha recuperato il suo ormai storico posizionamento attorno al 25% doppiando i grillini. Cosa se ne fanno allora i 5 Stelle di una posizione politica contiana che è ormai evidententemente perdente su Giorgia Meloni e sul Pd, non è chiaro.
Perciò, se queste riflessioni le fanno anche loro, è probabile che la mossa di Conte, che quasi pare dire après moi le déluge, potrebbe istigare i 5 Stelle più insospettabili e più contiani ad abbracciare una strategia imitativa e mettere una donna a combattere le altre donne della politica italiana. La Appendino o la Raggi, o un’altra, non è una scelta indifferente per caratura e messaggio che intende lanciare, ma sul piano della comunicazione strategica mettere una faccia nuova potrebbe dare uno slancio alle truppe assopite ed ormai esauste della narrativa sul Presidente del Consiglio che fu.
Conte ha aperto i giochi e lo ha fatto anche nel momento peggiore per lui. Non ci solo elezioni in vista, la maggioranza, pare, al momento è solida e quindi c’è tutto il tempo di lanciare una nuova leadership che sia pronta per il 2027. Vedremo se ha ben ponderato la mossa, preparandola con i suoi per bene, o si è affidato al peggiore degli inganni dell’ego: ritenersi essenziale. Ma di essenziali, si sa, son pieni i cimiteri e siamo ancora tutti qui senza grandi mancamenti pur non essendolo.
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